Vita del Santo
Le poche notizie sulla vita di Benedetto provengono da San Gregorio Magno, che nel secondo libro de I Dialoghi – unica fonte storica sulla vita del santo – tese soprattutto ad evidenziarne i miracoli. Benedetto e la sorella gemella Scolastica nacquero a Norcia nel V secolo, da una famiglia agiata e all’interno del difficile periodo storico della caduta dell’Impero Romano d’Occidente. Trascorse nella città umbra gli anni dell’infanzia e della fanciullezza, poi fu mandato a Roma per portare a termine i suoi studi. Nella capitale, Benedetto fu negativamente colpito dalla vita moralmente dissoluta della città, alla quale non sentiva di appartenere: «Ritrasse il piede che aveva appena posto sulla soglia del mondo per non precipitare anche lui totalmente nell’immane precipizio. Disprezzò quindi gli studi letterari, abbandonò la casa e i beni paterni e cercò l’abito della vita monastica perché desiderava di piacere soltanto a Dio», scrive San Gregorio Magno. Benedetto desideroso di vivere una vita più ascetica e spirituale, si ritirò in una grotta a Subiaco, vicino a Roma, dove visse da eremita: vi fondò tredici piccole comunità e si occupò personalmente della formazione spirituale dei suoi discepoli. Nel 529 fondò il monastero di Montecassino, dove compose la sua Regola ispirandosi a quelle di San Giovanni Cassiano e di San Basilio. Cercò di evangelizzare la popolazione ancora pagana vicina alla struttura, creando un profondo legame tra il monastero e il territorio circostante: un legame fortemente percepibile ancora oggi. Il suo motto è: «Glorificare Dio in ogni cosa», servendo il Signore non solo nella preghiera, ma anche nel lavoro manuale. Benedetto infatti nobilitò questo esercizio, tanto disprezzato dalla cultura pagana. Morì a Montecassino nell’anno 547, dove è tuttora sepolto assieme alla sua amata sorella Scolastica. Nel 1964 Paolo VI lo dichiarò patrono d’Europa.
Agiografia
Il motto di Benedetto, «ora et labora», espresso nella sua Regola, oltre a costituire l’elemento fondante e il codice di vita dei monaci, ha contribuito ad educare la civiltà occidentale della fede, nonché della preghiera e del lavoro. Papa Benedetto XVI, che alla sua elezione al soglio di Pietro scelse il nome del santo come 265º papa della Chiesa cattolica, ne parlò così: «Benedetto qualifica la regola come “minima, tracciata solo per l’inizio”; in realtà però, essa offre indicazioni utili non solo ai monaci ma anche a tutti coloro che cercano una guida nel loro cammino verso Dio. Per la sua misura, la sua umanità e il suo sobrio discernimento tra l’essenziale e il secondario nella vita spirituale, essa ha saputo mantenere la sua forza illuminante fino ad oggi». San Gregorio Magno, che evidenzia nella sua biografia i miracoli di Benedetto, definisce la Regola il suo miracolo più grande, tanto da meritargli il titolo di “patriarca del monachesimo occidentale”. L’importanza del motto «prega e lavora», fulcro della giornata dei monaci benedettini, sottolinea l’importanza di dedicare tempo sia alla preghiera che al lavoro, attraverso un equilibrio che porti a condurre una vita più armoniosa e soddisfacente. Il lavoro è visto come un modo per servire gli altri e contribuire al bene comune, come forma di espressione della propria fede e del proprio impegno nella comunità. L’insegnamento di Benedetto incoraggia alla creazione di una routine quotidiana che includa momenti di spiritualità e produttività, promuovendo disciplina e organizzazione personale e riflettendo in questo spirito il valore della vita comunitaria. Una combinazione di preghiera e lavoro che possa dunque stimolare la crescita personale, aiutando gli individui a sviluppare virtù come la pazienza, l’umiltà e la gratitudine.
Intervista impossibile di Dom Antonio Luca Fallica al Santo
Il monaco è l’uomo unito e che unisce. Come fondatore del monachesimo occidentale, quali mezzi ci indicheresti per costruire ponti: dentro di noi, nella Chiesa e nel mondo?
Ho iniziato la mia Regola con un imperativo: «Ascolta, figlio». L’ascolto è fondamentale per intessere relazioni vere. Occorre ascoltare la Parola di Dio, che ci indica la via della vita. Peraltro, l’imperativo l’ho tratto dai Libri sapienziali, nasce dal mio ascolto delle Scritture. Ascoltando Dio, si impara ad ascoltare sé stessi, gli altri, la storia. Attraverso poi un discernimento attento, nutrito non da paure o pregiudizi, ma da amore, empatia, si possono individuare i ponti da costruire.
Sei patrono d’Europa. Oggi di fronte ai conflitti che insanguinano il nostro continente, quali ritieni siano le vie per ottenere una pace giusta e duratura?
Tra gli strumenti per la vita spirituale, che suggerisco ai miei discepoli, ho inserito questa esortazione: «non dare pace falsa». La pace ha bisogno di parole sincere, gesti autentici; nasce dalla verità di un cuore che ha trovato pace in sé stesso e così può irradiare pace attorno a sé. Raccomando anche che il Padre Nostro sia pregato più volte al giorno, proprio perché ci impegna a perdonarci vicendevolmente così come siamo perdonati da Dio. Non c’è pace senza giustizia, ma non c’è giustizia senza perdono.
Alla luce della tua celebre regola “Ora et labora”, com’è possibile riscoprire il valore sacro e santificante del lavoro senza cadere in derive servili o idolatriche dello stesso?
Quando ho chiesto ai miei discepoli di lavorare, il contesto dell’epoca prevedeva che il lavoro fosse compito degli schiavi, non degli uomini liberi. Ho voluto che lavorassero, non per «schiavizzarli», ma per liberare il lavoro e dargli la sua dignità. Ho voluto anche che vigilassero perché il lavoro non fosse assolutizzato e prendesse troppo spazio. Esso va contemperato con altri impegni essenziali per ogni persona: la preghiera, la lettura e lo studio, le relazioni fraterne, il riposo e la festa.
In che modo, secondo te, la cultura può diventare uno strumento per incrementare da una parte la spiritualità e dall’altra la giustizia sociale?
La spiritualità ha bisogno di conoscenza, che deve tradursi in sapienza, in discernimento, il che richiede competenze adeguate per leggere le situazioni, come pure il cuore umano. Fondamentale è il dialogo con altri saperi autentici che maturano nella storia. La stessa giustizia sociale non è solo questione economica, ma di promozione culturale, perché a tutti sia data la possibilità di una piena crescita. Nella mia visione la persona è unità di corpo, spirito, mente e va promossa nella sua integrità.
Segni Iconografici distintivi
È ritratto in abito monastico (cocolla) con in mano il libro della Regola. Talvolta viene raffigurato con il pastorale e la mitria. In molte rappresentazioni, tiene con una mano un bastone/fascio di verghe e con l’altra un calice, dal quale esce una serpe o un corvo, a ricordare un episodio accadutogli: il santo, con un segno di croce, avrebbe frantumato la coppa contenente il vino avvelenato datogli da monaci attentatori; un corvo avrebbe sottratto al santo il pane avvelenato prima che se ne nutrisse.
Tradizione gastronomica legata al culto
La tradizione gastronomica di Norcia, patria di Benedetto, è strettamente legata alla norcineria, cioè all’antica arte di lavorare i salumi. Infatti, Norcia è rinomata per il suo prosciutto crudo, le salsicce e il “salame di San Benedetto”, tipico prodotto della norcineria umbra. Si tratta di un salame a grana media prodotto con carni selezionate di puro suino.
Curiosità
Per il Cristianesimo il vino divenne simbolo di vita ed il rito della Messa salvò, durante il periodo del Medioevo, la cultura della vite che si era andata totalmente estinguendo, con la caduta dell’Impero romano e la discesa dei barbari. Benedettini e Cistercensi reimpiantarono i vigneti e tra di loro si possono annoverare i primi enologi. Il monachesimo portò la coltivazione della vite ai massimi livelli produttivi e, non solo in Italia, i monaci si occuparono di questa importante coltivazione, ma essa si estese soprattutto in Francia ed in Germania. Benedetto da Norcia dettò una Regola particolare, completamente al di fuori della stretta osservanza monastica e, cioè, ordinò che il vino venisse ammesso in tavola ad ogni pasto, e non solo durante la celebrazione della Messa, molto moderatamente, come una delle basi dell’alimentazione umana. La coltivazione della vite diventa una fonte di reddito, sia pure modesto, che può sopperire alla povertà del monastero. Essa è posta sotto il diretto controllo del «praepositus pri-mus», cioè il religioso di grado più alto dopo l’Abate.
Preghiere a San Benedetto
A te oggi rivolgiamo la nostra supplica ardente,
o glorioso San Benedetto,
«messaggero di pace, realizzatore di unione,
maestro di civiltà, araldo della religione di Cristo»,
ed imploriamo la tua protezione sulle singole anime,
sui monasteri che seguono la tua santa Regola, sull’Europa, sul mondo intero.
Insegnaci ancora il primato del culto divino,
donaci di comprendere quanto sia grande e fecondo il dono della pace,
aiuta tutti coloro che si sforzano di ricomporre l’unità spirituale dei vari popoli,
spezzata da tanti eventi dolorosi,
così che per la tua protezione ritorniamo tutti quanti ad essere fratelli in Cristo.
Amen.
(di Autore Anonimo)
O glorioso San Benedetto,
aiuto di coloro che a te ricorrono:
accoglimi sotto la tua protezione;
difendimi da tutto ciò che insidia la mia vita;
ottienimi la grazia del pentimento del cuore e della vera conversione
per riparare le colpe commesse, lodare e glorificare Dio tutti i giorni della mia vita.
Uomo secondo il cuore di Dio,
ricordati di me presso l’Altissimo perché,
perdonati i miei peccati, mi renda stabile nel bene;
non permetta che mi separi da Lui, mi accolga nel coro degli eletti,
insieme a te e alla schiera dei santi che ti hanno seguito nell’eterna beatitudine.
Dio onnipotente ed eterno, per i meriti e l’esempio di San Benedetto,
della sorella, la vergine Scolastica e di tutti i santi monaci rinnova in me il tuo Santo Spirito;
donami forza nel combattimento contro le seduzioni del maligno,
pazienza nelle tribolazioni della vita, prudenza nei pericoli.
Aumenta in me l’amore della castità, il desiderio della povertà,
l’ardore nell’obbedienza, l’umile fedeltà nell’osservanza della vita cristiana.
Confortato da te e sostenuto dalla carità dei fratelli,
possa servirti gioiosamente e giungere vittorioso alla patria celeste insieme a tutti i santi.
Per Cristo Nostro Signore.
Amen.
(di Autore Anonimo)
Fonti
- I santi del giorno ci insegnano a vivere e a morire, Luigi Luzi, Shalom Editrice.
- Il grande libro dei santi, dizionario enciclopedico diretto da C. Leonardi, A. Riccardi, G. Zarri, San Paolo Editore.
- I santi secondo il calendario, prefazione di Gianfranco Ravasi, edizioni Corriere della Sera.
- Martiri e santi del calendario romano, Enrico Pepe, Edizioni Città Nuova.
- I Santi nella Storia. Tremila testimoni del Vangelo, San Paolo Editore.