Vita della Santa
«Sono albanese di sangue, indiana per cittadinanza. Quanto alla mia fede, sono una suora cattolica. Secondo la mia vocazione, appartengo al mondo. Ma per quanto riguarda il mio cuore, appartengo interamente al Cuore di Gesù». Anjezë Gonxhe nacque a Skopje, nell’attuale Macedonia del Nord, che allora faceva parte dell’Albania. Fu battezzata con il nome di Anjezë Gonxha Bojaxhiu, dove Gonxha significa letteralmente “piccolo fiore” o “gemma di rosa”. Ultima di cinque figli, perse il padre all’età di otto anni, e la sua famiglia attraversò un periodo di gravi difficoltà economiche. A diciott’anni, mossa dal desiderio di diventare missionaria, entrò nell’Istituto della Beata Vergine Maria, conosciuto come “Le Suore di Loreto”, in Irlanda. In questo contesto prese il nome religioso di Teresa, in onore di Santa Teresa di Lisieux, patrona delle missioni e Dottore della Chiesa. Da quel momento, sarà conosciuta nel mondo come Madre Teresa di Calcutta. Arrivò a Calcutta il 6 gennaio 1929, dove iniziò il suo servizio come insegnante. Il 24 maggio 1937, nella festa di Maria Ausiliatrice, fece la professione perpetua, diventando, come spesso diceva, «sposa di Gesù per tutta l’eternità». La svolta decisiva nella sua vita, che lei stessa definì la “chiamata nella chiamata”, avvenne nel 1946 durante un viaggio. «Vieni, sii la mia luce, la pregò Gesù. Non posso andare da solo», le disse durante un’esperienza mistica, rivelandole il desiderio di stare vicino ai poveri, agli emarginati, ai “senza nessuno”. Anjezë Gonxhe accolse quella chiamata con totale dedizione, indossando per sempre il sari bianco bordato d’azzurro, simbolo della sua missione tra gli ultimi. Fondò le Missionarie della Carità, congregazione interamente dedita al servizio dei più poveri tra i poveri, riconosciuta ufficialmente dall’Arcidiocesi di Calcutta il 7 ottobre 1950. Il suo cammino verso la santità fu rapido: Madre Teresa di Calcutta è oggi universalmente riconosciuta come un esempio luminoso di carità, amore disinteressato e fede incrollabile.
Agiografia
Esile e minuta, Madre Teresa di Calcutta è conosciuta in tutto il mondo come una vera roccia. Avvolta nel suo sari bianco bordato d’azzurro e scevra da ogni formalismo, la suora albanese seppe influenzare e affrontare con fermezza e dolcezza i grandi della Terra, senza mai lasciarsi intimorire. Tra le figure con cui instaurò un rapporto profondo vi fu Papa Giovanni Paolo II, con il quale condivideva un forte legame di amicizia e stima reciproca. I due si confrontavano spesso, collaborando nella promozione della carità e dei valori cristiani. Giovanni Paolo II ebbe un ruolo centrale anche nel cammino verso la santità di Madre Teresa: fu lui a proclamarla beata il 19 ottobre 2003, avviando un processo di canonizzazione tra i più rapidi della storia moderna. Durante l’omelia della beatificazione, il Papa ricordò così il loro rapporto: «Ogni tanto veniva a parlarmi delle sue esperienze al servizio dei valori evangelici. Ricordo, ad esempio, i suoi interventi a favore della vita e contro l’aborto. Soleva dire: “Se sentite che qualche donna non vuole tenere il suo bambino e desidera abortire, cercate di convincerla a portarmi quel bimbo. Io lo amerò, vedendo in lui il segno dell’amore di Dio.”» Alla sua morte, l’India le riservò i funerali di Stato, a testimonianza dell’enorme impatto che ebbe anche al di fuori del mondo cattolico. Una folla immensa si riunì per darle l’ultimo saluto, e da ogni parte del mondo arrivarono messaggi di commozione e riconoscenza. Il segretario generale dell’ONU, Javier Pérez de Cuéllar, la salutò con parole che ancora oggi restano scolpite nella memoria: «Lei è le Nazioni Unite. Lei è la pace nel mondo.» Oggi la sua tomba è meta di pellegrinaggio, e il suo esempio continua ad ardere come simbolo universale di dedizione, amore e altruismo. La sua vita è stata una testimonianza vivente di cosa significhi donarsi totalmente agli altri, soprattutto ai più dimenticati, con umiltà e compassione. Scelse di abitare tra i poveri, di curare malati e abbandonati, senza cercare riconoscimenti o ricchezze. E ancora oggi, quando pensiamo a come l’amore e la solidarietà possano cambiare il mondo, ci torna alla mente la sua figura semplice, luminosa, nel suo sari bianco e azzurro: un cuore alla volta.
Intervista impossibile di Monsignor Andrea Andreozzi alla Santa
Tu hai percepito la voce di Cristo crocifisso “Ho sete”. Come possiamo scorgere il volto di Dio attraverso i nostri fratelli, e in particolar modo nei sofferenti e nei poveri?
Non dovremmo guardarci troppo allo specchio, in un pericoloso narcisismo spirituale. Incontrare le gioie e i dolori degli altri permette a Dio di arrivare fino a noi, per saziarci e dissetarci. Essere raggiunti dall’Amore ci aiuta ad aprire la porta di casa, per accogliere il grande miracolo della vita che si dipana nella storia di ogni persona. Non possiamo essere superficiali, senza il coraggio di andare al cuore, senza neppure chiedere: «come ti chiami?». La vocazione è la dignità di un nome.
Cosa possiamo rispondere a chi non crede, ma è comunque toccato dalla testimonianza di carità vissuta concretamente?
Rispetto la convinzione di ogni persona, anche di coloro che non credono in Dio, ma penso che chi si lascia toccare da quello che fanno gli altri non sia un tipo impermeabile, rigido, indurito. Chi si commuove crede comunque che la vita sia un cambiamento, una continua conversione, un cammino. La carità vince sempre, senza violenza. Questo permette di uscire dalle trincee dell’egoismo, per la resa totale al primato del dono e del servizio, alla forza di chi scommette tutto sul bene e sull’amore.
Hai attraversato l’aridità della “notte interiore”, senza consolazioni spirituali. È possibile nutrire una fede semplice e ardente anche in difficoltà simili? Quali esercizi ci suggeriresti?
C’è una domanda che troviamo spesso nei salmi e in altre pagine bibliche: «Fino a quando, Signore?». Mi sembra la più autentica per alimentare il rapporto con Dio nei momenti di prova. Non dovremmo dire: «Ora basta!», nonostante che questo esclamativo si ritrovi nelle esperienze spirituali dell’uomo in crisi. A me, tuttavia, piace attraversare la notte interiore con la prima domanda piuttosto che con la protesta o l’imposizione. In fondo mi riporta al desiderio che il Signore Gesù venga presto.
Hai detto che “il più grande distruttore della pace è l’aborto”. Com’è possibile sostenere le madri in difficoltà, affinché possano scegliere la vita con coraggio e senza sentirsi sole?
È sufficiente che una donna incinta pensi ai bambini affamati e uccisi dalla guerra, li veda mentre piangono perché non hanno niente. Basta pensare alla forza delle donne più povere del mondo, che vedono venire alla luce il frutto del loro grembo e poi non possono fare niente per mantenerlo in vita. Se suscita orrore, sdegno e indignazione l’atroce violenza contro i più piccoli, allora è possibile partire da qui per parlare di pace e per favorire la scelta della vita fin dal suo concepimento.
Segni Iconografici distintivi
È ritratta con il semplice sari delle Missionarie della Carità, un manto bianco ornato da un delicato bordo azzurro e da tre strisce blu che racchiudono il profondo significato dei voti fondamentali dell’Ordine: povertà, castità e obbedienza. La sua immagine, spesso accostata a quella dei poveri e dei malati, racconta una storia di dedizione incondizionata e amore senza confini. Attraverso il suo sguardo, colmo di compassione e umanità, e le sue azioni, che parlano più di mille parole, la santa ha incarnato un esempio eterno di carità, donando dignità e speranza a chi era stato abbandonato e dimenticato.
Tradizione gastronomica legata al culto
Tra gli alimenti che più di tutti si legano alla figura della santa, vi è senza dubbio il riso, base dell’alimentazione quotidiana in India e simbolo universale di nutrimento, condivisione e umiltà. Madre Teresa di Calcutta distribuiva riso e si nutriva – con estrema semplicità – di riso. Cercando tra le sue fotografie più note, è frequente trovarla con ciotole o pacchi alimentari in mano, pronti per essere donati a poveri, ammalati e bambini. In quei doni non mancava mai il riso, un alimento tanto semplice quanto essenziale, che nei suoi gesti diventava espressione concreta di carità, solidarietà e amore per gli ultimi. La tradizione gastronomica legata alla sua memoria si fonda proprio su questi valori. In molte comunità che la venerano, specialmente in India e in altri Paesi dove le Missionarie della Carità sono attive, vengono organizzati momenti di condivisione del pasto in occasione della sua festa liturgica (5 settembre). In questi incontri, spesso informali e comunitari, si servono piatti a base di riso, cucinati in modo semplice e accompagnati da verdure o legumi, a imitazione della frugalità della sua vita. Il riso diventa così non solo alimento, ma segno tangibile di un’eredità spirituale. Ricorda il gesto quotidiano di chi nutre il prossimo non solo nel corpo, ma anche nell’anima. Non si tratta di una tradizione legata al lusso o alla celebrazione sfarzosa, ma piuttosto di una liturgia silenziosa del servizio e della compassione, che si consuma attorno a una tavola povera, ma ricca d’amore. Nel culto di Madre Teresa di Calcutta, anche un semplice piatto di riso può trasformarsi in preghiera vissuta, in dono ricevuto e offerto, nel segno di un amore che, come lei ha testimoniato, «inizia a casa e si allarga al mondo».
Curiosità
Una delle curiosità meno conosciute ma più toccanti sulla vita di Madre Teresa di Calcutta riguarda la sua profonda amicizia con una figura apparentemente molto distante da lei per stile di vita e visibilità pubblica: la principessa Diana d’Inghilterra. Nonostante le grandi differenze tra le loro esistenze – l’una suora missionaria dedita ai poveri e all’umiltà, l’altra figura reale costantemente al centro dei riflettori – le due donne erano unite da un comune desiderio di aiutare gli ultimi e da un legame sincero e profondo. Il loro primo incontro avvenne negli anni ’90 e fu segnato da un’intesa immediata. Diana, sensibilissima alle sofferenze altrui, mise il suo immenso seguito mediatico al servizio delle cause che Madre Teresa promuoveva, specialmente quelle legate ai senzatetto, ai malati di AIDS e ai bambini colpiti da gravi malattie. Più volte la principessa dichiarò la sua ammirazione per la santa di Calcutta, riconoscendole un’umanità straordinaria, una fede incrollabile e una forza interiore rara. Uno degli episodi più commoventi riguarda il fatto che morirono a pochi giorni di distanza, nell’estate del 1997: Diana il 31 agosto, Madre Teresa il 5 settembre. La coincidenza temporale delle loro morti colpì profondamente l’opinione pubblica. In molti videro in quel momento un segno: due donne profondamente amate dal popolo, due cuori generosi uniti da un comune spirito di servizio, lasciavano il mondo quasi insieme. Un’altra curiosità legata a questa amicizia è la fotografia che le ritrae mentre si tengono per mano, simbolo di un legame autentico tra due donne molto diverse, ma entrambe guidate dalla compassione. Questa insolita amicizia è solo una delle tante sfaccettature della vita di Madre Teresa, capace di entrare in relazione con chiunque – ricco o povero, potente o umile – portando a tutti la luce dell’amore di Dio.
Preghiere a Santa Teresa di Calcutta
Madre Teresa degli ultimi!
Il tuo passo veloce è andato sempre
verso i più deboli e i più abbandonati
per contestare in silenzio coloro che sono
ricchi di potere e di egoismo:
l’acqua dell’ultima cena
è passata nelle tue mani instancabili
indicando a tutti coraggiosamente
la strada della vera grandezza.
Madre Teresa di Gesù!
tu hai sentito il grido di Gesù
nel grido degli affamati del mondo
e hai curato il corpo di cristo
nel corpo piagato dei lebbrosi.
Madre Teresa, prega affinché diventiamo
umili e puri di cuore come Maria
per accogliere nel nostro cuore
l’amore che rende felici.
Amen.
(di mons. Angelo Comastri)
Santa Teresa di Calcutta,
nel tuo desiderio struggente di amare Gesù come mai era stato amato prima,
ti sei donata a Lui senza riserve, senza mai rifiutargli nulla.
Unita al Cuore Immacolato di Maria,
hai accolto la chiamata a saziare la sua sete infinita di amore e di anime,
divenendo portatrice del suo amore ai più poveri tra i poveri.
Con amore fiducioso e abbandono totale,
hai compiuto la sua volontà,
testimoniando al mondo la gioia di appartenere interamente a Lui.
Sei diventata così intimamente unita a Gesù, tuo Sposo crocifisso,
che Egli, sospeso sulla Croce, si è degnato di condividere con te
l’agonia silenziosa del suo Cuore assetato.
Santa Teresa di Calcutta,
tu che hai promesso di portare incessantemente
la luce dell’amore a coloro che vivono sulla terra,
prega affinché anche noi impariamo a desiderare di saziare
l’ardente sete di Gesù con un amore appassionato,
accettando con gioia di condividere le sue sofferenze
e servendolo con tutto il cuore nei nostri fratelli e sorelle,
soprattutto in coloro che più di tutti sono non amati e non voluti.
Amen.
(di Autore Anonimo)
Fonti
- I santi del giorno ci insegnano a vivere e a morire, Luigi Luzi, Shalom Editrice.
- Il grande libro dei santi, dizionario enciclopedico diretto da C. Leonardi, A. Riccardi, G. Zarri, San Paolo Editore.
- I santi secondo il calendario, prefazione di Gianfranco Ravasi, edizioni Corriere della Sera.
- Martiri e santi del calendario romano, Enrico Pepe, Edizioni Città Nuova.
- I Santi nella Storia. Tremila testimoni del Vangelo, San Paolo Editore.