Vita del Santo
Il nome ebraico di Matteo, Levi, significa letteralmente “dono di Dio”. Viveva a Cafarnao, dove esercitava il mestiere di esattore delle tasse, tra il disprezzo della gente. Gesù, nei primi tempi della sua predicazione in Galilea, lo chiamò a sé mentre era nel pieno del suo lavoro. «Seguimi!», gli disse. E lui si alzò e lo seguì subito, lasciando sul tavolo denaro, timbri e registri contabili. Matteo rispose con generosità, accogliendo con gioia il Maestro nella sua casa, e, rinnovato da questo incontro di grazia, divenne annunciatore delle sue meraviglie. Matteo comprese profondamente che quell’incontro avrebbe trasformato per sempre la sua vita. Fino ad allora dedito all’accumulo di beni materiali, da quel momento in poi seguì unicamente i beni dello spirito. Scrisse infatti: «Non accumulate per voi tesori sulla terra; accumulate invece per voi tesori in cielo». Per segnare l’addio alla sua vecchia vita, organizzò un solenne banchetto, invitando amici e gente del posto per onorare Gesù. I benpensanti si stupirono e si scandalizzarono, poiché tra i commensali vi erano pubblicani e peccatori. Ma Matteo, forte dell’amore per Cristo, proseguì deciso nella sua missione. Secondo la tradizione, Matteo era l’unico dei Dodici apostoli a saper scrivere. Il suo Vangelo, infatti, è il Vangelo del compimento: mostra come Gesù realizzi le promesse dell’Antica Alleanza. È caratterizzato da cinque grandi discorsi di Gesù sul Regno di Dio. Un’antica leggenda racconta che il manoscritto originale del suo Vangelo fu ritrovato nel Cinquecento, insieme alle reliquie di San Barnaba. Sappiamo poco del resto della sua vita, e le notizie sulla sua morte sono discordanti: alcune fonti affermano che fu lapidato in Etiopia, altre che fu arso vivo o pugnalato durante una celebrazione. Le sue reliquie riposano nella cripta della Cattedrale di Salerno, dove il santo è venerato e festeggiato il 21 settembre con una solenne processione.
Agiografia
Il Vangelo di Matteo è uno dei quattro Vangeli canonici del Nuovo Testamento e riveste un’importanza particolare: è non solo una fonte fondamentale per la fede cristiana, ma anche un’opera letteraria di rilievo nello sviluppo della teologia delle origini. Considerato il Vangelo «ecclesiale» per eccellenza, è stato a lungo privilegiato dalla liturgia, fino alle riforme introdotte dal Concilio Vaticano II. Il testo narra la vita e il ministero di Gesù Cristo: dalla genealogia e dalla nascita verginale, all’infanzia, al battesimo e alla tentazione nel deserto, fino all’attività pubblica di predicazione e guarigione in Galilea. Racconta poi il viaggio verso Gerusalemme, l’ingresso trionfale nella città, la cacciata dei venditori dal Tempio, e infine la passione, la crocifissione, la morte, la sepoltura e la Risurrezione. Il Vangelo secondo Matteo appartiene al gruppo dei Vangeli sinottici, insieme a quelli di Marco e Luca: sono detti così perché presentano numerosi episodi in comune, spesso con simili strutture e contenuti. Tra i passaggi più celebri del Vangelo di Matteo vi è il Discorso della Montagna, che include le Beatitudini. Questo discorso, insieme ad altre parabole e insegnamenti morali, offre una guida concreta per vivere secondo giustizia, compassione e amore, seguendo l’esempio di Gesù. Matteo cita frequentemente le Scritture dell’Antico Testamento, con uno stile tipicamente semitico. Un esempio ricorrente è la formula: «È stato detto… ma io vi dico…», con la quale Gesù propone un superamento della Legge antica attraverso i suoi nuovi insegnamenti. Uno dei temi centrali dell’opera è l’annuncio del Regno di Dio, che si manifesta nella persona e nell’opera di Gesù. La narrazione fonde elementi storici con profonde riflessioni teologiche, mettendo in evidenza le connessioni tra gli eventi della vita di Cristo e il contesto culturale e religioso del tempo. Il Vangelo di Matteo aiuta così i cristiani a comprendere più a fondo il messaggio di Gesù e a seguirne l’esempio di amore, giustizia e misericordia.
Intervista impossibile di Monsignor Andrea Bellandi al Santo
Tu, che eri esattore per i romani, hai lasciato il banco delle imposte per seguire l’invito del Maestro. Com’è possibile riconoscere, oggi, la voce della sua chiamata e lasciare dietro di noi quello che ci trattiene?
Come è stato per me, ciò che può liberarci dagli innumerevoli vincoli che ci fanno guardare solo a noi stessi – ansie, abitudini, pigrizia, obiettivi a “buon mercato” che il mondo ci presenta come veicoli di felicità ma che presto però deludono – non può che essere uno sguardo di amore che, senza condannarci, “legge” nel profondo del nostro cuore e invita ad affrontare la vita come una grande avventura al servizio di grandi ideali, così da impegnarla perché il mondo diventi migliore.
Ti sei cimentato nella scrittura per trasmettere la tua testimonianza diretta. Come si può comunicare, oggi, la Parola in modo fedele, coinvolgente e comprensibile?
Lo possiamo fare solo se questa Parola la sentiamo vera anzitutto per noi, se ci commuove e quindi ci muove. Solo se gli altri ci vedono impegnati a viverla, potranno anch’essi provare il desiderio di accoglierla e vedere che passi nuovi da intraprendere nella vita essa suggerisce. Occorre però essere disposti ad “entrare in crisi”, per verificare come quello che essa propone è un annuncio di vita: sempre essa, infatti, apre nuovi orizzonti, prima sconosciuti e addirittura impensabili.
Hai conosciuto lo sguardo che perdona e restituisce dignità. Come si può avere questo sguardo di amore ai fratelli?
Questo è possibile solo se non dimentichiamo mai questo sguardo di perdono e di amore che il Signore ci ha rivolto e che continua ancora oggi a rivolgerci. Il rischio è quello di diventare presuntuosi e di illuderci di non aver più bisogno di essere risanati. La condizione per amare e perdonare i fratelli è non perdere lo stupore di essere continuamente abbracciati dalla misericordia di Dio, che perdona non sette volte, ma settanta volte sette: cioè sempre.
Cosa significa, oggi, annunciare il Regno di Dio, che tu hai riportato nel Discorso della Montagna, in un mondo segnato da ingiustizie e ferite interiori?
Le beatitudini del Regno sono e saranno sempre “scandalo per i giudei e stoltezza per i pagani”, come scriverà San Paolo. Ma chi accetta di seguire il Maestro – come ho fatto io – ne scopre la convenienza anche umana. Insieme a persecuzioni, Gesù ci ha promesso l’esperienza del “centuplo” per chi lo segue e la nostra vita, come singoli credenti e soprattutto come comunità, è chiamata a testimoniare questa convenienza. Lo Spirito Santo ci aiuterà ad essere sale della terra e luce del mondo.
Segni Iconografici distintivi
È ritratto come un uomo anziano e barbuto, intento a scrivere il suo Vangelo, talvolta con l’aiuto di un angelo che guida la sua mano. Può essere rappresentato con un libro dei conti, una spada o un portamonete, simboli che richiamano il suo passato da esattore delle tasse e il suo martirio; la spada in particolare è un attributo ricorrente che simboleggia sia la sua testimonianza evangelica sia il martirio subito.
Tradizione gastronomica legata al culto
A Salerno, in occasione della festa di San Matteo, il 21 settembre, si prepara tradizionalmente la “meveza ‘mbuttunata”, ovvero la milza imbottita. Si tratta di un piatto tipico a base di milza di vitello farcita con aromi e ingredienti locali, diventato il simbolo culinario della festa. La “meveza” viene venduta lungo le strade della città durante i festeggiamenti, in un’atmosfera vivace che unisce devozione e convivialità. È una tradizione antichissima, tramandata di generazione in generazione, e viene preparata esclusivamente una volta l’anno, proprio in occasione della solennità del santo patrono.
Curiosità
Una delle rappresentazioni più iconiche della chiamata di San Matteo è il celebre dipinto “La Vocazione di San Matteo”, realizzato da Caravaggio tra il 1599 e il 1600. L’opera è conservata nella chiesa di San Luigi dei Francesi a Roma, nella Cappella Contarelli, ed è una delle più famose e fotografate del mondo. Caravaggio cattura il momento preciso in cui Gesù, accompagnato da San Pietro, entra nella stanza buia dove siede Matteo, intento a contare il denaro con altri esattori. Il gesto silenzioso di Cristo – il braccio teso, il dito che indica – richiama in modo evidente quello della Creazione di Adamo di Michelangelo, ma qui è rivolto a un peccatore, a un uomo comune. La luce, elemento centrale dell’opera, entra diagonalmente da destra e illumina il volto stupito di Matteo, simbolo della grazia che irrompe nell’oscurità della vita quotidiana. Non c’è scenografia sacra: l’ambiente è quello di una taverna o di una stanza del ‘600, popolata da uomini in abiti contemporanei, per rendere la scena immediatamente vicina allo spettatore. Un elemento affascinante è anche l’ambiguità sull’identità di Matteo: nella scena, alcuni studiosi si chiedono se sia l’uomo con la barba che si indica sorpreso, oppure il giovane chino sul denaro. Questa ambiguità intensifica il coinvolgimento dello spettatore, come se Caravaggio ci chiedesse: “Chi è il chiamato? E tu, cosa faresti?”.
Preghiere a San Matteo
O glorioso San Matteo,
per quella mirabile prontezza con cui abbandonaste
l’impiego, la casa e la famiglia per seguire la chiamata di Gesù Cristo,
ottenete a noi tutti la grazia di accogliere sempre con gioia le divine ispirazioni.
O glorioso San Matteo,
per quella vostra umiltà ammirevole,
con cui, pur avendo scritto per primo il Vangelo di Gesù Cristo,
non vi definiste che con il nome di pubblicano,
impetrate per noi la grazia divina e tutto ciò che è necessario per conservarla fedelmente.
Amen.
(di Autore Anonimo)
O San Matteo, Apostolo ed Evangelista,
tu che sei potente presso Dio in favore del popolo pellegrino sulla terra,
vieni in nostro aiuto nei bisogni spirituali e temporali.
Le grazie che i tuoi devoti, in ogni tempo,
hanno ottenuto in questa chiesa a te dedicata,
ci danno fiducia che anche per noi non mancherà la tua protezione.
Ottienici la grazia di ascoltare con cuore docile la Parola di Gesù,
che tu hai coraggiosamente annunciato,
fedelmente trascritto nel tuo Vangelo e generosamente testimoniato con il sangue.
Accompagna e sostieni il nostro impegno a essere pietre vive della Chiesa di Cristo,
presente e operante in questo territorio.
Donaci, per tua intercessione,
l’aiuto del Signore contro ogni pericolo che minaccia la salute dell’anima e del corpo.
Ottienici una vita serena, ricca di opere buone, e infine la salvezza eterna dell’anima.
Amen.
(di Autore Anonimo)
Fonti
- I santi del giorno ci insegnano a vivere e a morire, Luigi Luzi, Shalom Editrice.
- Il grande libro dei santi, dizionario enciclopedico diretto da C. Leonardi, A. Riccardi, G. Zarri, San Paolo Editore.
- I santi secondo il calendario, prefazione di Gianfranco Ravasi, edizioni Corriere della Sera.
- Martiri e santi del calendario romano, Enrico Pepe, Edizioni Città Nuova.
- I Santi nella Storia. Tremila testimoni del Vangelo, San Paolo Editore.