Vita del Santo
Angelo Giuseppe Roncalli nacque il 25 novembre 1881 a Sotto il Monte, un piccolo paese nella provincia di Bergamo. Era il primogenito di tredici figli e crebbe in una famiglia umile e contadina, dedita alla mezzadria. La sua famiglia gli trasmise fin da subito valori cristiani profondi, un grande amore per il lavoro e un forte senso di comunità. Fin dai primi anni di scuola si distinse per l’impegno negli studi e per la sua profonda fede. I genitori, sostenendo la sua vocazione sacerdotale, lo mandarono al Collegio Vescovile di Celana. Nel 1900, grazie a una borsa di studio, Angelo Giuseppe si trasferì a Roma per frequentare l’Apollinare, dove completò la sua formazione teologica. Ordinato sacerdote nel 1904, tornò a Bergamo dove svolse diversi incarichi: fu segretario del vescovo Giacomo Maria Radini Tedeschi, insegnante al Seminario e fondatore del periodico La Vita Diocesana. Nel 1925 fu nominato nunzio apostolico in Bulgaria, poi in Turchia e Grecia. Nel 1944 Papa Pio XII lo nominò patriarca di Venezia e, poco dopo, cardinale. Il 28 ottobre 1958 fu eletto Papa con il nome di Giovanni XXIII, diventando il 261º pontefice della Chiesa cattolica. Nonostante l’importante incarico, il legame con il suo paese natale rimase sempre forte, trasformando Sotto il Monte in meta di pellegrinaggio per milioni di fedeli. Nel maggio 2018 il suo corpo tornò simbolicamente a Sotto il Monte, accolto con grande commozione. Dopo la sua morte, Papa Giovanni XXIII fu beatificato nel 2000 da Papa Giovanni Paolo II e canonizzato il 27 aprile 2014 da Papa Francesco. La sua figura continua a essere celebrata per il contributo alla Chiesa cattolica, alla pace mondiale e per la profonda devozione popolare che ancora oggi suscita.
Agiografia
La figura di Papa Giovanni XXIII è rimasta universalmente nota per la sua personalità affabile e per l’inclinazione alla pace, all’umiltà e alla concordia, che ne hanno fatto un punto di riferimento per milioni di fedeli in tutto il mondo. Il suo dolce sorriso, la grande empatia dimostrata in ogni occasione e la sua bontà gli valsero l’appellativo con cui ancora oggi è ricordato: il Papa «buono», amatissimo dalla gente comune. «Tornando a casa, troverete i bambini; date una carezza ai vostri bambini e dite: questa è la carezza del Papa. Troverete qualche lacrima da asciugare: dite una parola buona. Il Papa è con noi, specialmente nelle ore della tristezza e dell’amarezza», era solito dire, donando conforto e vicinanza. È rimasto nella storia anche il celebre «discorso della Luna», pronunciato la sera dell’11 ottobre 1962, in occasione dell’apertura del Concilio Ecumenico Vaticano II. Un discorso improvvisato, rivolto alla folla festosa che lo acclamava, nel quale si percepiva tutta la sua umanità e la sua capacità di comunicare con la gente. Papa Giovanni XXIII è ricordato soprattutto per aver indetto il Concilio Vaticano II, una svolta epocale nella vita della Chiesa cattolica. Questo evento storico segnò una significativa modernizzazione della Chiesa e un’apertura al dialogo con altre fedi e tradizioni religiose, avviando un processo di riforma e aggiornamento che permise alla Chiesa di guardare con nuovi occhi il mondo contemporaneo in continua evoluzione. Di particolare rilievo è la sua ultima enciclica, Pacem in Terris, pubblicata nel 1963, quando già il suo corpo era debilitato da un cancro allo stomaco che lo avrebbe portato alla morte. Rivolta «ai venerabili fratelli patriarchi, primati, arcivescovi, vescovi e agli altri ordinari locali in pace e comunione con la sede apostolica, al clero, ai fedeli di tutto il mondo e a tutti gli uomini di buona volontà», l’enciclica pone al centro la pace tra i popoli, fondata sulla verità, la giustizia, l’amore e la libertà.
Intervista impossibile di Monsignor Francesco Beschi al Santo
Sei ricordato ancora oggi come “Papa buono”. Quali cammini può percorrere, oggi, la Chiesa per rinnovarsi nel segno della bontà e della tenerezza?
Sono sempre un po’ a disagio quando mi chiamano il “Papa buono”, perché anche tanti papi che sono venuti prima e dopo di me sono stati buoni. Ho cercato di vivere e di trasmettere il senso della paternità di Dio, annunciando un Dio che preferisce usare la medicina della misericordia piuttosto che castigare con la frusta. Non ho mai chiuso la porta a nessuno, neppure a chi la pensava diversamente da me. Mi sono fatto vicino alle persone che avevano più bisogno, tentando di mettere in pratica le opere di misericordia. Mi sembra che questa sia la strada del vangelo, anche oggi.
In che modo i cristiani possono essere oggi costruttori di pace e di dialogo tra culture e generazioni diverse?
Qualcuno ha detto che la mia ultima enciclica, “Pacem in terris”, è stata il mio testamento spirituale, ed è vero. Avendo vissuto in prima persona, anche se con ruoli e modalità diverse, le due guerre mondiali del XX secolo, mi sono sempre più convinto di quanto sia prezioso il dono della pace che il Signore risorto ha donato ai discepoli e che il mondo fa così fatica ad accogliere e a vivere. La pace poi si costruisce tessendo con pazienza le relazioni, a tutti i livelli, da quello diplomatico a quello familiare e interreligioso. E per la pace bisogna essere disposti a pagare anche un prezzo alto, come hanno fatto e fanno i martiri.
Ci hai consegnato un decalogo della quotidianità, perché “Ad ogni giorno basta il suo affanno”. Come possiamo coltivare in semplicità le virtù della vita di fede nelle nostre giornate affannate e piene di impegni?
Devo anzitutto precisare che quel “decalogo della quotidianità” non l’ho mai scritto. Esso è stato composto con frasi mie, prese qua e là, e assemblate in un testo molto suggestivo ed esprime bene il mio pensiero. Sì, la semplicità è una virtù che ho cercato di coltivare, non senza fatica, lungo tutta la mia vita. Essere semplici implica uno stile sobrio, concentrato sull’essenziale, nei pensieri, nelle parole e nelle azioni. È l’opposto delle complicazioni inutili, dell’affettazione e della doppiezza. Talvolta la semplicità è scambiata con l’ingenuità e la sprovvedutezza: quante volte l’hanno detto anche di me!
Hai avuto l’intuizione e il coraggio di indire un nuovo Concilio. Qual è il passo nel cammino della sua attuazione che la Chiesa è chiamata a compiere oggi?
Molti aspetti che il Concilio Ecumenico Vaticano II ha approfondito e proposto alla Chiesa attendono ancora una piena attuazione. Per esempio, il cammino ecumenico, che peraltro ha compiuto passi importanti in questi sessant’anni. E poi uno stile ecclesiale più sinodale, come ha più volte sollecitato Papa Francesco, che valorizzi tutte le vocazioni, anche quella dei laici. E ancora, una vita spirituale sempre più fondata sulla Parola di Dio, capace di aiutare ogni battezzato a gustare il mistero di Dio celebrato nella liturgia e partecipato nei sacramenti.
Segni Iconografici distintivi
È ritratto con le vesti proprie dei pontefici, simbolo della sua alta missione nella Chiesa. Può indossare l’abito corale papale, usato durante le celebrazioni solenni, oppure l’abito talare papale, la classica veste bianca che lo ha reso iconico anche agli occhi della gente comune. In alcune rappresentazioni porta il triregno, l’antica tiara papale a tre corone, oggi in disuso ma allora ancora simbolo dell’autorità spirituale, e può essere avvolto nei ricchi paramenti liturgici, come la pianeta o la stola, usati durante le celebrazioni più solenni. Questi segni esteriori, tuttavia, non fanno ombra alla sua immagine di Papa umile e vicino al popolo, ricordato più per il suo sorriso e le parole di pace che per gli abiti che indossava.
Tradizione gastronomica legata al culto
Angelo Giuseppe Roncalli, bergamasco doc, non dimenticò mai le sue radici contadine, neppure quando divenne Papa Giovanni XXIII. Tra i suoi piatti preferiti c’era la polenta, simbolo della cucina semplice e genuina della sua terra. Anche da pontefice, a Roma, chiedeva spesso alle suore che lo accudivano di preparargliela. E non una qualsiasi: la farina di mais doveva arrivare direttamente dal Bergamasco, in sacchi bianchi di tela, come quelli che si usavano un tempo. Per lui, la polenta non era solo un cibo: era un legame con le sue origini, un sapore di casa, un segno di semplicità e gratitudine verso la vita umile da cui proveniva. Un piccolo gesto quotidiano che racconta molto del suo cuore di Papa vicino alla gente e della sua capacità di custodire ciò che conta davvero.
Curiosità
Quando era ancora vescovo e poi nunzio apostolico, Angelo Giuseppe Roncalli – il futuro San Giovanni XXIII – era solito attraversare i paesini del bergamasco in automobile. Ma non passava mai inosservato: chiedeva sempre al suo autista di suonare il clacson, così che tutti potessero riconoscere il suo arrivo e affacciarsi a salutarlo. Un gesto semplice, quasi affettuoso, che racconta molto del suo carattere: vicino alla gente, umile e sorridente, desideroso di mantenere vivo quel legame con il suo popolo anche nei ruoli più alti della Chiesa. Un Papa “buono”, ma prima ancora un uomo del popolo.
Preghiere a San Giovanni XXIII
Santo Papa Giovanni XXIII,
rendiamo grazie alla Santissima Trinità per averci donato in te
un amabile fratello e un saggio maestro.
Tu, fanciullo della cascina campestre di Sotto il Monte e Vescovo della Chiesa universale,
sei salito sul Monte delle Beatitudini lasciandoti guidare sempre e in tutto dalla volontà divina.
Intercedi per noi presso il Padre di ogni consolazione, affinché possiamo accogliere con cuore docile la Buona Novella e rimanere saldi nella fede inespugnabile,
nella speranza che non delude, nella carità senza confini.
Ottienici la grazia di accettare la povertà con gioia e gratitudine,
di servire in silenzio e con perseveranza, di desiderare i beni celesti e distaccarci da quelli terreni.
Aiutaci ad aprire la mente e il cuore alle esigenze della Chiesa e dell’umanità contemporanea. Donaci la sapienza del cuore per amare tutti come fratelli, perdonare e accogliere chi si è smarrito, abbattere le barriere dell’incomprensione tra gli uomini e i popoli,
vincere l’egoismo e promuovere la vera unità degli spiriti.
Sostenuti dalla Madre celeste, vivremo attenti al Nome, al Regno e alla Volontà di Dio.
Umiltà e mitezza risplenderanno sui nostri volti,
e comprenderemo che la vera giustizia e bontà consistono nel rimanere,
come i santi, nell’infanzia spirituale, che cresce giorno dopo giorno, secondo la nostra vocazione.
Per Cristo nostro Signore.
Amen.
(di mons. Loris Capovilla)
Caro Papa Giovanni XXIII,
mi rivolgo a te con cuore sincero,
tu che sei stato un padre buono,
un uomo di pace, vicino alla gente.
Aiutami a non perdere la fede,
a scegliere il bene anche quando è difficile,
a restare forte quando il male mi tenta.
So che mi ascolti dal cielo,
come quella sera in cui hai parlato alla luna
e a tutti noi, come un nonno affettuoso.
Ti affido le mie preoccupazioni, i miei sogni,
e le persone che porto nel cuore.
Intercedi per me e per chi ha bisogno,
per la Chiesa, per i giovani come me
e per un mondo più giusto e più umano.
Papa Giovanni XXIII, insegnami a vivere con umiltà,
con fiducia, con il sorriso che avevi tu.
Aiutami a dire “sì” a Dio
ogni giorno, con amore e semplicità.
San Giovanni XXIII,
benedici noi giovani e il mondo intero.
Amen.
(di Autore Anonimo)
Fonti
- I santi del giorno ci insegnano a vivere e a morire, Luigi Luzi, Shalom Editrice.
- Il grande libro dei santi, dizionario enciclopedico diretto da C. Leonardi, A. Riccardi, G. Zarri, San Paolo Editore.
- I santi secondo il calendario, prefazione di Gianfranco Ravasi, edizioni Corriere della Sera.
- Martiri e santi del calendario romano, Enrico Pepe, Edizioni Città Nuova.
- I Santi nella Storia. Tremila testimoni del Vangelo, San Paolo Editore.