Vita del Santo
Toscano, probabilmente originario della zona di Volterra, Leone era romano sia nella mentalità sia nella formazione. Le prime notizie storiche sulla sua vita risalgono al periodo in cui fu diacono della Chiesa di Roma, sotto il pontificato di Celestino I. Ricevette un’ottima educazione, anche cristiana, tanto che ben presto il Pontefice gli affidò non solo l’amministrazione dei beni della Chiesa romana, ma anche diverse missioni di grande importanza presso altre Chiese. Ritagliatosi un posto di prestigio nel clero romano, Leone fu inviato in Gallia per mediare tra il generale Ezio e il senatore Albino. Si trovava proprio in Gallia quando apprese della morte di Papa Sisto III, di cui era fidato consigliere. Chiamato a succedergli sul soglio di Pietro, rientrò a Roma, dove fu consacrato il 29 settembre 440, come quarantacinquesimo Papa della storia. Gli storici ricordano Leone come un pontefice eletto in un clima di «ammirevole pace», pur in tempi segnati da continue invasioni barbariche. L’Italia tremava davanti alla minaccia degli Unni, e il terribile Attila proseguiva la sua avanzata: Leone lo incontrò personalmente, senza alcun timore, riuscendo a salvare Roma e gran parte dell’Italia. Un altro episodio prodigioso avvenne nel 455, quando Leone riuscì a fermare i Vandali d’Africa, guidati dal re Genserico: la città fu saccheggiata, ma non incendiata, e rimasero intatte le basiliche di San Pietro, San Paolo e San Giovanni, dove trovò rifugio gran parte della popolazione. Il suo principio era chiaro: «Anche quanto devi correggere, salva sempre l’amore». Leone fu il primo Papa a essere sepolto nell’atrio della Basilica Vaticana e, nel 1754, Benedetto XIV lo proclamò Dottore della Chiesa.
Agiografia
Leone fu il primo papa a ricevere il titolo di “Magno”, conferitogli per la sua grandezza intellettuale, la tenacia e la forza del pensiero. Grande organizzatore, si impegnò a riformare la Chiesa dall’interno e a proteggerla dalle minacce esterne. Guidò energicamente la Chiesa per l’intero pontificato di ventun anni, in un periodo di declino dell’Impero e di turbamenti interni alla stessa Chiesa, segnata da discordie, contese dottrinali e profonde differenze di vedute. Papa Leone fu un difensore della fede contro gli eretici, ma anche un oratore, teologo e autore prolifico, capace di esaltare in modo autorevole il ruolo del vescovo di Roma. Per questo fu considerato il più illustre Papa del V secolo e uno dei personaggi più importanti del suo tempo: al Concilio di Calcedonia, i partecipanti affermarono infatti che «per bocca di Leone ha parlato Pietro». Fu inoltre il primo Papa del quale si conservi una raccolta organica di sermoni, circa novantasei, e ben centosettanta tre lettere, documenti fondamentali per lo studio della vita sociale, economica ed ecclesiale dell’epoca. Come osservò Benedetto XVI, «Leone Magno seppe essere vicino al popolo e ai fedeli con l’azione pastorale e la predicazione. Animò la carità in una Roma provata da carestie, dall’afflusso di profughi, dalle ingiustizie e dalla povertà. In particolare, Leone insegnò ai suoi fedeli – e ancora oggi le sue parole valgono per noi – che la liturgia cristiana non è il ricordo di avvenimenti passati, ma l’attualizzazione di realtà invisibili che agiscono nella vita di ciascuno». Magnanimo, energico e coerente, Leone non fu solo un Papa coraggioso, ma anche un abile diplomatico, capace di affrontare con pragmatismo e intelligenza uno dei momenti più tormentati della storia della Chiesa.
Intervista impossibile di Monsignor Vito Angiuli al Santo
Durante il tuo pontificato affrontasti i barbari Attila e Genserico senza armi, ma con la sola forza della fede e della parola. Come possiamo, oggi, difendere la pace tra le nazioni da pellegrini disarmati, senza cedere alla paura?
Certo, la situazione che vivete oggi è molto differente rispetto a quella che ho vissuto io: i sociologi e analisti vostri contemporanei parlano di una società complessa e di una policrisi che attraversa il vostro mondo. Tuttavia, ci sono delle possibilità per essere «persone che portano pace» in maniera disarmata. Innanzitutto, facendo riferimento non solo alla forza della fede, ma anche alla forza della ragione, quindi del diritto internazionale e di quello umanitario. E poi perché tutto questo ci fa capire che si è di fronte a una società con il pericolo atomico e dunque qualsiasi tipo di guerra è certamente assurda. Poi, bisogna certamente che teniate conto anche di quello che Papa Francesco ha ricordato più volte e scritto in una delle sue encicliche, ovvero la necessità di sviluppare l’amicizia sociale, e non soltanto l’amicizia tra gli Stati, ma anche quella tra i popoli. È un invito che faccio anche mio. Infine, è necessario che tutte le religioni, ciascuna con la sua tradizione, si impegnino in uno sforzo comune: perché la religione, qualsiasi tipo di religione, è sempre portatrice di pace.
In tempi di carestia e di timore, conciliasti un’intensa attività di predicazione con la carità verso il popolo di Roma. Quali indicazioni pratiche ci offri per coniugare concretamente annuncio e servizio nella vita pubblica?
So che quella in cui vi trovate a vivere è una società che per molti versi troppo individualista; quindi, attraversa anche una forma di declino di quello che è il sentimento comunitario del bene comune. E allora, in questo contesto bisogna prendere sul serio quello che molti pontefici del vostro tempo già a partire da San Giovanni Paolo II hanno definito come «necessità di una nuova evangelizzazione». Bisogna insomma che la Chiesa prenda questo compito perché la situazione vostra contemporanea richiede un nuovo annuncio del Vangelo. Inoltre, come ha detto più volte anche Papa Francesco, bisogna avere attenzione a quella che il pontefice ha chiamato la «casa comune», intendendo riferirsi non soltanto all’ambiente, ma anche alla situazione sociale, quella della gente, dei poveri. Dunque, è necessario che ci sia uno sforzo comune in questo senso: anche Papa Leone XIV sta per pubblicare l’esortazione apostolica “Dilexi te” sulla questione della povertà. Sarebbe opportuno leggerla, come anche rileggere la “Sollicitudo rei socialis” di San Giovanni Paolo II, o la “Caritas in veritate” di Benedetto XVI. Credo che i miei successori abbiano dato diverse indicazioni, molto utili per riportare il Vangelo al centro e farlo ascoltare dagli uomini del vostro tempo.
Da pontefice promuovesti la comunione tra le Chiese locali. Cosa ci suggerisci oggi per custodire un equilibrio fecondo tra unità e autonomie nel cammino ecclesiale?
Avete appena celebrato un sinodo che ha contenuto indicazioni molto precise: ad esempio la necessità di una ripresa del tema della comunione. D’altra parte, ci sono due documenti importanti che sono stati pubblicati successivamente, come il documento a firma del Dicastero per la dottrina della fede sulla nozione di comunione. Poi soprattutto, a vent’anni dal Concilio, il segno che pone appunto il tema della comunione come uno degli elementi fondamentali di tutta la riflessione conciliare. Ora, questa comunione bisogna viverla a tre livelli: innanzitutto con un dialogo intra ecclesiale nella Chiesa cattolica, poi con un dialogo ecumenico con le altre Chiese e infine con un dialogo interreligioso.
Sei stato il primo papa di cui è stata conservata e trasmessa la predicazione. Come possiamo riscoprire quotidianamente la Parola di Dio, proclamata e meditata, come luce e guida per la vita? Quali accorgimenti consiglieresti in particolare ai giovani?
Intanto sarebbe opportuno che i sacerdoti o comunque i predicatori facessero tesoro di quanto Papa Francesco ha scritto nella sua “Evangelii gaudium”, esprimendo questioni molto concrete a proposito dell’omelia. Perché è evidente che ci siano molte forme per annunciare la parola di Dio, però più efficace e comunque compresa all’interno della liturgia è l’omelia. Quindi, oltre alla catechesi e alle modalità di utilizzo di altri strumenti di comunicazione sociale, è necessario proprio mantenere vivo il contatto con le persone attraverso l’omelia. Consiglierei ai predicatori di far tesoro di quelle indicazioni, utilizzandole anche a beneficio dei giovani. Poi, consiglierei ai giovani di praticare l’esercizio del silenzio: fare un po’ di silenzio nella loro vita e come diceva Sant’Agostino «rientrare un po’ in sé stessi», perché Dio parla certo attraverso la Parola ma anche attraverso quello che suggerisce all’interno di ciascuno di noi. Sarebbe bello e interessante che i giovani – frastornati da tanti rumori, tanti mezzi di comunicazione e continui messaggi – imparassero innanzitutto attraverso il silenzio a sentire la voce di Dio che parla dentro di loro. Consiglierei loro anche un dialogo con un sacerdote, un direttore spirituale, un amico più grande, un educatore, perché è necessario non soltanto guardare dentro di sé ma anche avere un colloquio con qualcuno che dall’esterno ci aiuti a discernere la Parola di Dio. Infine, sarebbe un utile esercizio che i giovani siano magari guidati da qualche catechista a vivere insieme come gruppo. Nel vostro tempo si percepisce una sorta di afonia rispetto al dialogo intergenerazionale, i ragazzi li vedo chini sul loro telefonino ma è assolutamente necessario che si esprimano, parlino, comunichino all’interno della loro comunità di riferimento.
Segni Iconografici distintivi
È ritratto con gli abiti pontificali, indossando il triregno, il mantello e la tiara papale, e reggendo la croce astile. Spesso tiene in mano un libro, a simboleggiare il suo ruolo di grande teologo e maestro della Chiesa, oppure è rappresentato accanto alla colomba dello Spirito Santo, segno della sua ispirazione divina e della guida dello Spirito nella sua azione pastorale.
Tradizione gastronomica legata al culto
Strano a dirsi, ma l’abitudine gastronomica legata a Leone Magno non riguardava tanto il cibo materiale quanto la disciplina dello spirito. Egli parlava di un «vero digiuno» che andava ben oltre l’astensione dal mangiare: secondo Leone Magno, il digiuno autentico consisteva nel rinunciare all’ingiustizia, evitare la calunnia e astenersi dalla maldicenza. In questo senso, il santo insegnava che il digiuno non era solo un sacrificio corporeo, ma un esercizio di giustizia, rettitudine e purezza interiore, volto a purificare il cuore e ad avvicinarlo a Dio.
Curiosità
Una curiosa leggenda, poi resa celebre dall’artista Raffaello Sanzio, narra che durante l’incontro con Attila, il terribile re degli Unni, Leone Magno apparve così potente e risoluto che il condottiero percepì dietro di lui gli apostoli Pietro e Paolo, armati di spade sguainate, pronti a difendere Roma. Questo episodio, più simbolico che storico, sottolinea la grande autorità morale e spirituale di Leone Magno e la protezione divina attribuita alla città eterna.
Preghiere a San Leone Magno
O San Leone Magno,
che hai difeso la vera dottrina e guidato la Chiesa con saggezza e coraggio,
intercedi per noi presso il Signore.
Fa’ che la luce della fede non si affievolisca nei nostri cuori,
ma resti viva e operante nelle nostre vite,
guidandoci nelle scelte quotidiane e nell’impegno verso gli altri,
per la gloria di Dio e il bene della comunità.
Amen.
(di Autore Anonimo)
O glorioso San Leone Magno,
tu che hai guidato la Chiesa con saggezza e coraggio,
volgi su di noi il tuo sguardo benevolo e ascolta le nostre preghiere.
Aiutaci ad aprire il cuore alla tua intercessione,
e ottieni da Dio per noi le grazie che ci guidano nel cammino della fede e nella vita quotidiana.
Tu che hai predicato l’unità e il valore di ogni cristiano,
insegnaci a diventare “pietre vive”
che costruiscono insieme la Chiesa e rendono il mondo più giusto e solidale.
Amen.
(di Autore Anonimo)
Fonti
- I santi del giorno ci insegnano a vivere e a morire, Luigi Luzi, Shalom Editrice.
- Il grande libro dei santi, dizionario enciclopedico diretto da C. Leonardi, A. Riccardi, G. Zarri, San Paolo Editore.
- I santi secondo il calendario, prefazione di Gianfranco Ravasi, edizioni Corriere della Sera.
- Martiri e santi del calendario romano, Enrico Pepe, Edizioni Città Nuova.
- I Santi nella Storia. Tremila testimoni del Vangelo, San Paolo Editore.