A Chiaromonte, insieme per ritrovare l’armonia
Nel Centro per la cura dei disturbi del comportamento alimentare e del peso “Giovanni Gioia”, a Chiaromonte (PZ), da 18 anni offre il suo servizio anche don Enzo Appella, sacerdote della diocesi di Tursi-Lagonegro, che con le proprie competenze teologiche e filosofiche - e con una grande passione pastorale - contribuisce al percorso di guarigione dei pazienti del Centro.
Ha appena 12 anni la più giovane paziente del Centro per la cura dei disturbi del comportamento alimentare e del peso “Giovanni Gioia”, a Chiaromonte (PZ). Attivo dal 2006, si tratta del secondo Centro pubblico di questo tipo e accoglie – in maniera totalmente gratuita – pazienti che arrivano da tutta Italia, ma in particolar modo dalle regioni vicine, come Calabria, Campania, Molise e dalle isole.
Arrivano qui persone che rifiutano il cibo, oppure si abbuffano e poi vomitano, spezzettano le pietanze in parti piccolissime. Eppure qui riescono a recuperare un rapporto sano con il cibo e, soprattutto, con il proprio corpo grazie a un «approccio multidisciplinare integrato, come raccomandano le linee guida del Ministero della Salute», come illustra la responsabile Rosa Trabace, psicologa e psicoterapeuta sistemico relazionale.
I giovani pazienti – in particolare donne ma anche uomini, pochissimi gli adulti – sono seguiti, infatti, non soltanto da «medico internista, pediatra, nutrizionista, psichiatra, psicologo, neuropsichiatra infantile – spiega la responsabile –, ma per l’aspetto di gestione integrata c’è una varietà di professionisti quali educatori professionali e operatori di attività diverse da quelle sanitarie, quali ippoterapia, art therapy, massaggio shiatsu, gruppi olistici di condivisione e supporto ai pazienti…». Il Centro Gioia è, in sintesi, «uno spazio di cura, alternativo all’ospedale, dove ragazze e ragazzi possono vivere un’esperienza di terapia psico-nutrizionale intensiva, accompagnata da un’esperienza di vita ricca e accogliente». Dispone di 20 posti letto in regime residenziale e di 10 posti letto in regime semiresidenziale. Per chi dorme in struttura, le camere sono doppie e ci sono ampi spazi di convivenza, per garantire lo scambio e la conoscenza reciproca. «Rappresenta il proseguimento terapeutico in ambiente protetto di una degenza ospedaliera o l’alternativa al ricovero stesso», sottolinea Trabace.
Il percorso è «integrato – spiega ancora la psicoterapeuta – perché noi mettiamo il paziente al primo posto. Il rifiuto del cibo non è che la punta di un iceberg, la manifestazione visibile di una grande montagna sottostante. Coinvolgiamo anche le famiglie e non nascondo che si tratta di un processo faticoso… Ma i numeri ci danno ragione». Al Centro Gioia si sta al massimo cinque mesi e si esce, il più delle volte, guariti. «Le statistiche ministeriali ci dicono che quanto più è precoce la presa in carico, tanto più che c’è probabilità di guarigione e remissione – osserva la responsabile –. Quando ci giungono pazienti con anni di malattia alle spalle, il percorso è più difficile, ma già mantenere in vita una persona significa aver raggiunto un obiettivo».
Tra i vari professionisti che si prendono cura delle pazienti, c’è perfino un sacerdote: don Enzo Appella.
«Durante la settimana vivo a Napoli, a Posillipo, e insegno Pentateuco al Seminario Interregionale Campano – spiega –, ma durante il fine settimana sono sempre a Chiaromonte, ormai da diciotto anni». Don Enzo c’era fin dagli inizi. «In quel periodo non si parlava molto di problematiche come l’anoressia o altri disturbi dell’alimentazione – ricorda –. Tra i primi pazienti c’erano sia uomini che donne e molti erano adulti e anche titolati. Abbiamo avuto un’oncologa, ad esempio. Oggi l’età di accesso è drammaticamente più bassa».
Ma cosa fa, esattamente, al Centro Gioia, don Appella? «Non sono un cappellano – dice – ma una sorta di consulente teologico e filosofico per supportare le persone che si trovano qui». Don Enzo non si presenta «vestito da prete», perché tra i pazienti ci sono persone atee o di altre fedi religiose. Con tutti, però, cerca il dialogo. «Facciamo colloqui di gruppo e poi c’è chi viene a chiedere anche colloqui privati – racconta –. Durante i miei incontri, non parto mai direttamente dal Vangelo, ma dalla filosofia, per arrivare a parlare del corpo, del rapporto tra corpo e anima, dell’amore». Chi ha l’anoressia «ha difficoltà a parlare di sentimenti – evidenzia il sacerdote –, perché spesso sono tutto cervello, tutto calcolo. Ma in questi incontri si lasciano andare. Fa tutto parte del percorso di guarigione». Si guarisce nello spirito e poi anche nel corpo. «Alla fine del percorso facciamo sempre una piccola festa in cui ci sono anche dei regali e capita che molti pazienti mi scrivano dei biglietti. Li conservo ancora tutti».
L’accesso al Centro Gioia avviene liberamente e volontariamente, con una richiesta di aiuto effettuata al numero 80016131515, attivo tutti i giorni dalle 9 alle 12 e il martedì anche pomeriggio dalle 15 alle 18; escluso il sabato.
(di Giulia Rocchi – foto gentilmente concesse da Rosa Trabace)