A Milano Bicocca, dove la conoscenza genera inclusione
Don Antonio Fico, parroco della Comunità Pastorale Agnus Dei alla Bicocca, nell’omonimo quartiere della periferia nord di Milano, ci spiega il senso di “Dimbaleh Nyu”, il progetto di inclusione ospitato dall’oratorio di San Giovanni Battista. Una cinquantina i volontari coinvolti, per aiutare i minori non accompagnati arrivati a Milano ad inserirsi bene nella cultura di chi li sta accogliendo.
“La relazione abbatte le differenze e i pregiudizi”. Così don Antonio Fico, parroco della Comunità Pastorale Agnus Dei alla Bicocca, nell’omonimo quartiere della periferia nord di Milano, spiega il senso di Dimbaleh Nyu, il progetto di inclusione ospitato dall’oratorio di San Giovanni Battista alla Bicocca, uno dei due che compone l’unità pastorale. “È un percorso nato grazie alla pastorale giovanile – ricorda il sacerdote, in carica dal 2021 –: in quel contesto era stato chiesto se ci fosse qualche oratorio disposto ad accogliere i minori stranieri non accompagnati. Era una situazione critica perché le comunità erano già tutte piene e questi ragazzi erano ospitati in strutture per adulti, dove per la loro natura non ci sono progetti”. “Quando ce l’hanno proposto – aggiunge il sacerdote che precedentemente era stato in una parrocchia del centro di Milano nel quartiere di Porta Romana – con la direttrice dell’oratorio e la Caritas parrocchiale ci siamo chiesti se fossimo in grado di sostenere questo percorso”.
Un cammino, il cui nome Dimbaleh Nyu, in lingua wolof, una delle più diffuse dell’Africa Occidentale significa “aiutiamoci insieme”, iniziato in fase sperimentale nella primavera del 2024. “Abbiamo cominciato totalmente da zero, con le nostre forze – dice il parroco –; pian piano, con il tempo, ci siamo resi conto delle esigenze e delle professionalità specifiche legate a questa esperienza. Adesso lavoriamo con Farsi Prossimo, cooperativa sociale promossa dalla Caritas ambrosiana, con una coordinatrice, Marta, un mediatore culturale, oltre a una cinquantina di volontari che danno una mano e che ogni giorno realizzano le attività”.
Un progetto che ha subito coinvolto l’intera comunità, non solo chi è impegnato in prima persona. “Alcuni dei ragazzi che stanno camminando con noi – riprende il parroco – hanno partecipato come volontari all’oratorio estivo, hanno organizzato momenti come la cena etnica, li abbiamo portati con noi in montagna, poi molti di loro si propongono per dare una mano, ad esempio per riordinare gli spazi. Sono attività che consentono di far vivere gli oratori anche al mattino quando, a parte qualche attività, sono vuoti”.
Tra i motori del progetto ci sono Silvia e suo marito Carlo. “Quest’anno come volontari ci siamo impegnati per una volta a settimana – raccontano i due, entrambi pensionati – e quando abbiamo cominciato nella fase pilota andavamo in oratorio tutti i giorni, mentre nella scorsa edizione davamo una mano un paio di mattine”. Un impegno differente dagli altri che si possono prendere in oratorio e che sta insegnando molto sia a Silvia che a Carlo. “A me – dice la donna – ha dato la possibilità di sperimentare un vissuto di fraternità più vero”.
“È un’esperienza che non abbraccia solo noi – aggiunge Carlo – e che mi ha dato la possibilità di avere una conoscenza vera di una questione, quella delle migrazioni, di cui spesso ci vengono presentati solo alcuni aspetti preoccupanti. Invece qui abbiamo l’opportunità fare qualcosa che non sia autoreferenziale ma aperto al mondo”.
La proposta ai minori non accompagnati è varia. “Proponiamo dei laboratori – racconta Silvia – che sono pensati per insegnare qualcosa che possa servire ai ragazzi per il loro futuro e dove cerchiamo di sfruttare le conoscenze e le competenze dei volontari. Sono molto diversi tra loro, sia per età che per formazione, con una presenza anche di non credenti. Il lunedì, ad esempio, abbiamo un laboratorio di falegnameria e per fare l’elettricista; il mercoledì abbiamo un corso di teatro e c’è anche un laboratorio di cucina, molto amato dai ragazzi. In più abbiamo organizzato dei laboratori ludici, dove i ragazzi possano giocare, soprattutto a calcio. Ogni giorno, poi, c’è il corso d’italiano”. Tanti laboratori e attività a cui i minori, provenienti dall’Africa centro-settentrionale (in primis l’Egitto) e dall’Europa dell’Est, rispondono in maniera differente. “A volte capiamo che per alcuni ragazzi quello che facciamo può sembrare inutile – dice Carlo – ma in alcuni casi l’adesione è entusiasta”. “Abbiamo un numero variabile di partecipanti – spiega Silvia –: una volta possiamo essere in quattro e la volta dopo in trenta, anche se la media di presenze è intorno alle venticinque persone e dipende anche dalle comunità da cui i ragazzi provengono”.
Dimbaleh Nyu è un progetto unico nell’arcidiocesi di Milano. “Speriamo che la nostra esperienza – conclude don Antonio – possa essere un trampolino di lancio per altre comunità che vogliano provarci. Per ora non ci sono altri esempi ma credo che, con un pacchetto “già pronto”, con alcune professionalità a disposizione, si potrebbe invogliare qualche parroco a cominciare questo cammino”. Che a Milano Bicocca ha portato a capire che solo la conoscenza e l’esperienza possono battere i pregiudizi.
(di Roberto Brambilla – foto gentilmente concesse da don Antonio Fico)