A Rozzano, per mettere KO l’emarginazione
"Un Gancio da Dio" è il progetto della pastorale giovanile di Rozzano, comune di circa 40mila abitanti alla periferia di Milano, in cui la boxe diventa strumento educativo e di inclusione sociale. Dietro quest'idea ci sono le energie di molte persone e la regia di un giovane sacerdote con una grande passione: don Luigi Scarlino.
“Ormai mancano solo alcuni dettagli burocratici da rifinire, ma siamo pronti per partire”. Così don Luigi Scarlino, 43 anni, leccese di origine ma ormai lombardo d’adozione, parla di “Un Gancio da Dio”, il progetto della pastorale giovanile di Rozzano, comune di circa 40mila abitanti alla periferia di Milano, in cui la boxe diventa strumento educativo e di inclusione sociale. Lì, don Luigi è arrivato nel 2020 dopo un percorso di vita particolare. “Nel 2009 – racconta il sacerdote della chiesa di Sant’Angelo – mi sono trasferito a Monza per insegnare religione. Dopo aver girato varie scuole ho deciso di intraprendere il cammino per diventare sacerdote, sono stato ordinato nel 2020 e mi hanno assegnato a Rozzano”.
Alle porte di Milano, nell’unico comune del Nord Italia a essere inserito all’interno del cosiddetto “Decreto Caivano bis”, don Luigi si è trovato davanti a una situazione complessa. “Rispetto al Sud – racconta il sacerdote – al Nord c’è la realtà degli oratori che sono fortemente radicati. Rozzano è un contesto umanamente molto bello e ricco, ma con tante disuguaglianze. Una di fianco all’altra troviamo eccellenze, persone che cercano di vivere dignitosamente e situazioni di forte fragilità con grandi rischi di dipendenze, non solo da sostanze e di dispersione scolastica”. All’interno degli sforzi della pastorale giovanile di Rozzano per fronteggiare il rischio di esclusione sociale è nato “Un Gancio da Dio”. “Io non ho mai praticato pugilato – dice don Luigi – ma la passione me l’ha trasmessa mio padre. Con lui da bambino mi alzavo la notte per vedere i grandi match trasmessi dalla TV negli anni Novanta”. “La boxe è l’unico sport menzionato nella Bibbia – prosegue – nella prima Lettera di San Paolo Apostolo ai Corinzi, dove Paolo si paragona a un pugile: c’è un’iscrizione nella Basilica di Sant’Eustorgio a Milano e poi c’è una preghiera attribuita a San Tommaso. Oltretutto noi continuamente attingiamo al linguaggio della boxe anche nella vita quotidiana, “vincere ai punti, ko, mettere al tappeto”.
Oltre alla sua presenza nelle Sacre Scritture e nelle opere dei pensatori cristiani, per don Luigi il pugilato ha soprattutto un grande valore educativo. “È uno sport che ti insegna delle regole – riprende – e anche se può apparire violento, in realtà è una nobile arte. Praticandolo, impari il rispetto verso l’avversario durante e dopo il match. La boxe aiuta a imparare la disciplina e poi sul ring una persona si mette a nudo e non perché combatte solo con i calzoncini. Sul quadrato sei lì con le tue fragilità e per arrivarci devi lavorare anche dentro di te”.
Con questa convinzione don Luigi ha avviato il suo progetto, secondo in Italia solo a quello della chiesa di San Vincenzo al Rione Sanità a Napoli. “In oratorio normalmente ci sono campi da calcio, da basket o da pallavolo – racconta – noi vogliamo metterci un ring e proporre di iniziare con la boxe a ragazzi e ragazze, dalle elementari fino ai giovani”. “Vicino alla palestra – prosegue il sacerdote – creeremo una sala di video lettura, dove si potranno vedere filmati e trovare libri sul pugilato e anche un luogo delle religioni, perché se sali sul ring hai fede, qualunque essa sia, altrimenti non lo fai”. Una proposta sportiva, educativa e culturale che partirà a breve. “La risposta dei ragazzi e delle ragazze è stata molto positiva – spiega don Luigi – c’è voglia di fare qualcosa e di farlo insieme”.
A sostenere l’iniziativa, l’arcidiocesi di Milano, le istituzioni locali, la Federazione Pugilistica Italiana, il Club Pugilistico Rozzano del maestro Antonio Guerra e il Movimento dei Colpitori, dal nome dei guanti usati dai maestri di boxe, fondato da Federica Guglielmini, educatrice, scrittrice e giornalista, insieme a Dome Bulfaro, docente e poeta. “Ho incontrato don Luigi un anno fa – racconta Federica, originaria di Rimini ma che vive ormai da tempo a Milano e che nel capoluogo lombardo ha scoperto in palestra il pugilato –; eravamo a un convegno sulla boxe e dopo i rispettivi interventi ci siamo parlati e l’ho intervistato per la rivista che dirigo. Cercavamo persone come lui che potessero aiutarci a veicolare e a recuperare il messaggio culturale ed educativo della boxe”.
“Storicamente il pugilato è stato presente nell’arte, nel cinema e nella letteratura – aggiunge la scrittrice, la prima in Italia a firmare, insieme a Valentina Perini, un saggio tutto al femminile sulla boxe intitolato “A corta distanza” – in tanti ne hanno scritto, come Ernest Hemingway, tanti ne scrivono come Joyce Carol Oates, come da sempre c’è un legame con la religione. I sacerdoti o i pastori spesso hanno insegnato o fatto praticare questo sport. Il ring si può considerare in senso metaforico un altare ed esiste una devozione, che è quella che ha il pugile nel prepararsi”.
Una disciplina apparentemente violenta in cui, come nell’arte, come sottolinea l’educatrice, “bisogna colpire per lasciare il segno” e che può insegnare molto alle persone, soprattutto ai giovani. “Sul ring come nella vita bisogna essere capaci di fronteggiare le difficoltà – conclude Federica – e le fragilità possono diventare dei punti di forza. Ognuno deve tirare fuori il suo pugile interiore”. Un insegnamento che don Luigi e un “Gancio da Dio” provano a trasmettere a Rozzano, dove le fragilità spesso sono nascoste.
(di Roberto Brambilla)