10 Giugno 2022

Imparare a dire grazie dai poveri del mondo

Vi proponiamo una bella intervista ad un parroco modenese, già missionario fidei donum nelle Filippine, che ha portato anche nella sua attuale comunità (e in quella diocesana di Modena-Nonantola e Carpi) il respiro di una attenzione agli ultimi autenticamente ecumenica.

Classe 1974, dal 2019 don Graziano Gavioli è assistente ecclesiastico per la Fondazione Migrantes delle diocesi di Modena-Nonantola e Carpi e dal 9 novembre dello stesso anno parroco presso San Giovanni Evangelista, a Modena, dopo un’esperienza missionaria nelle Filippine come sacerdote fidei donum.
Parroco di frontiera oppure parroco che abbatte le frontiere?
Di solito mi presento dicendo di essere un asino. La cosa bella è che ne sono convinto. Gesù preferiva gli asini ai cavalli, perciò mi sento molto fortunato. Più gli anni passano e più i miei limiti mi appaiono enormi. Per la nostra cultura, però, l’immagine metaforica dell’asino evoca anche chi ama scherzare, oppure chi sopporta fatiche e sacrifici. Uno stile di vita che sento anche mio.
Quali sono i valori e le esperienze che motivano la sua scelta?
Se la scelta indica l’essere presbitero, questo è uno scherzo del Signore: io volevo solo spendere la mia vita per la scelta più bella e appassionante, ma non mi sarei mai sognato di diventare prete. Se invece si riferisce allo stare vicino ai migranti o ai vulnerabili della società, devo ammettere di avere accumulato un gran debito verso queste persone: mi hanno insegnato tanto sulla vita e su Dio, oltre ad avermi accolto e amato innumerevoli volte. Se poi la scelta si riferisce alla missione nelle Filippine, ho semplicemente capito negli anni che questa gente è la mia famiglia.
In che modo gli studi hanno favorito il suo percorso?
Gli studi ecumenici a Venezia mi hanno letteralmente aperto nuovi mondi attraverso l’incontro con persone appartenenti ad altre culture e ad altre confessioni cristiane sinceramente al servizio della comunione tra le Chiese. L’approfondimento teologico in un clima di autentico ascolto e dialogo, la costante attenzione alla vita cristiana pratica associata al servizio come parroco condotto, la consapevolezza che le vere sfide della cristianità non si riducono ai problemi di una piccola parrocchia e l’intuizione di provare a far entrare principi e metodi dell’ecumenismo nella pastorale ordinaria di una parrocchia sono stati decisivi nella mia formazione di uomo e di ministro. Mi riferisco ai valori dell’ospitalità, del considerare le diversità come ricchezza e risorsa per il rinnovamento, della disponibilità ad apprendere l’arte del dialogare e del coltivare la comunione con le alterità.
Le sue esperienze all’estero la hanno rafforzata in questa sua convinzione?
Nei diversi viaggi ho sperimentato che il mondo è molto più grande e ricco di quanto immaginiamo e che ce ne accorgiamo solo se entriamo con la calma necessaria, in punta di piedi, nella vita di chi proviene da altre culture e porta storie diverse dalla nostra. Noi siamo un granello di polvere e le nostre convinzioni una semplice tessera di un grande mosaico. Abbiamo bisogno di allargare i nostri orizzonti di vita e di fede, abbiamo bisogno di conoscere l’amore di Dio e di crescere come persone. Possiamo farlo solo scegliendo di camminare insieme ad altri popoli. Da soli saremmo destinati ad esaurirci e seccare. Tondo (Manila) in particolare mi ha insegnato che, qualsiasi cosa mi accada, ogni giorno ho comunque un motivo per sorridere e per ringraziare Dio: così ho visto fare migliaia di famiglie che vivono nella grande discarica.
Che cosa rappresenta il territorio oggi: una realtà avulsa oppure il contesto all’interno del quale porsi come soggetto di riferimento e di dialogo?
Il territorio è il luogo concreto nel quale nel presente possiamo vivere delle relazioni. La vera ricchezza di un territorio (il tesoro nascosto nel campo, direbbe il Vangelo!) sono le persone che lo abitano o che lo attraversano: sono loro che ci offrono gli stimoli per dare il meglio di noi stessi e per rinnovarci come persone e come credenti. Le persone ci possono dare preoccupazioni o a volte possono anche incuterci paura, ma quasi sempre ci svelano, fosse anche per contrasto, che il segreto e la bellezza del vivere è l’amore. Direi che la coesione sociale sia di vitale importanza per tutti, a partire dalla Chiesa, che oggi ha sempre più bisogno di uscire verso le periferie per dedicarsi ai più sofferenti e marginali facendo leva sulla disponibilità a stare accanto alle persone, specialmente agli ultimi, come compagni di viaggio; sull’amore gratuito, onesto e fedele, così come lo ha insegnato Gesù stesso; sull’ospitalità, che ritengo essere oggi la coniugazione più attuale ed universale della carità; sulla Parola di Dio, della quale abbiamo tutti, consapevoli o meno, una gran sete. Con la costituzione del nuovo consiglio pastorale stiamo consolidando i progetti già avviati e ci stiamo interrogando sull’identità e la missione specifica della nostra parrocchia oggi nel quartiere. Colgo dalle persone il forte desiderio di collaborare insieme.
Quali sono i progetti che vedono e vedranno impegnata la sua comunità parrocchiale?
Legate al centro di ascolto Caritas hanno preso avvio la scuola di italiano per migranti, uno spazio informale di socializzazione e mutuo aiuto per donne, un guardaroba per la distribuzione di abiti alle famiglie indigenti, un progetto di condivisione del pasto con nuclei familiari del territorio particolarmente fragili e isolati. Sono nati anche percorsi di catechesi per gli adulti e di preparazione dei fidanzati al matrimonio.
E quelli, a medio e lungo termine, sui quali si sta sviluppando l’attività di Migrantes interdiocesana?
Come Ufficio interdiocesano stiamo lavorando per sviluppare una pastorale integrale, integrata e interculturale rivolta ai diversi ambiti della mobilità umana: le comunità migranti cattoliche e non, i profughi, i nomadi (Rom, Sinti, spettacolo viaggiante) e il rapporto di tutte queste realtà con le parrocchie del territorio. Se devo elencare i progetti principali annoveriamo: la Giornata mondiale del migrante e del rifugiato, l’Epifania dei popoli, collaborazioni al Festival della migrazione, l’avvio di un tavolo di lavoro congiunto Caritas-Migrantes per l’assistenza e la cura pastorale di sinti e rom, la mappatura dei campi nomadi nel territorio delle due diocesi di Modena-Nonantola e Carpi, il coordinamento e l’assistenza ai cappellani delle comunità migranti, il supporto nell’integrazione tra la pastorale delle comunità migranti e la pastorale parrocchiale; il supporto nell’avvio di gruppi sinodali tra le comunità di migranti, tra i campi sinti, tra le vittime della tratta e i profughi; la veglia di preghiera per le vittime delle migrazioni attraverso il Mediterraneo e la veglia di preghiera per la pace in Europa.

(di Graziella Bertani – da “Nostro Tempo” del 27 febbraio 2022 – foto: http://dongrazianogavioli.blogspot.com/)

10 Giugno 2022
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