22 Luglio 2025

A Trani la fragilità si può abitare, anche in famiglia

L’arcidiocesi di Trani – Barletta – Bisceglie non ha messo la testa sotto la sabbia di fronte alle numerosissime situazioni di irregolarità matrimoniale che sempre più spesso incrociano la vita delle nostre comunità. Ecco le testimonianze dei sacerdoti maggiormente impegnati in questa opera di accoglienza pastorale e di alcuni laici che lavorano con loro o che hanno seguito l’iter di discernimento pastorale e giudiziale.

«Siamo Gino e Antonella, una coppia di Corato, entrambi con un matrimonio religioso alle spalle e un divorzio civile. Nel 2017 ci siamo risposati civilmente ma più cresceva la nostra fede, più aumentava anche il disagio di non poterci accostare alla comunione eucaristica. Don Sergio, il nostro parroco, ci ha consigliato un percorso tenuto da don Giuseppe Lobascio e così, dopo due anni di incontri, a Natale del 2019 abbiamo fatto la nostra “seconda Comunione” (ci piace chiamarla così). Oggi siamo attivi nella nostra comunità, siamo lettori, frequentiamo assiduamente il gruppo famiglie e siamo impegnati anche coi genitori dei ragazzi della Prima Comunione. Quello che ci sembrava impossibile è accaduto e in parrocchia abbiamo trovato una nuova famiglia. Per questo cerchiamo di testimoniare la nostra esperienza: il perdono di Dio non conosce confini e vivere nella sua grazia è il miracolo più grande».

Un cammino decennale

«La testimonianza di questa coppia “irregolare” – commenta don Vincenzo Bovino, parroco di Santa Maria Greca in Corato – è la conferma di come la grazia di Dio continui ad operare anche in una seconda unione, anche quando non è possibile ottenere la nullità matrimoniale. Le nostre comunità dovrebbero imparare ad integrare le coppie “imperfette”, con pazienza e amore, nella consapevolezza di poter realizzare il Regno di Dio anche grazie alla loro presenza. E i frutti della comunione prima o poi si vedono».

L’arcidiocesi di Trani – Barletta – Bisceglie ha delineato un percorso per fedeli che vivono situazioni di fragilità matrimoniale, di crisi o irregolarità. O semplicemente che, sentendosi smarriti o in un vicolo cieco, faticano a intraprendere un cammino di amicizia con Dio Padre. Questo itinerario è caratterizzato da sei parole chiave: accoglienza, ascolto, discernimento, accompagnamento, formazione e integrazione. Iniziato nel 2016 dall’allora arcivescovo Giovan Battista Pichierri il progetto oggi si è consolidato, con la collaborazione della pastorale familiare, e rende questa diocesi pugliese un modello a livello nazionale sul tema della separazione o nullità matrimoniale.

Dopo il motu proprio Mitis Iudex di Papa Francesco, la diocesi ha pubblicato un Regolamento e il volume Accompagnamento e discernimento pastorale e giuridico. Linee guida circa le situazioni di fragilità matrimoniale (a cura di don Emanuele Tupputi, Rotas Edizioni, 2024), completando così il Vademecum del 2019. Nel sito della diocesi ci sono tutte le informazioni necessarie.

«La volontà dell’arcivescovo Pichierri – spiega il responsabile del servizio diocesano, don Emanuele Tupputi, classe 1978, vicario giudiziale e giudice – nasceva dalla riforma del processo canonico entrata in vigore l’8 dicembre del 2015 e in seguito alla pubblicazione del libro per il Primo Sinodo diocesano, oltre che alla divulgazione dell’esortazione apostolica Amoris Laetitia di Papa Francesco. La nostra equipe è composta da 8 membri, tra cui 6 sacerdoti (4 parroci), un avvocato canonista e una donna medico, presidente di un consultorio familiare d’ispirazione cristiana. Due dei parroci sono anche giudici nel Tribunale Ecclesiastico pugliese interdiocesano. Finora abbiamo aiutato tante coppie a uscire da situazioni di stallo e a far rinascere in loro la fiducia per nuove unioni in grazia di Dio. Alcune testimonianze sono state rese pubbliche sul periodico diocesano In Comunione

Ogni volto una storia

Come quella di Antonio, commerciante di Barletta. «Mi ero sposato – racconta – a soli 27 anni, dopo 8 anni di fidanzamento, ed è nata subito una figlia. Nel 1994, dopo la crisi matrimoniale è seguita la separazione. Nonostante tutto, ho continuato il mio cammino di fede partecipando alla Messa, pur non potendo accostarmi alla comunione eucaristica (per 30 anni non l’ho potuta ricevere). La paura, la vergogna, il pregiudizio della gente pesavano come un macigno. All’epoca ero seguito spiritualmente da un sacerdote della mia diocesi (don Luigi Spadaro) scomparso nell’agosto del 2006. A lui devo la gioia di sentirmi semplicemente amato da Gesù, e dopo la sua morte, pur continuando il mio cammino di fede, mi sono sentito solo. Ho confidato in Dio ed Egli ha ascoltato la mia preghiera. Nel settembre del 2014 ho avuto modo di avvicinarmi al nuovo parroco, don Giuseppe Cavaliere di San Nicola in Barletta. Mi sono sentito a mio agio e a lui ho raccontato la mia storia, ricevendo attenzione, ascolto, comprensione e tenerezza. Nel frattempo, con la mia attuale moglie, con la quale mi sono sposato civilmente, ci siamo inseriti nel Gruppo Famiglie della Parrocchia, abbiamo cominciato a partecipare attivamente alla vita di comunità fino ad accogliere con tremore ed emozione la proposta da parte di don Giuseppe di offrire la nostra esperienza di fede all’interno di questo gruppo famiglia nell’equipe di catechismo. Questa esperienza, che dura ancora oggi, ci ha uniti ulteriormente e soprattutto ci ha permesso di approfondire molti aspetti della nostra fede. Da qui l’idea e la possibilità maturata di riprendere l’iter di nullità del precedente matrimonio, intrapreso e poi interrotto per diverse circostanze personali ed economiche. Sentivo in coscienza il desiderio di fare chiarezza in me, davanti a Dio e alla Chiesa, circa la mia precedente situazione matrimoniale. Tengo a dire, inoltre, che i rapporti con la mia ex moglie in questi anni sono sempre stati sereni e improntati al rispetto e alla comprensione reciproca. Insieme abbiamo collaborato nell’educazione e nella crescita di nostra figlia Cristina. La gioia più grande che insieme abbiamo vissuto è stato il giorno del suo matrimonio. L’iter si è concluso nel 2022 in modo favorevole, avendo il Tribunale Ecclesiastico interdiocesano pugliese dichiarato nullo il mio precedente matrimonio. Questo mi ha permesso di sposarmi in chiesa con la mia attuale moglie. Grazie al vescovo Leonardo D’Ascenzo che mi ha incoraggiato a non perdere la speranza, indirizzandomi al Servizio diocesano, e a vivere il Vangelo della famiglia con “realismo evangelico”».

«Il 90% dei matrimoni dichiarati nulli – aggiunge don Emanuele – registrano immaturità psicoaffettiva, analizzando il percorso familiare, sociale, le relazioni e la mancanza del discernimento necessario a realizzare la vocazione al matrimonio. Il nostro servizio è un Osservatorio permanente che individua le criticità anche in vista di una preparazione più impegnativa alla vita matrimoniale. Il clero poi dovrebbe essere compatto, informare e spingere alla conoscenza di come funziona il servizio che offriamo, attraverso tutti i canali, social, mensile diocesano, bollettini parrocchiali, pieghevoli e sussidi, recepire le nuove istanze senza reticenza».

Don Vincenzo Giannico, classe 1991, parroco di Santa Maria Delle Grazie a Trani e membro di questa equipe, precisa: «Occorre innanzitutto ascoltare le storie di chi si presenta a noi senza pregiudizi. Rivivere il dolore non è facile: meglio non fare domande e lasciar parlare il cuore: chi si sente discriminato, sotto accusa, giudicato, potrebbe allontanarsi per sempre. Poi esistono casi molto complessi con più matrimoni falliti. Quando non ci sono le condizioni per la nullità, confidiamo nella via della carità, un accompagnamento per cercare di riconoscere i vuoti creatisi nelle relazioni, per rileggere i vissuti e le relazioni alla luce della fede, anche attraverso la devozione mariana a Maria che scioglie i nodi. Siamo ancora mosche bianche ad attuare questo percorso, per la casistica sterminata di coppie in crisi».

Pasquale Sciscioli, carabiniere originario di Corato, si era sposato nel 1997 in provincia di Lecco, dove viveva. Con la moglie frequentava la parrocchia, tanto da consacrarsi al Cuore Immacolato di Maria. «Eravamo felici – racconta -. Poi lei si è innamorata di un collega e nel 2012 ci siamo separati. Ho chiesto il trasferimento in Puglia e sono andato a vivere in una villetta di campagna, riprendendo a frequentare vecchie amicizie e conoscendo Maria Teresa. Ho continuato ad accostarmi ai sacramenti fino al divorzio. Nel 2013 abbiamo deciso di convivere e, incontrando don Peppino Lobascio e don Vincenzo Di Gregorio, è iniziato il nostro percorso pastorale. Ho ripreso a fare il catechista con Maria Teresa e perfino il ministro straordinario dell’Eucarestia. Non c’erano le condizioni per l’annullamento del precedente matrimonio ma la Messa quotidiana è il nostro nutrimento costante».

«Sono tutte testimonianze – chiosa don Vincenzo Bovino – di una bellezza riconciliata, una vita che, pur segnata da fragilità, ha ritrovato il senso perduto in un cammino di perdono, perché la Chiesa è madre e non smette mai di prendersi cura dei suoi figli. Impariamo a guardare alle storie con occhi nuovi, non per giudicare ma per incontrare. Quando le ferite guariscono, passano rabbia, tristezza, solitudine e livore; proprio le ferite diventano feritoie, attraverso le quali entra la luce di Dio».

(di Sabina Leonetti – foto gentilmente concesse da don Emanuele Tupputi)

22 Luglio 2025
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