8 Gennaio 2024

Dall’Uganda alla Sila, la “medicina” dell’amore

Dalla Calabria una bellissima storia di riscatto e di accoglienza, orchestrata da un parroco e da un missionario che hanno coinvolto un intero paese: un giovane ugandese, accolto a San Pietro Apostolo e sostenuto da tutta la comunità, ha potuto studiare medicina a Catanzaro e si è laureato a dicembre. Adesso tornerà nella sua terra a servire chi ha bisogno delle sue cure.

“Sembrava che tutto fosse già stato scritto”. È contento don Pasqualino Gualtieri, parroco della chiesa di S. Pietro Apostolo, comunità dell’omonimo paese della provincia di Catanzaro, in Calabria, per la laurea in medicina di Lwanga Ssempijja 33enne ugandese, che durante tutto il suo percorso universitario è stato ospitato nel piccolo centro alle pendici della Sila. Un traguardo eccezionale, quello di Lwanga e che è stato possibile grazie al legame che unisce da ormai più di mezzo secolo S. Pietro Apostolo e il Paese dell’Africa orientale. “Dal nostro paese – racconta don Pasqualino- nel 1964 è partito padre Paolino Tomaino, sacerdote comboniano per andare in missione in Uganda”. “II Padre, sostenuto da tanti fedeli, non solo in Calabria – spiega il parroco – ha partecipato alla costruzione di ospedali, case d’accoglienza e scuole. In una di queste ha studiato Agata, la mamma di Lwanga. Quando è cresciuta si è sposata con un uomo che ha dovuto abbandonare il Paese per motivazioni politiche”. Una situazione estrema di difficoltà di cui padre Paolino si è interessato. “Si è preso particolarmente a cuore la situazione – dice don Pasqualino – supportando Agata e la sua famiglia”.

Una realtà, quella ugandese, che il sacerdote di S. Pietro Apostolo ha potuto conoscere direttamente nel 2017. “Ero già parroco da tempo – ricorda don Pasqualino – anche se io ero un po’ titubante all’inizio, padre Paolino insisteva per farmi vedere l’Africa e l’Uganda. Così sono partito insieme a Maria Luisa, la sorella di padre Paolino che vive qui a S. Pietro”.

Durante quelle settimane un momento fondamentale. “Mentre ero con Maria Luisa – racconta il prete calabrese – è entrato un ragazzo che già lavorava con padre Paolino come assistente medico in uno degli ospedali. Conversarono per un po’ e poi lui se ne andò. Chiesi a Maria Luisa di cosa avessero parlato e lei mi rispose che gli aveva espresso il desiderio di diventare medico per aiutare in Uganda e chiedeva se potessimo aiutarlo. Era Lwanga”. La sua richiesta tocca don Pasqualino. “Ero convinto che questo ragazzo andasse aiutato – ricorda il parroco – anche se, inizialmente, non sapevo come fare. Serviva un benefattore e qualcuno che lo sostenesse nel suo percorso”. Poi un’intuizione. “Mio nipote che studia medicina – dice don Gualtieri – mi ha raccontato che all’Università della Magna Græcia a Catanzaro nella facoltà di medicina ci sono 20 posti destinati a studenti provenienti dai Paesi al di fuori dell’Unione Europea, con agevolazioni e aiuti per loro. Così abbiamo cominciato ad avviare le pratiche”. “Per fargli fare il test d’ingresso – aggiunge don Pasqualino – abbiamo dovuto fare un visto breve. È venuto, l’abbiamo ospitato noi e gli abbiamo dato una mano a prepararsi, perché Lwanga all’epoca sapeva quasi solo inglese e il test era in italiano, poi è tornato in Uganda ad aspettare i risultati”.

Lo scoglio, più che la concorrenza degli altri candidati (meno dei posti disponibili) era il raggiungimento del punteggio minimo. “Lwanga – spiega – ci è riuscito per un pelo”. Con quel risultato l’allora 27enne ha cominciato il suo percorso, durato sei anni e durante il quale

la comunità di S. Pietro Apostolo è stata sempre casa sua.

“Maria Luisa e suo marito Pietro Mazza (scomparso nell’agosto 2023 n.d.r.), insieme alla sua famiglia – ricorda don Pasqualino – hanno accolto Lwanga come un figlio, l’hanno sostenuto e aiutato così come i parrocchiani”. “Durante l’estate – prosegue – poi lui è sempre stato con noi, partecipando alle nostre attività, per esempio alla Messa”.

Una lunga strada, quella percorsa da Lwanga, culminata a metà dicembre 2023 con la laurea. “Alla cerimonia c’erano tanti suoi compagni – dice don Gualtieri – ma c’era anche un nutrito gruppo di parrocchiani di S. Pietro Apostolo: il fotografo ci ha detto che non aveva mai visto un gruppo così numeroso”. “Lwanga, che ora è in Uganda per riabbracciare la sua famiglia, è stato bravissimo a non ritardare andando fuori corso, anche perché abbiamo scoperto che ha problemi di udito – prosegue il parroco – e l’abbiamo aiutato anche per questo, ma alla fine il vero regalo ce l’ha fatto lui, facendoci partecipare alla sua storia”.
“Credo che la sua vicenda – conclude il sacerdote calabrese – possa essere d’esempio, perché tanti ragazzi africani come Lwanga spesso sono etichettati in maniera sbagliata”.

(di Roberto Brambilla – foto gentilmente concesse da don Pasqualino Gualtieri)

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