1 Agosto 2025

Don Giorgio nel Ferrarese: 60.000 km l’anno per costruire comunità

Nel ferrarese, don Giorgio Lazzarato è parroco a Ravalle, Porporana, Salvatonica, San Biagio di Bondeno e Settepolesini, per un totale di 1200 abitanti. Classe 1952, origini venete da parte di padre, è un sacerdote davvero sui generis: senza cellulare per scelta, è però disponibile a tutte le ore per andare incontro alle emergenze del territorio.

A volte deve percorrere 25 chilometri solo per comprare i giornali e fare la spesa e il risultato è che il suo eroico furgone, che percorre ogni anno circa 60.000 km, deve fare una revisione ogni sei mesi. Nel ferrarese don Giorgio Lazzarato è parroco a Ravalle, Porporana, Salvatonica, San Biagio di Bondeno e Settepolesini, per un totale di 1200 abitanti. Classe 1952, origini venete da parte di padre, è un sacerdote davvero sui generis: senza cellulare per scelta, è però disponibile a tutte le ore per andare incontro alle emergenze del territorio. Una vita, quella di don Giorgio, spesa fin dal 1986 a servizio della fragilità: persone senza lavoro o che lo hanno perso, immigrati, donne sole o ragazze madri, soggetti con problemi psichiatrici, carcerati. Per questo ha fondato nel 1992 a Salvatonica un’associazione, Accoglienza ODV, che porta incisa già nel nome la propria mission, dal tempo della grande ondata migratoria dall’Albania. Erano sbarcati infatti con oltre 20mila persone nel porto di Bari, con la nave Vlora, undici minori provenienti dall’Albania. «Chiesi al sindaco di Bondeno – racconta don Giorgio – di ospitarne alcuni in una sede a San Biagio. Iniziai quindi a vivere giorno e notte con loro in questa struttura. Poi a Salvatonica organizzai la cucina per loro, e successivamente ho messo a disposizione anche alcune stanze». Uno di questi ragazzi, arrivati trent’anni fa, è Parid Cara, all’epoca quattordicenne: dopo essersi iscritto all’Itis Copernico, iniziò con successo a lavorare e successivamente cercò fortuna anche in politica, candidandosi alle elezioni parlamentari in Albania del 2013. «Da quel momento – prosegue don Giorgio – sempre più persone sono venute a bussare alla mia porta per chiedere aiuto». Già dalla fine degli anni ‘80 il sacerdote organizzava campi per ragazzi da tutta Italia e campi con giovani provenienti da diversi paesi europei.

Un viaggio in sette tappe

Con lui percorriamo nel suo furgone sette tappe di luoghi dell’accoglienza, segnati da storie, ostacoli ma anche di eventi a lieto fine. A Ravalle da poco si è insediato don Christian Vampa, nella chiesa San Filippo e Giacomo riaperta al culto, trasferitosi nella canonica, che darà man forte alle attività di don Giorgio. Sempre a Ravalle, entro fine anno, arriveranno alcune suore del Rwanda per sostenere la pastorale parrocchiale. Tantissima partecipazione a Ravalle poi per un avvenimento che la cittadinanza aspettava da tempo: ha riaperto i battenti la ex casa del popolo di via Martelli, oggi trasformato in circolo Anspi e bar. La riapertura dopo la chiusura covid è stata possibile grazie all’impegno di don Lazzarato e di alcuni residenti che hanno raccolto la volontà espressa dai cittadini di riappropriarsi di un luogo simbolo del forte senso di appartenenza tipico delle frazioni ferraresi. Il nuovo circolo Anspi è dedicato alla memoria di santità di Laura Vincenzi e Carlo Acutis. L’obiettivo è ambizioso ma chiaro: trasformare il bar in un vero centro di aggregazione per Ravalle, un luogo dove promuovere iniziative culturali e sociali come presentazioni di libri, mercatini ed eventi di vario genere. Don Giorgio non nasconde di avere progetti ancora più ampi: l’idea è quella di riaprire anche l’adiacente teatro Venere e gli altri spazi limitrofi al bar, immaginando una vera e propria rinascita dell’intera struttura.

La quarta tappa del nostro tragitto è Porporana, nella chiesa Conversione di S. Paolo, ristrutturata dopo il sisma del 2012, che ospita una struttura d’ispirazione cristiana per tutelare minorenni (dieci i posti disponibili) che non possono né essere rinchiusi in carcere né tornare in famiglia.

E finalmente giungiamo, alla nostra quinta tappa in Salvatonica, nella sede dell’associazione Accoglienza, finanziata col contributo dell’8xmille alla Chiesa cattolica, che ospita una trentina di persone bisognose. Tra i soci ci sono assistenti sociali, avvocati e medici specialisti.

«Ogni ospite in realtà, come membro di questa grande famiglia, si mette a disposizione per aiutare gli altri e spesso si aiutano vicendevolmente come una vera comunità – spiega don Giorgio –. C’è chi gestisce la cucina, turnando fra pranzo e cena, chi distribuisce e organizza la posta, chi accompagna dal medico per le visite; due signore italiane si occupano dell’amministrazione e della segreteria, un’altra delle pulizie. A volte – prosegue il sacerdote – sono loro stessi a venire direttamente da me per chiedermi aiuto, altre volte me li mandano i servizi sociali, non solo di Bondeno ma anche di altri comuni della provincia. Spesso sono stranieri e ci sono, tra gli altri, bulgari, rumeni, afghani, pakistani, africani di diversi Paesi. Molti di loro fanno i rider, altri lavorano in campagna o si arrangiano con altri lavoretti». È molto importante cercare di rendere queste persone in difficoltà il più possibile autonome, in modo che possano rifarsi una vita. Purtroppo, non mancano episodi incresciosi, come l’incendio scoppiato a giugno del 2024 nel dormitorio al primo piano, nel quale erano rimaste ferite due persone e – inseguito – è morta Renata. La donna, di origini ebraiche, era stata salvata nell’immediato da un altro ospite, il detenuto a fine pena Filippo, 28 anni e da Dorel, cinquantottenne rumeno, operatore di Accoglienza, ma alla fine in ospedale non ce l’ha fatta. Un lutto che ha colpito la comunità, un dramma dal quale don Giorgio e i suoi ospiti han cercato fin da subito, pur a fatica, di rialzarsi. «Il piano terra, con la sala da pranzo e la cucina, è stato ripristinato e ora dobbiamo ristrutturare le sei stanze e i due bagni al piano superiore, quello dov’è avvenuto l’incendio, piano che ospitava 9 persone – ci spiega don Lazzarato –. Le persone che alloggiavano in quel piano dell’edificio sono state poi trasferite in altre strutture vicine. Aiuti economici per la ristrutturazione sono arrivati da varie parti d’Italia ma anche da Belgio, Spagna, Germania. La solidarietà ci riempie di orgoglio, fiducia e speranza nell’anno del Giubileo».

Oltre ai corsi di italiano, nella vicina San Biagio, dove c’era la trattoria Dal pret, don Giorgio ha avviato una scuola per pizzaioli pensata per i giovani, sei mesi all’anno, tre in primavera e altrettanti in autunno. Idea che prenderà corpo anche nel circolo ANSPI di Ravalle. San Biagio è la nostra sesta tappa. Qui la canonica accoglie undici afghani, il cui sostentamento è a carico di Migrantes e Caritas diocesana di Ferrara. Settima e ultima tappa: Settepolesini. Qui nella chiesa chiusa post sisma hanno luogo diverse attività per mantenere gli ambienti della canonica: pittura, scuola di ballo, in particolare milonga, con partecipanti che arrivano, per due volte al mese, anche da Mantova, Bologna, Modena. Insomma, in questi luoghi tranquilli e quasi disabitati della campagna ferrarese lungo il Po, dove non si poteva soggiornare, don Giorgio rimettendoli a nuovo ha restituito la vita, sporcandosi le mani innanzitutto come cuoco. E ora spera d’integrare ulteriormente i musulmani se l’amministrazione comunale, sul terreno parrocchiale, darà il via per la costruzione di un cimitero anche per loro.

Un appello

Il nostro viaggio si conclude con una proposta di don Giorgio, un appello allo Stato o alle autorità competenti per sgravare l’affollamento nelle carceri: «dare la possibilità a tanti detenuti o fine pena o agli arresti domiciliari di essere accolti in tante associazioni. No a costruire altre carceri, si all’accoglienza – dichiara don Giorgio a gran voce –. Qui a Salvatonica, avvolti nel silenzio dei campi, appena interrotto dal migrare degli uccelli o dai mezzi agricoli, vogliamo continuare ad accogliere altri detenuti. Per quello che una persona costa allo Stato, ossia fino a 700 euro al giorno, basterebbe che lo stato contribuisse al mese per un solo giorno di carcere e potremmo coprire la spesa viva di un ospite in comunità, che ricambierebbe con un lavoro utile alla società». 

(testo e foto di Sabina Leonetti)

1 Agosto 2025
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