11 Novembre 2019

La Messa di don Sergio, nelle contrade di Castelpagano

La chiesa “in uscita” cara a Papa Francesco è anche qui, a Castelpagano, in provincia e in diocesi di Benevento. Un piccolo centro con poco più di 1.500 abitanti, in maggioranza agricoltori e allevatori, sparsi per 38 chilometri quadrati.
DON SERGIO ROSSETTI CASTELPAGANO (BENEVENTO)

La chiesa “in uscita” cara a Papa Francesco, quella che si fa prossima e che raggiunge le periferie geografiche ed esistenziali, è anche qui, a Castelpagano, in provincia e in diocesi di Benevento. Un piccolo centro con poco più di 1.500 abitanti, in maggioranza agricoltori e allevatori, sparsi per 38 chilometri quadrati. Contrade e strade sterrate, che don Sergio Rossetti, classe 1969, sacerdote da 25 anni e parroco del Ss. Salvatore da 22, percorre ogni giorno per stare in mezzo alla sua gente.

“Niente di nuovo – dichiara umilmente don Sergio, figlio di emigrati in Svizzera, tornati in Italia poco dopo la sua nascita –. In fondo è quello che faceva Gesù duemila anni fa e che da allora ci ha comandato di fare: andare tra le persone, portare loro il Vangelo in parole e atti concreti. Le chiese edificate in mattoni e cemento ci sono: fanno parte della mia parrocchia anche quelle del Sacro Cuore di Gesù, di Sant’Onofrio e di San Rocco, e grazie all’8xmille le possiamo ristrutturare e mantenere (ho potuto così restaurare il campanile del SS. Salvatore e la casa canonica), ma sempre più si svuotano. E quindi , oggi più che mai, è la Chiesa che deve recarsi dai fedeli. C’è un gran bisogno di andare incontro alle persone e rievangelizzarle. Da qui l’idea di celebrare la santa Messa nelle contrade, davanti alle edicole campestri: nel mese di maggio davanti all’edicola della Vergine Maria, a settembre davanti a quella dedicata a Padre Pio e così via, come pure davanti alle croci che ricordano le missioni popolari”.  

In questi punti si riuniscono per ogni Messa 10-15 famiglie, dunque circa 70-80 persone, a cui don Sergio non solo dispensa i sacramenti – l’Eucarestia e la confessione, celebrata anch’essa all’aperto – ma a cui dedica attenzione e premura. “Dopo la Messa, mangiamo insieme – continua il parroco, che ha maturato la sua capacità di ascolto nei numerosi anni in cui è stato vicedirettore della Caritas diocesana oltre che responsabile dell’Ufficio Migrantes – Ad alcuni mi presento per la prima volta, soprattutto agli anziani che non potendo venire in parrocchia e non avendo alcuno che li porti, non avrebbero altro modo per conoscere il parroco. Con molti mi fermo più tempo proprio per poterli aiutare e capirne le esigenze, come anche le intenzioni di cambiamento di vita di fronte alla ‘buona notizia’ del Vangelo. Del resto, pure per farmi semplicemente portavoce presso le istituzioni dei loro problemi, devo prima ascoltarli e conoscerli”. In quest’orizzonte verde, tre le alture coltivate e i boschi dell’alto Sannio, ci sono grandi necessità. “La parrocchia è sempre missionaria, vicina ai più isolati e a chi rischia di essere sopraffatto – aggiunge don Sergio – Penso ad esempio alla tutela della nostra terra,  che ci è affidata dal Creatore, e che va difesa perché è entrata nel mirino dei clan criminali per interrarvi discariche abusive e avvelenarla. Dobbiamo passare da una mentalità di ‘servizi’ ad una di ‘relazioni’, che diano vita a comunità forti e accoglienti”. Anche per questo la Caritas diocesana ha aperto centri ascolto e spazi come Sportello donna dove anche chi è preda di prevaricazioni e isolamento ritrovi la voce e la libertà dei figli di Dio.

 

(testo di Daniela De Vecchis – Foto di Maurizio Cogliandro)

11 Novembre 2019
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