5 Ottobre 2022

Lorena Bianchetti: “Il fuoco della fede e i nostri preti, le dita di Dio”

Dalla pasticceria della sua infanzia fino all'intervista con Papa Francesco, lo scorso Venerdì Santo. La conduttrice di 'A Sua immagine' ci racconta il suo rapporto con la fede e con i sacerdoti e il suo impegno per vivere il proprio lavoro come un servizio e la risposta a una vocazione.

Sono nata e cresciuta in un quartiere romano a cui sono molto legata e dove vivo anche adesso. Il dono più bello che mi ha fatto Dio sono stati i miei genitori, che avevano una pasticceria in cui lavoravano con amore e passione. Quella è stata la mia vera scuola di vita, più dell’università e dei tanti libri che ho letto: dalla dedizione dei miei genitori ho imparato i valori più importanti che mi porto dentro, e che ora sto cercando di trasmettere a mia figlia Estelle.

Quali sono questi valori?

Innanzitutto l’umiltà e la bellezza di fare le cose con amore, anche le più semplici. I miei genitori trattavano chiunque entrava in pasticceria come fosse una persona di famiglia e con questo spirito preparavano i dolci, con una grandissima attenzione agli ingredienti. Mia madre mi diceva che eravamo fortunati, perché potevamo regalare un po’ di gioia alle persone che venivano a comprare i dolci da noi. Quando osservavo mio padre che farciva le torte, lui mi diceva che per ogni lavoro è indispensabile conoscere le basi, ma poi bisogna metterci il proprio stile. Così cerco di fare anch’io nel lavoro che faccio oggi, per il quale prima studio sempre tanto ma poi, in diretta, cerco di vivere quello che accade senza andare a memoria.  

Cosa è per te la fede? Quando l’hai incontrata?

Potrei definirla come il sangue che fa pulsare il mio cuore, ma anche la mia bussola, il mio Google Maps. Mi è stata trasmessa dalla mia famiglia, soprattutto con l’esempio. Fin da piccola sentivo un grande fuoco dentro, un desiderio profondo di servire il bene attraverso la mia passione in tutto ciò che facevo. I miei genitori mi raccontavano che quando ero bambina e andavo nel laboratorio della pasticceria, mi mettevo vicino a mio padre e tirandogli i pantaloni gli dicevo: “Mi porti a vedere Gisù?” Ancora non sapevo neanche pronunciare bene quel nome, ma ricordo la sensazione di benessere di fronte al Crocifisso della mia parrocchia, che per me è sempre stata un punto di riferimento, anche se la domenica per la mia famiglia era il giorno di massimo impegno lavorativo. Mi fa sorridere che, in qualche modo, ancora oggi lo sia anche per me… La fede è stata un grande dono: mi ha dato la consapevolezza che esistono il bene e il male e che la felicità è nello scegliere il bene. In questa direzione anche la scuola è stata fondamentale: ho studiato dalle suore francescane e lì ho incontrato Suor Adelaide, che quando parlava di Dio riusciva a trasmettermi una gioia incredibile.

Che ruolo hanno avuto per te i sacerdoti?

Ne ho conosciuti tantissimi e molti di loro sono stati una sorta di fratelli. So bene che, come diceva un teologo belga, “la Chiesa è senza peccato, ma non senza peccatori”, perché siamo esseri umani. Ma io ho incontrato molti più veri testimoni di Dio, piuttosto che quei diavoli che certa comunicazione a volte vorrebbe dipingere come la maggioranza. Per me i sacerdoti sono le dita di Dio, hanno un ruolo fondamentale e per questo è fondamentale sostenerli. La bellezza della missione della Chiesa credo sia chiara anche a tantissimi giovani, come si capisce dal numero di partecipanti a tanti grandi raduni proposti dalla Chiesa. Per il mio lavoro ne ho seguiti molti, e ho trovato un gran numero di sacerdoti che lavorano con i giovani, usando un linguaggio che essi comprendono benissimo. E poi ce ne sono tanti che sono vicini agli ultimi, alle persone in difficoltà. Con tutto il rispetto per le istituzioni, spesso penso che se non ci fosse stata la Chiesa non so come questa nostra società avrebbe potuto reggere.

Il tuo lavoro, al quale facevi cenno, in questi anni è stato soprattutto la conduzione del programma “A Sua Immagine”, ma non solo…

Il mio lavoro cerco di viverlo come un servizio. Oltre a lavorare per guadagnarmi da vivere, come è giusto che sia, in quello che faccio ho sempre cercato di mettere al centro la promozione della dignità, sia che mi trovi a fare intrattenimento sia che faccia approfondimento giornalistico. Credo che la serietà e la fermezza non debbano mai essere separate dal sorriso. Questo ce lo insegna anche papa Francesco, che ci ha indicato più volte nell’umorismo un tratto fondamentale dell’espressione cristiana.

La televisione ti ha dato una grande notorietà, che forse non sempre è facile da gestire. Come si concilia con la tua vita famigliare?

La famiglia per me è la cosa più importante. Ho scelto un lavoro che amo profondamente e che è anche la mia vocazione ma mi sono sempre promessa che dalla televisione non mi sarei fatta rubare la vita. È fondamentale essere nel mondo senza essere del mondo, come dice il Vangelo: se non sei nel mondo, del resto, non puoi neanche raccontarlo. Lo star system a volte rischia di allontanarti dalla semplicità e dalla bellezza della quotidianità, ma io cerco di proteggere la mia in ogni modo. Ancor di più da quando è arrivata mia figlia. I momenti che più amo, con lei, sono quelli in cui siamo in campagna e possiamo vedere bene il sole perché non ci sono i palazzi, assaporiamo il silenzio e la natura, diamo da bere alle lumache, cerchiamo le lucertole … e godiamo di tutto quell’equilibrio, di quel mondo che non fa rumore ma che parla e vive ed è espressione di una perfezione che ci è stata regalata.

Quest’anno per il Venerdì Santo hai potuto fare una lunga intervista a Papa Francesco, la prima dopo lo scoppio della guerra in Ucraina. Cosa hai provato?

Ero veramente felice ma ho cercato di non lasciarmi sopraffare dall’emozione, per valorizzare al massimo il tempo prezioso che il Santo Padre ci ha concesso. Ho cercato di portare tutti con me, in quel colloquio, e la profondità della conversazione mi ha persino fatto dimenticare che ci fosse una telecamera. Papa Francesco è stato paterno, mi ha fatto sentire a casa, abbracciata, e questo mi ha permesso di parlargli con la massima sincerità e autenticità. Il lungo silenzio che c’è stato a un certo punto è stata una preghiera meravigliosa, una grazia: in alcuni momenti di dolore, come ci ha detto il Papa, veramente il silenzio è più forte di tante parole.

(intervista di Martina Luise)


5 Ottobre 2022
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