13 Marzo 2024

Mezzo secolo di storia argentina, con gli occhi del Vangelo

Ottantuno anni, da cinquantacinque missionario fidei donum in Patagonia, don Graziano Cavalli ci racconta il suo instancabile lavoro per annunciare il Vangelo e servire il popolo argentino, a cominciare dagli indigeni Mapuche. Attenzione alle donne e difesa della vita nascente, lotta alla fame e all'analfabetismo: così questo sacerdote piemontese ha incontrato e annunciato Dio, da una vita. E continua a farlo.

È un pioniere della missione, vissuta da 55 anni in Argentina, ai piedi delle Ande, nella diocesi di Neuquen, Patagonia settentrionale. Don Graziano Cavalli, classe 1942, non ha perso il leggero accento piemontese delle sue origini (è nato in provincia di Alessandria) malgrado lo spagnolo sia la lingua della sua quotidianità. «Quando ero ancora studente di Teologia, sentivo forte il desiderio di vivere la missione – racconta don Graziano –. La diocesi di Casale Monferrato era legata a quella di Neuquen, creata nel 1961, in base ad un accordo nato tra i due vescovi ai tempi del Concilio. Così, dopo essere stato ordinato nel 1966, due anni dopo sono partito come fidei donum per questa diocesi dove c’era bisogno di sacerdoti».

La prima parrocchia è Maria Auxiliadora a Centenario, una cittadina in rapida crescita, dove rimane per ben 44 anni accompagnando «la vita della gente – racconta – in una piccola Chiesa che stava cominciando. Poi si sono formate altre cinque comunità, altrettanti centri pastorali, con le attività sul territorio. L’evangelizzazione si è focalizzata in modo particolare sulla formazione e il ruolo dinamico dei laici. Nella zona c’erano anche molte comunità dei Mapuche che negli anni si sono assottigliate, man mano che gli anziani morivano e i giovani andavano a vivere in città. La Chiesa ha sempre seguito la situazione degli indigeni difendendo il loro diritto al possesso delle terre in cui vivevano, che lo Stato molte volte gli toglieva affidandole a militari che avevano combattuto. I Mapuche hanno fatto anni di battaglie per il riconoscimento dei diritti sulle terre ancestrali, come comunità non come singoli individui, perché la Madre terra è di tutti».

Centenario era veramente una zona di frontiera, immersa in una natura prepotente di monti, valli e fiumi, dove arrivavano molti migranti dal Cile, soprattutto persone in fuga dal regime di Pinochet, negli anni Ottanta; ma anche braccianti stagionali che traversavano i valichi per la raccolta della frutta e rimanevano solo per qualche mese, mentre altri si fermavano cercando lavori più stabili. Don Graziano ha passato la maggior parte della sua vita tra i migranti: «quando sono arrivato a Centenario c’erano circa 3.000 persone e quando l’ho lasciata ce n’erano 40mila: negli anni Settanta nella zona c’era bisogno di manodopera per costruire la grande diga El Chocón, per lo sbarramento del fiume Limay, e molti sono poi rimasti». Poi ci sono i giacimenti di gas e petrolio, nascosti sotto le rocce, racchiusi in un territorio enorme, grande quanto il Belgio. La zona chiamata Vaca Muerta è uno dei giacimenti più ricchi del pianeta, attraverso un oleodotto di 573 chilometri rifornisce di gas Buenos Aires ed è una risorsa strategica per la ripresa del Paese, in perenne crisi economica. Mentre Centenario cresceva,

don Graziano ha organizzato catechesi giovanili, attività Caritas, visite alle famiglie, catechismo per gli adulti

e formazione al diaconato permanente (con i primi diaconi ordinati nel 2005). «Abbiamo seguito centinaia di bambini sottopeso, abbiamo creato una mensa per loro, gestita da laici: la struttura si chiamava Pequeños milagros, ‘piccoli miracoli’ che avvenivano ogni giorno per sfamare fino a 100 bambini al giorno. Anche le mamme, a seconda delle necessità si rimboccavano le maniche per la cucina o per servire i pasti, il tutto con la collaborazione volontaria della popolazione.

Nel 2013 il vescovo affida a don Graziano una parrocchia nella città di Neuquén e la trova completamente cambiata: «la parrocchia Nostra Signora di Lourdes era in periferia e ora è quasi in centro città. Quando è stata creata la diocesi la cittá aveva 14mila abitanti, ora sono 300mila. Qualche decennio fa la gente aveva meno aspettative, c’era più sentimento religioso. Ora invece la gente che arriva, non viene a cercare Dio, viene a cercare i soldi. Chi non può accedere alle nuove ricchezze del gas e del petrolio, però resta emarginato e cerca di sopravvivere con furti e microdelinquenza. Ma il sentimento religioso popolare della gente resiste, anche se dopo la pandemia c’è stata una flessione della frequenza alle celebrazioni in presenza».

Tra le molte attività di don Graziano, i bambini sono sempre al centro delle sue attenzioni. Il Progetto Belen (creato dal predecessore di don Cavalli, il missionario casalese don Italo Varvello) si occupa di

madri giovani con difficoltà che, grazie all’aiuto di volontari della parrocchia, riescono a portare a termine la gravidanza.

«Il gruppo prende il nome da dove è nato Gesù – spiega don Graziano -, accompagniamo le donne anche quando nascono i figli fino a due anni, poi le aiutiamo anche con Caritas. Negli anni ne abbiamo seguito circa 1.200, ma da aprile 2021, da quando in Argentina è entrata in vigore le legge per l’interruzione volontaria di gravidanza, il loro numero è molto diminuito e ora sono circa 40. Anche stamattina sono venute in parrocchia diverse mamme per prendere vestitini, passeggini, culle, cibo per l’infanzia e altro per i loro piccoli. Ma noi le sosteniamo non solo economicamente ma anche con corsi professionali, di cucina, di cucito, di attività domestiche utili e anche con la catechesi, perché possano trovare inserimento sociale ed essere indipendenti».

(di Miela Fagiolo D’Attilia – foto gentilmente concesse da don Graziano Cavalli)

13 Marzo 2024
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