28 Giugno 2022

“Nulla è facile” a Cuba, ma la comunità è in cammino

Abbiamo raccolto la voce di due dei nove missionari fidei donum italiani presenti a Cuba, impegnati in una missione di frontiera, aperta dalla visita pastorale di Giovanni Paolo II a L’Avana nel 1998. Don Daniele (56 anni) e don Simone (52) sono entrambi originari della diocesi di Verona, da 25 anni impegnata per l'evangelizzazione dell'isola caraibica.

«Nada es fàcil» ripete spesso la gente a Cuba: “niente è facile”. Ma per don Simone Zanini e don Daniele Soardo, due fidei donum da cinque mesi nella diocesi di Pinar del Rio, questa frase è diventata la chiave di volta dell’amicizia col popolo cubano. Entrambi inviati dalla diocesi di Verona, da 25 anni impegnata nella cooperazione con la diocesi di Pinar del Rio, nella regione occidentale dell’isola caraibica, i missionari veneti vivono a Cuba una delicata missione, calata nella quotidianità della gente. A partire dalla condivisione della vita, che si è fatta sempre più difficile negli ultimi mesi a causa degli strascichi della pandemia di Covid. Malgrado Cuba sia stato uno dei Paesi più virtuosi al mondo, con oltre il 90% della popolazione coperto dal vaccino di produzione nazionale, il forte rallentamento dei flussi turistici internazionali ha prodotto l’impoverimento della popolazione soprattutto delle zone più frequentate come la località balneare del Varadero nella penisola di Hicacos. Don Simone, 52 anni, già missionario per cinque anni in Mozambico, parla della parrocchia di Mariel, città portuale sull’Oceano (la più vicina alla costa degli Stati Uniti) e «delle comunità cattoliche della zona, con le parrocchie di Santa Teresa d’Avila, di Sant’Ilarione a Guanajay e il Santuario della Vergine di Guadalupe a Cabañas dove celebriamo la messa, i sacramenti, la catechesi, visite alle famiglie, agli anziani, agli ammalati».

Appena arrivati, i fidei donum veronesi si sono rimboccati le maniche per sistemare la casa parrocchiale di Mariel e gli edifici religiosi trascurati per anni per mancanza di soldi e materiali. Ed ecco che torna quel «nada es fácil» che costringe ad «andare di città in città alla ricerca dei pezzi che servono… E questo finora è ciò che ci è costato di più in tempo ed energie». Ma l’aspetto interessante è che anche questi spostamenti diventano occasione di evangelizzazione. E siccome anche «el transporte no es fácil» racconta don Simone, capita sempre di dover dare un passaggio a qualcuno. «”Padre, vorrei battezzare la mia bambina”, mi dice una signora, dopo che mi sono presentato. “Perché?”, le chiedo. “È inquieta. Mi hanno detto che i bimbi senza battesimo sono così. Poi si calmano”. Mah, penso io. Non ricordo se tra gli effetti del sacramento c’è anche questo». In effetti l’aneddoto mette in luce una situazione singolare che vede il 99% della popolazione cubana battezzata, mentre per quanto riguarda la pratica, per la partecipazione alla messa e alla catechesi, si scende all’1%. «Di fatto la Chiesa cubana è fatta di una minoranza di persone – spiega don Daniele, 56 anni, già missionario per 10 anni in Brasile – per la maggior parte adulti e anziani. Ci sono pochissimi giovani e bambini che accompagnano i nonni, mancano le generazioni dai 30 ai 50 anni. Ci sono ancora cristiani di prima della revoluciòn di Fidel Castro che continuano la pratica con tanta devozione. Sono anziani, soprattutto donne: qui l’aspettativa di vita è molto lunga».

Prima della rivoluzione la maggioranza dei cubani era cattolica, poi la rivoluzione e l’ideologia marxista leninista hanno introdotto l’ateismo di Stato, ma chi ha conosciuto la fede l’ha portata nel cuore per tanti decenni. Le condizioni di vita nell’isola spingono molti giovani ad emigrare, un trend in aumento da quando è finita la pandemia. Nella stragrande maggioranza dei casi si tratta di migrazioni illegali verso gli Usa, dove poi fanno richiesta di ricongiungimento familiare. Ci vogliono anni perché le pratiche di regolarizzazione arrivino a buon fine.

Mentre in tanti partono, i missionari veronesi sono arrivati. Sono due dei nove fidei donum italiani presenti a Cuba, impegnati in una missione di frontiera, aperta dalla visita pastorale di Giovanni Paolo II a L’Avana nel 1998. Spiega don Simone che «quello che ci motiva è tenere accesa la lampada della fede, essere presenti anche se con piccoli passi. Cerchiamo di tenere accesa la fiammella della fede in queste persone che l’hanno conservata dentro».

La visita alle famiglie è l’impegno di tutti i giorni, come sottolinea don Daniele «perché ci danno modo di entrare nella vita reale della gente. Incontriamo ammalati che hanno bisogno di medicine, anziani soli, giovani che partecipavano a gruppi ecclesiali e si sono allontanati. L’importante è sentirsi comunità in cammino».
Come nel caso di Rosamelia, una donna di fede che ha chiesto aiuto per la nipote quindicenne, poverissima e in attesa di un bambino. «La parrocchia si è subito organizzata per regalarle una canastilla, un corredino – racconta il missionario. Per tutta la quaresima sono stati raccolti un lettino, poi il materassino, i pannolini, dei vestitini, dei giocattoli. Alla fine il corredino era ricchissimo e il giorno di Pentecoste è stato consegnato alla famiglia. Il giovedì seguente, la neo mamma con la bimba e la nonna sono venute in chiesa e hanno acceso una candela alla Virgen de la Caridad, la madre di tutti i cubani».

(di Miela Fagiolo D’Attilia / foto gentilmente concesse da don Simone Zanini e don Daniele Soardo)

In collaborazione con la Fondazione Missio

28 Giugno 2022
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