18 Dicembre 2025

Oratorio, cantiere di futuro

Lo sguardo puro dei bambini, la sete di verità dei giovani: ecco il motore che dà slancio e vitalità alla proposta educativa degli oratori, anche a Mantova. Nel racconto di don Andrea Grandi e di chi lo aiuta ad animare le attività, la scommessa del mettersi in gioco e il ruolo di supporto dell'ANSPI per realizzare i progetti.

“Lavorare con i giovani mi piace perché hanno un grande desiderio di Verità, cercano di capire il mondo“.
Don Andrea Grandi, classe 1975, parroco in solido con don Marco Bighi di Rivalta sul Mincio, Rodigo, Castellucchio e Gabbiana di Castellucchio, in provincia e diocesi di Mantova, spiega così la sua inclinazione per il lavoro pastorale con i giovani.

Una vocazione che nasce da lontano. “Sono cresciuto in una famiglia religiosa – ricorda don Andrea – ma da adolescente ero molto lontano dalla Chiesa, poi mi sono riavvicinato grazie a un gruppo di volontari che raccoglieva materiali che, rivenduti, servivano per finanziare un gruppo missionario in America Latina. A 21 anni sono partito per il Perù con Operazione Mato Grosso: dovevo stare lì quattro mesi e ci sono rimasto per due anni. Durante la settimana lavoravamo alla costruzione di una scuola, mentre nel fine settimana animavamo l’oratorio”.
A cambiare la vita di don Andrea, che prima di partire lavorava in una tipografia, l’incontro con una realtà molto diversa (“non c’era niente, molte delle persone soffrivano la fame”, spiega) ma soprattutto un evento. “Mentre ero in Perù – riprende don Andrea – venne rapito padre Daniele Badiali, un sacerdote di Faenza. Volevano un riscatto ma lo uccisero perché probabilmente aveva riconosciuto uno dei suoi rapitori. Dopo questo evento cominciai a farmi delle domande sulla mia vita. Padre Ugo De Censi (fondatore dell’operazione Mato Grosso e parroco in Perù, n.d.R)  mi aveva detto che avevo le qualità per fare il sacerdote e che mi avrebbe visto bene a lavorare con i giovani, ma io non ero per nulla convinto. Solo qualche tempo dopo la morte di padre Daniele mi convinsi e gli scrissi al contrario che quando voleva io ci sarei stato”.

Andrea, che aveva svolto il servizio civile come obiettore di coscienza in una comunità per tossicodipendenti, entra in seminario e viene ordinato nel 2005. “Ho girato un po’ di parrocchie sia in provincia che in città – dice il sacerdote mantovano – mi sono occupato della pastorale giovanile della diocesi”. Un percorso in cui don Andrea ha sempre accompagnato i ragazzi e le ragazze. “Ho iniziato a Castel Goffredo – ricorda -, dove mi avevano chiesto di organizzare i gruppi giovanili della parrocchia”. In quel contesto il sacerdote ha conosciuto l’Associazione Nazionale San Paolo Italia (ANSPI), di cui è presidente del Comitato Regionale della Lombardia. “L’associazione offre un costante supporto alle attività degli oratori – spiega ancora don Andrea – come ad esempio nell’organizzare iniziative per finanziare un campo da calcio o altre strutture”. “In più – aggiunge – essendo un ente di promozione sociale, Anspi ci ha aiutato nel post pandemia, perché l’affiliazione con loro ci ha permesso di organizzare il GR.EST” .

Tra chi dà una mano a don Andrea all’oratorio di Rivalta sul Mincio c’è Debora, 24 anni. “Ho sempre frequentato con la mia famiglia l’ambiente dell’oratorio – spiega la ragazza, laureata in scienze dell’assistenza sociale e che ora sta conseguendo la laurea magistrale – ma ho cominciato ad aiutare facendo la catechista con mia mamma”. “Attualmente – aggiunge – faccio catechismo con i bambini di quarta elementare e poi seguo il gruppo di quarta superiore”.

Un’esperienza che per Debora è fonte di arricchimento. “A me piace lavorare con i bambini  – racconta la giovane – perché sono divertenti e perché guardano il mondo con occhi puri. Confrontandomi con i ragazzi più grandi, poi, mi rendo conto di quante difficoltà abbiano anche nel relazionarsi e cerco di rendermi disponibile anche semplicemente per ascoltarli”. Ragazzi che variano anche secondo i periodi dell’anno. “Durante le tre settimane estive di GR.EST – racconta Debora – riusciamo ad avere anche una sessantina di giovani che vanno dalla prima alla quinta superiore, poi però durante l’anno il numero si riduce drasticamente a una ventina”. “Non è sempre facile coinvolgerli, ma il fatto di vivere in un paese piccolo – aggiunge la catechista – è un vantaggio, perché conoscendoci praticamente tutti, sappiamo chi sono quelli che fanno più fatica a integrarsi e cerchiamo di coinvolgerli maggiormente”. Vivere e stare in oratorio ha segnato profondamente Debora. “In quel contesto – conclude la studentessa – ho scoperto come il sociale, il volontariato con la continua voglia di mettermi in gioco era una cosa per cui ero portata”.

(di Roberto Brambilla – foto gentilmente concesse da don Andrea Grandi)

18 Dicembre 2025
raccontaci

Hai una storia da raccontarci?

Condividi la tua esperienza, ti potremo contattare per saperne di più.

Iscriviti alla nostra newsletter