Rovigo: accogliere la fragilità per abbattere le barriere
La Locanda della Casa, nata ufficialmente nel settembre 2023 nel Seminario diocesano di Rovigo, è una struttura che raccoglie il testimone dei Frati Cappuccini che per molti anni hanno garantito il servizio di mensa cittadina nel loro Convento, poi chiuso. Don Piero Mandruzzato e i suoi giovani collaboratori ci accompagnano a scoprire il cuore di questo servizio.
Uno spazio di accoglienza e incontro aperto a tutti, un luogo dove chiunque lo desidera può ristorarsi, bere un caffè, leggere un giornale, sedendo o chiacchierando. Siamo ne La Locanda della Casa, nata ufficialmente nel settembre 2023, nel Seminario diocesano di Rovigo, struttura che raccoglie il testimone dei Frati Cappuccini di Rovigo che per molti anni hanno garantito il servizio di mensa cittadina nel loro Convento, poi chiuso. Un servizio giornaliero che potesse proseguire l’attività dei Frati Cappuccini rappresenta infatti per Caritas e per la diocesi di Adria-Rovigo, una scelta importante, il segno concreto di un desiderio condiviso di affrontare il tema della fragilità e del bisogno in una dimensione comunitaria, di casa appunto.
“Il tema della fragilità è il filo rosso conduttore per volontari e poveri – ci spiega don Piero Mandruzzato, responsabile della mensa dei poveri, che abita in questa casa con altri tre sacerdoti – e appartiene a tutti. Non dobbiamo nasconderci: questo ci rende umani e da qui dobbiamo partire per riconoscerci come fratelli. Siamo fortunati forse qui nel Polesine perché le fondazioni bancarie ci sostengono, oltre che gli aiuti dell’8xmille alla Chiesa cattolica. La fragilità ci accomuna e dobbiamo creare contesti solidali: volontari e ospiti devono sentirsi sullo stesso piano. Forniamo un servizio di bassa soglia, chi vuole accede e poi chiediamo di rivolgersi al nostro Centro di Ascolto, gestito dalla Onlus “Il manto di Martino”, strumento operativo della Caritas diocesana, per approfondire storie, tessere relazioni e prenderci cura di chi si rivolge a noi. La chiave della Buona Novella è proprio la fragilità e il rischio, se ce ne dimentichiamo, è di offrire solo un servizio come tanti”.
Don Piero, 65 anni, in realtà è un sacerdote giovane nello spirito e nell’aspetto. Diplomato all’Istituto Europeo del Design di Milano, ha lavorato in uno studio di grafica pubblicitaria a Padova, sua città di origine. La sua è una vocazione adulta, maturata a 26 anni, e grazie al suo precedente percorso oggi nutre una particolare attenzione per l’arte e per la cura della bellezza degli ambienti. “I nostri volontari dedicano tempo agli ospiti – continua – lavorano su piccoli dettagli per annunciare la Parola. Noi viviamo l’esperienza di fraternità a 360 gradi, con i giovani che fanno discernimento vocazionale e poi in 4 parrocchie della periferia di Rovigo”.
Mauro Rossin, 37 anni, fin dalla sua apertura è il responsabile della Locanda ma già dal 2013 è un operatore del centro di ascolto. “La possibilità di gestire la mensa è un moltiplicatore di opportunità per offrire percorsi di accompagnamento (siamo a una quarantina). Servire ogni giorno circa 50 coperti per la logistica è come lavorare in un ristorante: occorre coordinare i volontari e fornire uno sportello di ascolto trasversale, tenendo sempre presente che la fragilità deve essere fraternamente condivisa. L’organizzazione è faticosa, ma è in divenire perché cerchiamo continuamente di rinnovare i nostri schemi. Lo slogan che ci contraddistingue è: cambiare sempre”.
“Il Seminario – precisa Davide Girotto, direttore della Caritas diocesana – che ingloba la nostra locanda, per volere del vescovo Pierantonio Pavanello è diventato il centro dell’attività diocesana, trasferendo in questa sede tutti gli uffici di Curia. È diventata la “casa” della diocesi, dove uno spazio deve essere garantito a tutti. E non solo per mangiare: uno spazio aperto, in cui il nutrimento spirituale è linfa vitale. Nella nostra diocesi i poveri sono molti di più di quel che si pensi. Diversi utenti della mensa sono stranieri, ma anche residenti, o di passaggio. I parametri economici della nostra zona non corrispondono sicuramente a quelli del ricco Veneto industriale. Viviamo una realtà agricola e lo smistamento della merce di un noto colosso dell’e-commerce non porta ricchezza. L’emergenza abitativa si sposa con i ritmi serrati del metalmeccanico e del manifatturiero tra Padova, Bologna e Venezia, con turni massacranti anche per i pendolari della vicina arcidiocesi di Ferrara Comacchio. Rovigo è tra le province più anziane del Bel Paese e per questo cerchiamo di aiutare gli anziani in difficoltà. Il nostro primo impegno è quello di metterci a servizio dell’uomo cercando di abbattere muri, sciogliere catene, aprire strade nuove, anche mediante la promozione e la tutela dei diritti fondamentali di ogni persona. La Caritas diocesana, mediante l’associazione Sant’Andrea che le gestisce, ha attivato un’unità di strada e due servizi rivolti a chi si trova a vivere in povertà estrema, entrambi presso Casa Sant’Andrea: il servizio docce e un poliambulatorio”.
Luisa Pietropoli, coordinatrice Caritas, 40 anni, racconta il proprio lavoro in favore delle donne: innanzitutto una scuola di alfabetizzazione in lingua italiana perché proprio le donne sono più esposte all’emarginazione. I volontari sono tutti docenti, conoscere la lingua e quel che possono dare a chi partecipa facilita il loro accesso al mondo del lavoro e ai servizi del territorio e ne favorisce l’integrazione. Finora abbiamo accolto 80 donne provenienti principalmente dall’Africa, dall’Est Europa, dal Sud America, In questa esperienza d’incontro, in spazi condivisi praticabili, si costruisce cittadinanza”.
“Con il nostro vescovo – conclude don Piero – abbiamo pensato di vivere gli spazi della Locanda anche in religioso silenzio. Questo ci unisce, nella diversità e nel rispetto. Siamo in contatto con la moschea e con l’imam, perché possono nascere reti interessanti. Due lutti hanno colpito la nostra comunità, due ospiti ci hanno lasciato, e in queste circostanze il silenzio prima dei pasti è stato molto sentito, da tutti. Sono essenziali, infine, anche dei momenti formativi, per prenderci cura di chi si prende cura: dobbiamo investire sulla qualità dei rapporti e riportarli al centro del messaggio, passare dalla retorica del buonismo all’autenticità dello stile di vita. Coltivare un clima di pace è essenziale innanzitutto tra noi preti – per vincere il rischio della solitudine -e poi tra i volontari e tra gli ospiti. Una comunità educante si costruisce favorendo il dialogo, rafforzando il sostegno alla vulnerabilità, innescando processi di autonomia”.
(di Sabina Leonetti – foto di S.L. e gentilmente concesse dalla Caritas diocesana)