4 Novembre 2020

Storie di nuovi preti: segno di speranza per tutta la Chiesa

In un 2020 in cui più che mai la missione è servire e confortare, le ‘nuove leve’ sono un ponte verso il domani. Don Alessandro Valerioti, da poche settimane viceparroco in Valle d’Aosta – una delle regioni più colpite dal coronavirus – è uno di loro...

La strada per lui sembrava tra i fornelli del ristorante di famiglia, a La Salle (Aosta), ai piedi del Monte Bianco. Ma, diceva santa Teresa D’Avila, “anche tra le pentole, c’è Dio”. Classe 1989, diploma alberghiero, “cucina e oratorio sono rami intrecciati di uno stesso albero, cioè la mia vita – racconta don Alessandro Valerioti –. A 24 anni, prima di entrare in seminario, avevo già tutto: un lavoro che mi piaceva, una fidanzata e un’autonomia completa, già fuori casa. Ad un certo punto però ho capito che tutto mi era stato donato e rischiavo quasi di abusarne, mi faceva star male quella sensazione.

Quando ho avuto consapevolezza della mia chiamata, ho rivisto tutto alla luce di Gesù, alla luce del servizio”.

Nella sua vocazione hanno contato quelle esperienze di comunità a cui la montagna educa: “Nelle piccole frazioni alpine i bambini trascorrono l’infanzia tra una casa e l’altra. Sono figli anche della comunità che li cresce. La Salle mi ha generato alla vita collettiva, vissuta nel gioco in oratorio, al catechismo, ma soprattutto nella preghiera, inizio e fine di tutto”. Così serve come diacono a Emarèse, Pontey, Saint-Germain e Châtillon. Dove oggi, dopo l’ordinazione lo scorso 7 settembre, è viceparroco. “Con il parroco don Andrea Marcoz abbiamo celebrato tutti i giorni l’Eucarestia – spiega –. È forte la responsabilità della Messa a nome dei tanti fedeli non presenti in quel momento.

Nella prima ondata avevamo lasciato un lume acceso davanti all’altare della Madre di Dio e quotidianamente pubblicavamo sui social foto di questo lume, a ricordare che la preghiera c’è, è costante: questi piccoli gesti hanno avvicinato e dato speranza a chi ha sofferto di più”. “Don Alessandro è un grande aiuto e il covid ha mostrato che il futuro della missione è nelle relazioni con le persone – indica il parroco, don Marcoz –. Ora le pagine web parrocchiali non sono più solo di avvisi, ma di incontro attraverso i video, attesi da tanti, di commento al Vangelo”. Mentre testimoniano la fraternità sacerdotale, don Andrea e don Alessandro percorrono in auto fino a 300 chilometri a settimana ciascuno, per raggiungere tutti, anche nelle frazioni.
“Il Covid ci ha insegnato che avere 300 numeri in rubrica e non usarli serve a poco: telefonate, messaggi, brevi video sono diventati lo strumento per raggiungere chi è chiuso nelle case – prosegue don Valerioti –. Ma è un ‘esodo’ da cui usciremo: finita la pandemia, speriamo di preparare un grande pranzo per tutta la comunità. C’è voglia di ritrovarci, di contatto, e il buon cibo è un ottimo tramite.

Quando entrai in seminario tutti mi chiedevano: perché lasci il ristorante? Io rispondevo: beh, sto entrando in una cucina molto più grande!”.

(Ermanno Giuca)

4 Novembre 2020
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