Vita del Santo
Camillo de Lellis porta il nome della madre, che lo ebbe in età già avanzata. Fu un adolescente ribelle e visse una giovinezza dissoluta e dedita al vizio e al gioco, permeato da un carattere irascibile e ribelle, che talvolta lo vedeva protagonista di risse e duelli. Intraprese la carriera militare e partecipò a diverse campagne come soldato di ventura. Per pagarsi i debiti di gioco, fu costretto ad adattarsi a lavorare per la costruzione di un convento di cappuccini, nei pressi di Manfredonia. Cambiò radicalmente stile di vita quando gli venne chiesto di fare commissioni presso il convento di San Giovanni Rotondo. Frate Angelo lo prese in disparte e gli disse: «Dio è tutto. Il resto è nulla. Bisogna salvare l’anima che non muore». Fu un’illuminazione. Chiese di diventare cappuccino, ma non venne accettato a causa di una ferita alla gamba che non rimarginava. Fu ricoverato nell’ospedale romano di San Giacomo, e qui decise di servire il Signore, unendo la disciplina da soldato alla carità cristiana dando vita alla Congregazione dei “Ministri degli infermi”. Quattro i voti per entrare a farne parte: obbedienza, povertà, castità e servizio ai malati. Nel 1584 venne ordinato sacerdote, e si trasferì insieme ai compagni nella chiesa di Santa Maria Maddalena a Roma. Nel 1586 papa Sisto V approvò la nuova congregazione e l’anno dopo fu concesso ai ministri privilegio di portare una croce rossa sull’abito religioso. Considerato il primo grande riformatore della professione infermieristica e dell’organizzazione assistenziale negli ospedali, Camillo affiancava la cura del corpo a quella dello spirito. Oltre alla cura del corpo, chi assiste il malato, secondo Camillo, avrebbe dovuto farsi carico dello spirito. Qualcosa di molto diverso da quanto accadeva negli ospedali dell’epoca, dove i malati erano abbandonati a loro stessi. Trascorse tutti i suoi giorni al servizio del sostegno degli afflitti: «Questi malati cui serviamo ci faranno vedere un giorno il volto di Cristo».
Agiografia
«Dobbiamo essere madri dei malati più ancora che fratelli, e dare loro tutto il necessario anche con piacevolezza: devono sorridere». Questa frase di Camillo de Lellis esprime la sua cura completa e totale verso gli afflitti e i malati, la sua dedizione verso il loro benessere, non certamente solo quello fisico ma anche quello dello spirito. Si narra che, mentre stava assistendo un infermo, un confratello lo avvisò di un cardinale che lo stava aspettando per un incontro. Lui rispose: «Dite a Sua Eminenza che abbia pazienza, perché sono occupato con nostro Signore Gesù Cristo». Un episodio che spiega come la vita di Camillo de Lellis fosse del tutto dedita alla cura dei malati, in una esistenza espressa quasi totalmente attraverso un forte senso di responsabilità verso il prossimo. Fu il primo ad intuire l’importanza dell’assistenza domiciliare per i malati più gravi e ideare il prototipo dell’unità mobile di soccorso, che inviò sui campi di battaglia. Istituì, inoltre, nel suo convento alla Maddalena una vera scuola per infermieri, per offrire una formazione specifica ai suoi “Ministri degli Infermi”, solcando i primi passi per una visione integrata e professionalizzata dell’assistenza sanitaria. L’eredità di Camillo de Lellis continua ancora oggi nel campo della sanità, evidenziando l’importanza di un’assistenza empatica e compassionevole. La sua celebrazione, fissata per il 14 luglio, giorno della sua morte, rappresenta in ogni parte del mondo un momento per riflettere sul valore della cura degli ammalati e sulla dedizione di coloro che lavorano nel settore sanitario. A Camillo de Lellis sono dedicati ospedali e istituzioni sanitarie, a dimostrazione di come la sua eredità viva ancora oggi nell’assistenza ospedaliera e di come il suo esempio ispiri molti nuovi professionisti del settore.
Intervista impossibile di Monsignor Paolo Ricciardi al Santo
In base alla tua esperienza: come si può, curando le ferite del corpo, guarire quelle dell’anima?
Da quando ho incontrato Dio non ho fatto altro che mettermi a servizio dei malati. Da malato, avevo sperimentato la mancanza di cure negli ospedali del tempo, disagio, sporcizia e disattenzioni. Dopo la mia conversione ho capito che dovevo partire da lì, da quei luoghi, riconoscendo negli infermi lo stesso Signore. A volte mi soffermavo in ginocchio davanti ai malati e, curandone le piaghe, avvertivo che avevano bisogno di chi curasse con lo stesso amore di Gesù, le piaghe dell’anima.
Da convertito, sai dirci se si soffre di più lontano da Dio o per un male fisico? Per te, come è stato?
Fino ai 25 anni ho vissuto una vita dissoluta. Volevo essere soldato di ventura, come mio padre, mi disperdevo in tanti piaceri effimeri, in particolare nel vizio del gioco. Un’ulcera alla gamba mi ha fatto scontrare con il male del corpo, che hanno tentato inutilmente di guarirmi. Soffrivo molto finché, il 2 febbraio 1575, un frate francescano mi disse: «Dio è tutto, il resto è nulla» e nelle sue parole ho capito che il vero male era la lontananza da Dio. Ho pianto lacrime amare quel giorno, ma finalmente ho avvertito in me la pace.
Il dolore può diventare una forza trasformante? Quando?
Solo uniti al Signore il dolore si trasforma. Questo non vuol dire che passa, anzi… Ma chi soffre unito al crocifisso, con Lui si offre, per il bene dell’umanità. Non è vero che, quando c’è la salute c’è tutto. Ho visto tanti ammalati soffrire tanto, ma nella serenità di chi sa di essere amato. Allora occorre dire: «Quando c’è Dio, c’è tutto. Quando c’è l’Amore c’è tutto». Occorre salvare l’anima che non muore. I poveri infermi sono come la pupilla e il cuore di Dio e solo Lui sa trasformare il dolore in amore.
Quali sono gli aspetti che un operatore sanitario ha bisogno di considerare per accompagnare l’uomo di oggi a vivere il momento della morte serenamente, come passaggio della vita?
Con alcuni compagni, i primi “ministri degli infermi”, mi sono messo a servire i cosiddetti “incurabili” del tempo. Dicevo ai miei fratelli: «Serviteli con il cuore nelle mani!». Quando un operatore sanitario si accosta al malato così, anche la morte diventa un passaggio preparato. Non tutti i malati possono essere guariti, ma tutti devono essere curati, soprattutto negli ultimi istanti, dicendo loro parole di conforto, con gli stessi sentimenti di una madre verso il suo unico figlio malato.
Segni Iconografici distintivi
È ritratto in abito talare con raffigurata sul petto una grande croce rossa. Talvolta viene raffigurato mentre soccorre un ammalato.
Tradizione gastronomica legata al culto
La sera del 14 luglio 1614 i confratelli chiesero se desiderasse un po’ di brodo; Camillo rispose: “Aspettate un quarto d’ora e mi ristorerò”. Quindici minuti dopo, mentre padre Mancini ripeteva le preghiere, Camillo pronunciò a fior di labbra i nomi di Gesù e Maria. Intanto i confratelli pronunciavano queste parole: “Ti si manifesti il volto mite e festevole di Gesù Cristo”. In quel preciso istante, dolcemente, Camillo entrò nel suo Dies natalis. Il brodo, pietanza calda, leggera e rigeneratrice, da quella sera viene considerato un alimento nutriente da dare a chi è ammalato o convalescente.
Curiosità
Alto più di due metri, Camillo è considerato un “gigante” dal cuore d’oro folgorato dalla grazia di Dio. Un’altezza superiore alla media per l’epoca veniva associata al concetto di “gigante”.
Preghiere a San Camillo de Lellis
O glorioso San Camillo de Lellis,
proteggi i sofferenti di tutto il mondo
perché non venga meno la loro fiducia in Dio,
ed aiuta ogni buon samaritano che li cura.
Porta al Signore la preghiera degli infermi
che in queste ore stanno lottando
per essere sanati dal contagio,
perché solo Lui, attraverso le mani premurose
e competenti dei tuoi angeli medici,
infermieri e volontari, può guarirli.
Può far passare i dolori del corpo e la tristezza dell’animo.
Può far tornare la fiducia e cancellare la disperazione.
Può riempire la solitudine ed asciugare le lacrime.
Volgi il tuo sguardo misericordioso
su tutti noi che stiamo vivendo questo terribile momento
ed aiutaci a non perdere la speranza.
Per tua intercessione fa’ che possiamo
riacquistare la forza per il cammino,
pazienza nell’attesa, sollievo nel dolore.
Celeste patrono dei malati e Santo della carità,
noi ci affidiamo alla tua protezione
e ti chiediamo di liberarci dai mali che ora ci rattristano.
Amen.
(di Autore Anonimo)
O San Camillo de Lellis,
che sopportasti per tanti anni con inalterabile pazienza una dolorosa malattia,
ottienici di accettare con spirito di fede le infermità
e le tribolazioni che il Signore permetterà
per il nostro bene e la nostra purificazione.
Tu che per tutta la vita ti sei dedicato con bontà
e amore all’assistenza degli infermi,
portando a tutti consolazione e speranza,
ottienici la grazia di riconoscere Gesù nel nostro prossimo sofferente
e di servirlo con grande generosità di cuore.
Amen.
(di Autore Anonimo)
Fonti
- I santi del giorno ci insegnano a vivere e a morire, Luigi Luzi, Shalom Editrice.
- Il grande libro dei santi, dizionario enciclopedico diretto da C. Leonardi, A. Riccardi, G. Zarri, San Paolo Editore.
- I santi secondo il calendario, prefazione di Gianfranco Ravasi, edizioni Corriere della Sera.
- Martiri e santi del calendario romano, Enrico Pepe, Edizioni Città Nuova.
- I Santi nella Storia. Tremila testimoni del Vangelo, San Paolo Editore.