Vita del Santo
Filippo Romolo Neri era fiorentino di nascita: suo padre era un notaio e sua madre morì quando era ancora molto piccolo. Quanto nel 1532 i Medici fecero ritorno a Firenze, Filippo Romolo la lasciò per sempre e si recò nei pressi di Cassino per vivere con uno zio mercante. All’età di diciotto anni si trasferì a Roma. Portatore di uno stile di vita molto semplice quasi essenziale, visse quasi sempre in preghiera, vendette i suoi libri e si dedicò ad una vita di penitenza. Il suo primo biografo ne fa questa descrizione: «Egli si sentì all’improvviso riempito dalla potenza dello Spirito Santo con tale forza che il suo cuore cominciò a palpitare insieme al corpo e ad essere infiammato di un tale amore che, non essendo la sua natura abituata a tali sollecitazioni, comprese di non poterle sopportare a lungo». Nel 1551 fu ordinato sacerdote e andò a vivere nel Convitto di San Girolamo. Tutti coloro che erano guidati dal suo esempio formarono un gruppo per la celebrazione dei vespri o per le visite alle Sette Chiese di Roma: fu così che venne avviato l’Ordine degli Oratoriani. Una Congregazione composta da appartenenti a categorie diverse: laici, sacerdoti, poveri e ricchi legati tra loro da una stretta amicizia, con lo scopo spirituale di abituarsi alla lettura delle Scritture e alla frequentazione dei sacramenti. Papa Gregorio VIII riconosce ufficialmente la Congregazione degli Oratoriani nel 1575. Filippo Romolo Neri trascorre una vita di penitenza ed evangelizzazione, senza mai tralasciare la carità messa in pratica con la sua indole allegra e gioiosa. Gli ultimi anni della sua vita trascorsero sempre nella sua frenetica attività, ma allo stesso tempo anche alla ricerca della meditazione. Quando il cardinale Filippo Borromeo gli somministrò l’unzione degli infermi, Filippo Romolo Neri disse piangendo di non aver fatto nulla di buono nella vita, di non esserne degno. Morì serenamente il 26 maggio 1595.
Agiografia
Filippo Romolo Neri è probabilmente uno dei santi più affascinanti di tutti i tempi, acclamato come santo fin da subito dopo la sua morte. In quegli anni, la Congregazione degli Oratoriani contava sette case tutte in Italia, mentre oggi, a conferma della sua grande fama, risulta diffuso in tanti Paesi del mondo. Il culto per Filippo Romolo si diffuse rapidamente, anche sull’onda della sua fama di santità che gli attribuì innumerevoli miracoli e per le doti taumaturgiche che avevano circondato la sua persona. La mancanza pressoché totale di scritti attribuiti a Filippo Romolo Neri non permette l’esatta definizione di una sua dottrina spirituale, ma la sua caratteristica principale sembra essere proprio la coincidenza tra la vita pratica e l’esperienza spirituale, con la riduzione al minimo di ogni elaborazione teorica. La sua vita può considerarsi metafora di ciò che concretamente trovarono i medici quando ne sezionarono la salma: un cuore più grande del normale e due costole incrinate, come se l’organo avesse richiesto un ulteriore spazio per riuscire ad essere traboccante di amore verso Dio e gli uomini. All’interno della devozione e della grande fede popolare per Filippo Romolo Neri rientra il suo ritratto: quello di un uomo gioioso e affabile, che sapeva trasmettere il proprio amore con genuinità e grazie a un’allegria contagiosa. Il santo viene ricordato come un uomo burlone, forte della gioia della fede che talvolta ha celato le grandi tensioni e i difficili conflitti che hanno costituito la sua epoca. Pare che spesso avesse visioni durante la Messa, talvolta veniva per questo considerato pazzo, ma la cosa lo divertiva non poco. È nota la sua amicizia con il primo cappuccino, Felice da Cantalice; entrambi attraversati da uno stesso modo ironico di vivere a piene mani la loro esistenza, usavano salutarsi così: «Potessi vederti ammazzato per amore di Dio», e l’altro: «Potessi vederti squartato per lo stesso amore!»
Intervista impossibile di Monsignor Gherardo Gambelli al Santo
Qual è la differenza tra gioia e allegria e, secondo te, che cosa cercano di più i giovani di oggi?
Verrebbe di associare la gioia a un sentimento profondo e l’allegria a un che di superficiale, ma prese insieme esprimono due elementi irrinunciabili alla pienezza della vita, che poi è quella che tutti cerchiamo. L’etimo della gioia ha a che fare col godimento, con una soddisfazione vera: la gioia non può essere contenuta né sfrontata, tanto meno ingessata! L’allegria è una felicità che si rende visibile nei gesti, nel tratto, nelle espressioni. C’è bisogno di giovani che le cerchino entrambe.
In base alla tua abilità pedagogica, quali percorsi indicheresti per recuperare un’azione educativa che tenga conto di tutta la persona, partendo dal cuore?
Rispondo di getto. Fare. Fare il bene. Farlo bene. Farlo insieme. Farlo intercettando gli ambiti della vita, senza temere di attraversarli e abitarli. Dare ali al protagonismo dei giovani, credendo nella novità dirompente che scaturisce dal loro entusiasmo. Accompagnarli in un vero scambio intergenerazionale. Evitare il blocco delle paure, aprirsi alle fragilità, innamorarsi della missione ovunque possibile. Riscoprire il silenzio che genera parole autentiche. Ascoltare il cuore che batte.
La scelta di rinunciare ai propri beni per darli ai poveri, come potrebbe essere vissuta anche da chi ha una famiglia e un lavoro?
Chi ha, ha per dare. Stabilito il necessario e il conveniente, il resto è di chi ne ha bisogno. Possiamo molto imparare dal principio che ispira la “pastoral do dizimo” in Brasile: deciso con coscienza retta e formata quanto del bilancio familiare è possibile riservare ai poveri e alle necessità della comunità, lo si donerà in maniera ricorrente e stabile. Sul lavoro penso all’economia di comunione e all’utile ripartito per lo sviluppo, per la formazione e per l’aiuto di chi è in difficoltà.
Sei noto per la tua grande e disarmante bontà. Cosa risponderesti a chi afferma che essere troppo buoni equivalga a essere ingenui e deboli?
A Firenze si dice che a esser troppo buoni si passa per bischeri. Ogni dialetto conosce espressioni simili, quasi a giustificare la necessità di mettere un freno alla bontà. Non so se posso davvero considerarmi troppo buono. So però che scommettere sul bene talvolta nascosto e invisibile e così andare controcorrente spesso è l’unica via percorribile per aprire porte di futuro. Accogliere ciò che costa per addomesticare ciò che ferisce è dare casa per dare futuro. Nulla di più evangelico, direi.
Segni Iconografici distintivi
È ritratto in abito sacerdotale con in mano un giglio e un libro, simboli della sua fede e del suo insegnamento. Talvolta viene raffigurato in mezzo ai bambini dell’oratorio.
Tradizione gastronomica legata al culto
Le “polpette uova e cacio” nella loro bontà semplice e rustica rappresentano appieno lo spirito del santo. Sono delle buonissime polpette senza carne, tipiche della cucina laziale! Morbide, gustose e ricche di formaggio! Una ricetta della tradizione contadina, ancora oggi tanto apprezzata e servita in tutte le trattorie. Realizzarle è davvero semplice, una volta preparato l’impasto basterà appallottolarle, friggerle e passarle nel sugo. Potrete gustare le “polpette uova e cacio” come antipasto o come secondo piatto, o in alternativa potrete farle in versione mignon e utilizzarle per preparare una versione veg degli spaghetti alla chitarra. Sono una vera libidine, preparate con pochi e semplici ingredienti!
Curiosità
La figura di Filippo Romolo Neri è stata d’ispirazione per film, musica e fiction. Nella miniserie di grande successo “Preferisco il paradiso”, andata in onda su Rai 1 nel 2010, il santo è stato interpretato dal celebre attore Gigi Proietti.
Preghiere a San Filippo Romolo Neri
O dolcissimo San Filippo Romolo Neri,
che glorificasti Dio e perfezionasti te stesso,
tenendo sempre il cuore in alto e amando Dio e gli uomini con inenarrabile carità,
vieni dal cielo in mio aiuto.
Vedi che io gemo sotto il peso di molte miserie,
e vivo in una continua lotta di pensieri, di desideri, di affetti e di passioni,
che mi vorrebbero allontanare da Dio.
E senza Dio che cosa farei io mai?
Sarei uno schiavo che per colmo di miseria ignora la propria schiavitù.
Presto l’ira, l’orgoglio, l’egoismo, l’impurità e cento altre passioni divorerebbero l’anima mia.
Ma io voglio vivere con Dio; però invoco umilmente e fiduciosamente il tuo aiuto.
Impetrami tu il dono della santa carità;
fa che lo Spirito Santo, il quale tanto miracolosamente t’infiammò il petto,
discenda con i suoi doni nell’anima mia.
Ottienimi che io possa, sia pure debolmente, imitarti.
Che io viva nel continuo desiderio di salvare anime a Dio;
che io le guidi a lui, sempre imitando la tua dolcissima mansuetudine.
Dammi d’essere casto di pensieri, di desideri e di affetti, come fosti tu.
Concedimi quella santa allegrezza di spirito che procede dalla pace del cuore
e dalla piena rassegnazione della volontà mia alla volontà di Dio.
Intorno a te spirava un’aria benefica,
che sanava le anime inferme, quietava le dubbiose, rinfrancava le timide, confortava le afflitte.
Tu benedicevi coloro che ti maledivano;
pregavi per coloro che ti perseguitavano; conversavi con i giusti per perfezionarli,
e con i peccatori per ricondurli a coscienza.
Ma perché dunque non mi è dato d’imitarti?
Quanto lo desidererei! Come mi parrebbe bello farlo!
Pertanto, prega tu per me:
e io o che sia sacerdote o laico o uomo o donna potrò imitarti
ed esercitare anche io l’apostolato della tua carità tanto varia e molteplice.
Lo eserciterò secondo il poter mio, giovando alle anime e ai corpi.
Se avrò il cuore pieno di Dio,
l’apostolato tuo lo compirò o nella chiesa o nella famiglia
o negli ospedali o con gli infermi o con i sani, sempre.
Amen.
(del card. Alfonso Capecelatro di Castelpagano)
O mio caro San Filippo Romolo Neri,
io mi butto fra le tue braccia e per amore di Gesù,
per amore di quell’amore che fece di te un eletto ed un santo,
io ti supplico di pregare per me, affinché come Egli ha condotto te al cielo,
così a suo tempo conduca al cielo pure me.
Tu hai provato le tribolazioni ed i pericoli di questa vita;
tu conoscesti bene quale conto si debba fare agli assalti del maligno,
degli scherni del mondo e delle tentazioni della carne e del sangue.
Tu apprendesti quanto sia debole l’umana natura,
e quanto sia traditore il cuore umano
e questo ti ha colmato di una simpatia e di una compassione così tenera
che anche ora godi della gioia di una gloria ineffabile e di una ineffabile beatitudine,
puoi, io lo so, dedicare a me un pensiero.
Ricordati dunque di me, o mio caro San Filippo Romolo Neri,
ricordatene nonostante che io talvolta sembri dimenticarmi di te.
Ottienimi tutte quelle cose che mi sono necessarie a perseverare nella grazia di Dio
ed operare la mia salute eterna.
Ottienimi mediante la tua potente intercessione,
la forza necessaria per combattere la buona battaglia,
a rendere testimonianza del mio Dio e della mia religione,
in mezzo ai peccatori, la forza di reggere allorché Satana vorrebbe schernirmi
o forzarmi a fare qualche cosa di male, la forza di superare me stesso,
di fare tutto il mio dovere e così poter andare esente da colpa nel giorno del giudizio.
Vaso dello Spirito Santo, apostolo di Roma, santo dei tempi primitivi, prega per me.
Amen.
(del card. John Henry Newman)
Fonti
- Martiri e santi del calendario romano, Enrico Pepe, Edizioni Città Nuova.
- I Santi nella Storia. Tremila testimoni del Vangelo, San Paolo Editore.
- I santi del giorno ci insegnano a vivere e a morire, Luigi Luzi, Shalom Editrice.
- Il grande libro dei santi, dizionario enciclopedico diretto da C. Leonardi, A. Riccardi, G. Zarri, San Paolo Editore.
- I santi secondo il calendario, prefazione di Gianfranco Ravasi, edizioni Corriere della Sera.