Vita del Santo
Gregorio proveniva dalla nobile e autorevole famiglia romana degli Anici, profondamente religiosa e legata alla sede apostolica. Da questa stirpe erano già usciti due pontefici: Felice III e Agapito I. Il padre, Gordiano, e la madre, Silvia, godevano di grande stima da parte della comunità cristiana e, dopo la loro morte, furono annoverati tra i santi. Due sue zie, Tarsilla ed Emiliana, si consacrarono vergini, testimoniando una formazione familiare profondamente devota al cristianesimo. Gregorio compì studi giuridici ed era destinato a una brillante carriera come funzionario imperiale, tanto che fu nominato prefetto di Roma a soli trent’anni. Durante il suo mandato contribuì al rifiorire della città sotto diversi aspetti, guadagnandosi la stima sia delle autorità sia del popolo, che lo chiamava affettuosamente «il console di Dio». Tuttavia, dopo la morte del padre, scelse la vita monastica e fondò sul colle Celio il monastero di Sant’Andrea. Per servire il Signore nell’umiltà e nell’obbedienza, rifiutò persino l’incarico di abate. Pur avendo ereditato un ingente patrimonio, lo mise interamente al servizio della comunità, rinunciando alla carica di prefetto e indossando il saio monastico. Si dedicò alla preghiera, allo studio delle Scritture, al digiuno e alla contemplazione. «Gli uomini santi – scriveva – quanto più avanzano in virtù davanti a Dio, tanto più si riconoscono indegni; poiché, avvicinandosi alla luce, scoprono ciò che prima era loro nascosto, e tanto più si sentono deformi esteriormente quanto più bello è ciò che vedono interiormente». Nonostante cercasse in ogni modo di sottrarsi all’incarico, nel 590 Gregorio venne acclamato all’unanimità e nominato sessantaquattresimo pontefice della Chiesa. Fu non solo uno dei più grandi papi della storia, ma anche una delle figure più eminenti e carismatiche di tutti i tempi.
Agiografia
Gregorio I, detto Papa Gregorio Magno o “il Grande”, fu il primo pontefice a firmarsi con il titolo di «servus servorum Dei» – il servo dei servi di Dio – espressione che da allora divenne consuetudine papale. Gregorio Magno fu l’ultimo grande papa dell’epoca romana e il primo del Medioevo, il più eminente tra i sedici pontefici che portarono il suo nome, nonché uno dei quattro Dottori della Chiesa occidentale. Grazie alla sua autorevolezza e all’esperienza maturata come amministratore, assunse anche un ruolo civile e laico di grande rilievo per l’Italia: gestì trattati di pace, nominò generali, finanziò le truppe, e si impegnò a portare stabilità in un’epoca di profonde trasformazioni, cercando persino di convertire i barbari a una fede autentica. Fu il primo monaco a salire al soglio pontificio e favorì ampiamente la diffusione del monachesimo, circondandosi di collaboratori provenienti dalla vita monastica. Fu un papa capace di leggere con lucidità i segni dei tempi, convinto che, dietro la pressione dei nuovi popoli, si celasse un grande desiderio di evangelizzazione. Seguiva personalmente l’elezione dei vescovi e si impegnava ad elevarne la competenza e la dignità. Scriveva, nell’introduzione alla sua celebre Regola pastorale: «Non c’è posto nella cattedra del magistero per gli impreparati e per gli irresponsabili». Papa Gregorio I fu profondamente attento alle necessità della Chiesa, dalla diffusione della fede alla riforma della liturgia, senza mai trascurare la misericordia e la carità verso i più bisognosi. Pur ricoprendo il ruolo di pontefice, non rinunciò mai alla dimensione contemplativa della vita spirituale. Diceva: «Chi ha, per così dire, dilatato la propria anima con le opere sante, deve ancora dilatarla con l’intimo esercizio della contemplazione». Numerosi sono gli aneddoti legati alla sua carità. Si racconta che l’imperatrice Costanza gli chiese una reliquia importante e, delusa dal dono ricevuto – un semplice pezzo di stoffa che aveva toccato il corpo di un santo – lo restituì. Ma Gregorio I, in quell’atto semplice, esprimeva una fede profonda nella santità e nella potenza delle cose umili. Gregorio Magno è sepolto nella Basilica di San Pietro in Vaticano. Sulla sua tomba un epitaffio lo ricorda con il titolo che meglio riassume la sua opera e la sua vita: «Console di Dio».
Intervista impossibile di Monsignor Michele Di Tolve al Santo
Qual è, oggi, il compito principale di un pastore nella Chiesa? Come può guidare senza imporsi, correggere con umiltà e annunciare il Vangelo?
Il pastore, se vuole guidare, mostri prima con la vita ciò che insegna con le parole. Non domini con la forza, ma persuada con l’esempio; non corregga con ira, ma con pianto interiore. L’annuncio del Vangelo sia offerto come pane spezzato, adattando la parola all’orecchio dell’uditorio, senza mai corrompere la verità ricevuta.
A proposito del ministero petrino, che cosa significa, oggi, essere “servo dei servi di Dio”?
“Servo dei servi di Dio” è titolo che ricorda al pastore che l’autorità è gravame d’amore. Chi presiede si pieghi per sollevare, si faccia ultimo per condurre al Primo. Non cerchi onore, ma spenda sé stesso per le anime affidate. Servire i servi di Dio è custodire in loro il volto del Signore, sino a consumare la vita per Lui.
Com’è possibile custodire la tradizione della Chiesa senza scadere in atteggiamenti di nostalgia o rigidità conservatrice?
La tradizione non è peso morto, ma sorgente viva. Il pastore non custodisca le ceneri, ma alimenti la fiamma, affinché illumini l’oggi. Fugga la nostalgia che paralizza e la novità che strappa le radici. Resti saldo nella fede ricevuta, lasciandola fruttificare sotto l’alito dello Spirito, per edificare la Chiesa in ogni tempo.
In che modo è possibile proporre l’annuncio della buona novella agli uomini del nostro tempo, conservando la fedeltà al Vangelo?
La buona novella non si piega al mondo, ma illumina il mondo. Il pastore la offra con fedeltà integra e cuore paziente, cercando vie che l’uomo possa percorrere senza smarrirsi. Prima ascolti, poi parli, affinché la parola sia seme e non pietra. Solo la carità rende amabile la verità, e la verità custodisce pura la carità.
Segni Iconografici distintivi
È ritratto con alcuni simboli che richiamano il suo ruolo di Papa, pastore e Dottore della Chiesa: la tiara, o triregno, simbolo del potere papale e della sua autorità come guida della Chiesa universale. Accanto a essa, spesso compare anche il pastorale, segno della sua guida spirituale e del suo impegno come pastore del popolo cristiano. È frequente la presenza del libro, che rappresenta la sua grande sapienza teologica e la ricchezza dei suoi scritti. In alcune rappresentazioni si nota anche un idolo caduto ai suoi piedi, simbolo della sua lotta contro l’eresia ariana e della sua difesa della vera fede. Questo dettaglio rafforza l’immagine di un Papa fermo nella dottrina e coraggioso di fronte agli errori del tempo. Talvolta, vicino al suo capo, si trova una colomba, che rappresenta lo Spirito Santo. Secondo una tradizione, mentre Gregorio dettava le sue omelie, un diacono vide una colomba parlargli all’orecchio: da qui l’interpretazione di una predicazione ispirata direttamente da Dio.
Tradizione gastronomica legata al culto
Si narra che, prima ancora di diventare pontefice, Gregorio, allora monaco, si trovasse un giorno senza nulla da offrire a un povero che gli aveva chiesto aiuto. Non sapendo cosa donare, scelse ciò che aveva di più prezioso e personale: la scodella d’argento in cui ogni giorno riceveva dalla madre Silvia un piatto di verdure, semplice ma nutriente, per sostenerlo nel suo cammino monastico. Quel gesto, fatto con umiltà e amore, divenne simbolo della sua carità senza misura, capace di rinunciare anche a ciò che gli era più caro, pur di non lasciare senza aiuto chi era nel bisogno. Da allora, un piatto di verdure – povero ma ricco di significato – è rimasto tradizionalmente legato alla memoria del santo, come segno della sua attenzione ai poveri e della sua totale fiducia nella Provvidenza. Ancora oggi, in alcune località, nel giorno della sua festa (3 settembre), si usa distribuire scodelle di verdure ai bisognosi o ai fedeli, rievocando quel gesto di amore concreto e ricordando che la vera grandezza sta nel donare con cuore sincero anche ciò che sembra piccolo o semplice.
Curiosità
Non tutti sanno che fu Gregorio Magno ad avere un ruolo fondamentale nella nascita di quello che oggi conosciamo come canto gregoriano, che da lui prende il nome. Gregorio I, da pontefice, promosse una profonda riforma liturgica, desiderando un culto più ordinato, sobrio e coerente con la spiritualità cristiana. Si impegnò a raccogliere e sistematizzare i canti liturgici allora in uso, dando impulso alla nascita di una tradizione musicale unificata nella Chiesa romana. Anche se la forma definitiva del canto gregoriano si sviluppò nei secoli successivi (soprattutto tra l’VIII e il IX secolo, con l’apporto dei monaci carolingi), fu proprio sotto il suo pontificato che si gettarono le basi spirituali e organizzative di questa arte sacra. Secondo la tradizione, Gregorio I dettava i canti ispirato dallo Spirito Santo, raffigurato spesso in iconografia come una colomba che gli sussurra all’orecchio. Questo ha consolidato nel tempo la sua figura come padre del canto gregoriano, anche se non ne fu il compositore diretto.
Preghiere a San Gregorio Magno
O glorioso San Gregorio Magno,
tu che fosti insigne pastore della Chiesa di Cristo
e con la tua vita hai irradiato il mondo
con la luce della pietà e della sapienza cristiana,
intercedi per noi.
Insegnaci a servire i nostri fratelli
con semplicità e umiltà di cuore,
senza cercare il plauso degli uomini,
ma desiderando solo di piacere a Dio,
che scruta i cuori e conosce la verità di ciascuno.
Aiutaci a vivere con fedeltà il Vangelo,
a unire l’azione alla preghiera
e a custodire, come facesti tu,
la carità verso i poveri,
la verità nella dottrina
e la pace tra gli uomini.
Amen.
(di Autore Anonimo)
O glorioso San Gregorio Magno,
grande non per te stesso,
ma perché sei stato docile alla voce dello Spirito,
insegnaci a coltivare il dono del silenzio,
per ascoltare il battito del cuore del Padre
nella preghiera e nel canto di lode.
Intercedi per noi,
perché il Buon Pastore Gesù
faccia sorgere vocazioni sante,
consacrate alla Chiesa
e alla famiglia di Nazareth,
fondate sull’ascolto, sull’amore e sul servizio.
Amen.
(di Autore Anonimo)
Fonti
- I santi del giorno ci insegnano a vivere e a morire, Luigi Luzi, Shalom Editrice.
- Il grande libro dei santi, dizionario enciclopedico diretto da C. Leonardi, A. Riccardi, G. Zarri, San Paolo Editore.
- I santi secondo il calendario, prefazione di Gianfranco Ravasi, edizioni Corriere della Sera.
- Martiri e santi del calendario romano, Enrico Pepe, Edizioni Città Nuova.
- I Santi nella Storia. Tremila testimoni del Vangelo, San Paolo Editore.