3 Settembre
Diacono e anacoreta, sul Monte Titano vicino a Rimini, è ricordato come colui che condusse un popolo pagano alla luce del Vangelo e alla libertà in Cristo.
Marino
III Secolo
3 Settembre 366
3 Settembre
Diacono e anacoreta, sul Monte Titano vicino a Rimini, è ricordato come colui che condusse un popolo pagano alla luce del Vangelo e alla libertà in Cristo.
Marino
III Secolo
3 Settembre 366
Tagliapietre e Repubblica di San Marino.
Marino era un umile tagliapietre originario dell’isola di Arbe, in Dalmazia (oggi Rab, in Croazia), nato in una famiglia cristiana di modeste condizioni. La sua figura, come accade per molte delle prime personalità della santità cristiana, è circondata da un intreccio di storia e leggenda, tramandato soprattutto attraverso la tradizione e le cronache medievali. Non si conosce con precisione la sua data di nascita, ma si ritiene che abbia vissuto nel III secolo d.C., durante le persecuzioni contro i cristiani ordinate dall’imperatore Diocleziano. Nel 257, si trasferì a Rimini insieme al compatriota Leo, per lavorare come scalpellino alle fortificazioni della città e, con ogni probabilità, anche per sfuggire alle persecuzioni religiose. Successivamente, Marino si ritirò sul Monte Titano, un’altura isolata da cui si domina il territorio dove sorgerà in seguito la Repubblica di San Marino. Qui fondò una piccola comunità cristiana, basata sulla preghiera e sul lavoro manuale. Con i suoi compagni costruì un oratorio dedicato a San Pietro, e ben presto la sua fama di uomo santo e caritatevole cominciò a diffondersi nella regione. Secondo la tradizione, il figlio della proprietaria del monte tentò di scacciare Marino e i suoi seguaci, ma fu colpito da una paralisi improvvisa. La madre, disperata, chiese aiuto proprio a Marino, che lo guarì. Colpita dal miracolo, la donna si convertì al cristianesimo e, in segno di riconoscenza, gli donò il territorio dove viveva la comunità. Sentendo vicina la morte, Marino chiese di essere portato sulla cima del Monte Titano, per poter guardare da lontano la sua isola natale. In quell’occasione si congedò dai suoi compagni con parole che oggi vengono interpretate come una proclamazione di indipendenza del luogo da ogni autorità terrena. Fu sepolto nella chiesa da lui stesso costruita e dedicata a San Pietro. Il culto di Marino venne ufficialmente confermato da Papa Pio VI nel 1778. È venerato oggi come fondatore e patrono della Repubblica di San Marino, considerata la più antica repubblica indipendente ancora esistente, che da lui prende il nome.
Come molti cristiani del suo tempo, Marino visse in un periodo di grande sofferenza a causa della sua fede. Le persecuzioni contro i cristiani erano particolarmente violente, e molti di loro erano costretti a nascondersi per sfuggire alla morte. In questo contesto difficile, Marino si distinse rapidamente per la sua profonda devozione religiosa e per uno stile di vita improntato alla santità e alla carità. Si racconta che fosse un uomo di grande bontà, dedito ad aiutare i bisognosi e impegnato nella predicazione del Vangelo. La comunità che fondò sul Monte Titano crebbe rapidamente, attirando coloro che cercavano rifugio spirituale in un’epoca in cui il cristianesimo era ancora perseguitato. La sua figura divenne ben presto un punto di riferimento, non solo per la fede, ma anche per i valori di accoglienza e solidarietà che incarnava. Dopo la sua morte, Marino divenne un simbolo di fede e di indipendenza. Con il passare dei secoli, la sua figura si legò indissolubilmente alla fondazione della Repubblica di San Marino, che rivendica una continuità di governo fin dai tempi della piccola comunità religiosa da lui creata. Da quel nucleo iniziale si sviluppò uno degli Stati più antichi del mondo, tuttora esistente. Marino è quindi considerato non solo il fondatore spirituale, ma anche un simbolo di libertà, autonomia e resistenza pacifica. All’interno dello Stato, il culto verso il santo patrono è ancora oggi molto vivo: la sua tomba, custodita nella basilica a lui dedicata, è meta di pellegrinaggio e oggetto di profonda devozione, sia da parte dei cittadini sammarinesi sia da visitatori provenienti da altri luoghi. Sebbene la sua vita sia in parte avvolta nella leggenda, l’eredità del santo continua a ispirare, rappresentando ancora oggi un esempio di fede, coraggio e dedizione. La sua scelta di ritirarsi in solitudine e di fondare una comunità basata sui principi cristiani ha lasciato un segno profondo, non solo nella spiritualità della regione, ma anche nella storia politica e culturale di uno dei territori più singolari e affascinanti d’Europa.
C’è un piccolo Stato che porta il tuo nome. Come è accaduto?
Sono venuto dalla vicina Croazia, di là dell’Adriatico, di fronte alla riviera romagnola. Nei giorni di limpida atmosfera le due coste si osservano e si salutano reciprocamente. La scelta del viaggio e del mio approdo sulla riva italiana sono dovuti alle persecuzioni contro i cristiani ordinate dall’imperatore Diocleziano. Sono partito dalla mia patria in compagnia dell’amico Leone, croato come me; siamo nati e cresciuti ad Arbe, fiorente cittadina sul mare. A Rimini siamo arrivati con una promettente esperienza e una professione apprezzata a quell’epoca: eravamo scalpellini (lapicidi come si diceva un tempo). Il lavoro non mancava. Per Rimini era un momento di sviluppo urbanistico, sociale e religioso. I primi anni del nostro inserimento in terra riminese sono stati impegnativi: lontananza dalla patria, duro lavoro, austero cammino di fede, timore per le possibili persecuzioni. Partecipavamo alla vita della comunità cristiana. Era vescovo della città Gaudenzo, gran personaggio! Io fui eletto diacono, Leone presbitero. Il vescovo ci ha fatto la proposta di salire nell’entroterra per evangelizzare le popolazioni di lassù: all’epoca territori impervi, abitati da gente ancora pagana, ma lavoratrice e schietta. A volte veniamo qualificati dagli storici come anacoreti, cioè eremiti. In verità io e Leone ci consideriamo prima ancora missionari evangelizzatori.
Come hai saputo combinare la tua attività di fondazione con la tua scelta spirituale?
La nostra è stata una vita piuttosto movimentata: profughi, lavoratori della pietra, missionari itineranti…io sul monte Titano, tra gente povera alle prese con un territorio aspro, spesso irraggiungibile, con calanchi scoscesi; Leone sul monte Feretro (da qui il nome di quelle contrade: Montefeltro) in un territorio meno aspro, più aperto, accessibile ai sentieri e alle vie. Le nostre vite e le nostre storie si sono divaricate. Parlo di me. Ho scelto uno stile di vita che fosse il più possibile come quello della gente di qua, da discepolo del Cristo, Verbo incarnato. Dunque, con la gente, ma ben radicato nella fede cristiana. Mi sono sistemato in un luogo che mi consentiva raccoglimento: un insieme di grotte adatte alla prossimità, ma anche alla solitudine; un punto d’appoggio – meglio – una “base missionaria” da dove uscire ogni giorno e ogni giorno rientrare per la contemplazione (“contemplata aliis tradere”, come dite voi oggi). Povertà e contemplazione, ma in vista della missione. Dunque, nessuna fuga dalla realtà, dal mondo. Ascoltare, condividere, farsi “uno”, amare per primi, amare tutti, particolarmente le persone diffidenti.
Quali sono stati i primi passi di questa piccola società così singolare?
È cresciuta attorno a me una comunità ispirata al Vangelo. Non ho mai pensato ad un monastero a cielo aperto, ma ad un “sociale cristiano”, sì! Battezzavo i cristiani alle fonti che scaturivano dalla montagna; il Castello presso la sorgente ha preso il nome di Acquaviva, nome che conserva ancora oggi. Una raccomandazione forte ai neofiti: il Signore vi ha liberati, restate liberi. Questo annuncio è diventato programma della nascente comunità cristiana. L’ho lasciato, prima di morire, come testamento: “Relinquam vos liberos ab utroque homine” (vi lascio liberi da ambedue i poteri, politico e religioso). L’inaccessibilità del monte Titano, il mutuo aiuto nella povertà, la forte identità degli abitanti e dei valori della condivisione, hanno contribuito a dare consistenza e stabilità al nucleo originario della Repubblica. Nelle regioni attorno, qua e là, cominciavano a sorgere realtà “comunali”. Nella comunità sul Titano da subito è stato salvaguardato uno statuto veramente comunale, dove le famiglie insieme organizzavano il bene comune. Questa aggregazione non diventò mai signoria. Ha conservato gelosamente la sua autonomia e la sua identità di “città posta sul monte”. Una luce seppur piccola, si vede da lontano!
Molti oggi ti pensano alle prese con costruzioni necessarie alla promozione umana di quelle popolazioni: edificazione di case, organizzazione delle acque, coltivazione della terra, ecc.
Forse sei curioso di sapere il mio stile di vita quotidiano. Mi sono preoccupato di essere “conca”, una conca che raccoglie luce, propositi di bene, di carità, di… Divino: per questo il silenzio, la preghiera, la ricerca dell’essenziale. Il Signore ha fatto il resto, e Lui si è fatto torrente che porta pienezza di vita. Sono cresciuto in questa consapevolezza al punto da preferire il nascondimento. Un po’ come Giovanni Battista ho avuto in cuore questa parola: “Lui deve crescere, io diminuire”. Ho visto il Signore plasmare con la sua grazia uomini nuovi per la novità cristiana. Ho fiducia che il mio popolo resti fedele alle proposte, capace di – lo dico con una battuta – questa “impresa titanica”!
La tua persona e l’eredità che hai lasciato sono un messaggio valido per oggi?
Credo proprio di sì. Il processo di evangelizzazione è andato avanti tra mille ostacoli, chiusure e difficoltà. Non ho voluto forzare. Attraverso molti anni e per osmosi la fede cristiana è penetrata pian piano nella vita delle famiglie, permeando quella piccola realtà. È stata vissuta nella normalità e nel rispetto la convivenza fra cristiani e pagani. Spero siano ancora possibili dialogo e convivenza. Per dirla con le vostre parole si tratta della “laicità” ben intesa, esperienza di amicizia dove si accoglie l’altro come un dono nella sua diversità. Del resto, l’altro cercherà di offrire il meglio di sé. Che ognuno si senta a casa sua in casa nostra! Inevitabili le tensioni e a volte le battaglie interne ed esterne alla comunità: questa realtà nata sul monte Titano non è un paradiso! Ma le battaglie più importanti saranno sempre quelle per la verità, l’onestà, la libertà. Quanti vivono in questa comunità così singolare siano certi della mia presenza, della mia protezione, della mia preghiera, affinché siano cristiani presenti, coerenti, intraprendenti.
È ritratto vestito da diacono, con il Vangelo in una mano, simbolo della sua profonda fede e della sua missione di guida spirituale. Il martello, suo strumento di lavoro da tagliapietre, è posto accanto a lui, a ricordare le sue origini umili e il legame con il lavoro manuale. Accanto alla figura del santo si trova spesso lo stemma della Repubblica, che raffigura il Monte Titano sormontato dalle tre torri, emblema di forza, indipendenza e protezione. I colori bianco e azzurro, presenti sia nello stemma che nella bandiera di San Marino, avvolgono l’immagine, sottolineando l’identità e la storia del più antico Stato sovrano del mondo, fondato dalla sua opera e dal suo esempio.
La torta “Tre Monti”, conosciuta anche come “Torta di San Marino” in onore del santo patrono, è un dolce tipico che racchiude in sé la tradizione e il gusto autentico della Repubblica di San Marino. Ha una forma perfettamente circolare, con un diametro di circa venti centimetri, ed è composta da cinque strati di sottili cialde rotonde, croccanti e leggere. Tra uno strato e l’altro si trova una ricca crema vellutata al cacao e nocciole, dal sapore intenso e avvolgente, che bilancia la fragranza delle cialde. Il bordo esterno della torta è rifinito con uno strato di cioccolato fondente, che avvolge la superficie con una nota amarognola e una consistenza morbida, creando un piacevole contrasto con la croccantezza delle cialde. Questo dolce non è solo una prelibatezza per il palato, ma anche un simbolo di identità e tradizione, che rende omaggio alla storia e alla cultura di San Marino.
Il santo rappresenta un caso unico nella storia del cristianesimo e della civiltà europea: è l’unico riconosciuto ad aver fondato uno Stato sovrano e indipendente, che ancora oggi porta il suo nome. Patrono della Repubblica che da lui trae origine, egli unisce in sé la figura del fondatore spirituale e quella del padre della libertà, simbolo di fede, autonomia e identità per un intero popolo.
O glorioso San Marino,
che con fede incrollabile e coraggio hai donato libertà a questa terra,
ascolta la preghiera dei tuoi figli devoti.
Veglia su di noi e sulla nostra amata Repubblica,
fa’ che il tuo esempio di santità e dedizione ispiri i nostri cuori.
Rendi vivo in noi l’amore per la patria,
la passione per la giustizia e la fedeltà ai valori della libertà.
Guidaci nel cammino quotidiano,
affinché rispettiamo sempre le leggi divine e umane,
e custodiamo con impegno la pace e la concordia.
Concedici la tua protezione, perché, sotto il tuo sguardo benevolo,
possiamo prosperare nell’armonia e nella fratellanza,
onorando il tuo nome e seguendo il tuo esempio eterno.
Amen.
O glorioso San Marino, nostro devoto Protettore e Principe,
che il dono della libertà volesti accompagnare con la tua protezione,
ci presentiamo in questo giorno sacro al tuo natalizio.
Noi, balestrieri, custodi delle armi che furono difesa della tua terra,
che ricordano il valore dei nostri avi e che oggi usiamo in tuo onore,
ti preghiamo di benedire il nostro operato.
Ti supplichiamo soprattutto che lo spirito d’amore per la patria
e i sentimenti generosi e nobili che con queste balestre dimostrarono i nostri antenati,
siano mantenuti vivi nelle nuove e future generazioni.
Così, nell’amore e nell’osservanza delle leggi divine e umane,
nella costante concordia e nell’onesto lavoro,
possa perpetuarsi dignitosamente la libertà che hai lasciato a questa tua e nostra terra.
Questa è la santa orazione che umilmente ti rivolgiamo,
o San Marino, e ti preghiamo che, nella tua perpetua benevolenza,
tu voglia presentarla all’Onnipotente Iddio, affinché la esaudisca.
Amen.
Fonti
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