11 Giugno
Soldati romani e martiri ad Aquileia, hanno combattuto per Cristo e vissuto il coraggio di una fede testimoniata “a caro prezzo”.
Felice - Fortunato
III Secolo
IV Secolo
11 Giugno
Soldati romani e martiri ad Aquileia, hanno combattuto per Cristo e vissuto il coraggio di una fede testimoniata “a caro prezzo”.
Felice - Fortunato
III Secolo
IV Secolo
Abitanti di Chioggia, chioggiotti, di Vicenza, vicentini e di Aquileia, aquileiesi.
Nonostante le informazioni siano scarse e talvolta confuse, Felice e Fortunato sono due figure molto venerate dalla Chiesa. La tradizione narra che siano stati due giovani fratelli vicentini, vissuti nel contesto del martirio cristiano durante le persecuzioni nell’Impero Romano, sotto Diocleziano e Massimiano. Sempre secondo i documenti giunti fino a noi, Felice era un presbitero e Fortunato un diacono, entrambi attivi nel settentrione. Sempre rappresentati come due soldati romani, Felice e Fortunato vissero un’esistenza che si intrecciò con la diffusione del cristianesimo in un periodo di intensa avversità. Pare che i fratelli giunsero ad Aquileia all’inizio del quarto secolo – durante appunto la violenta persecuzione contro i cristiani – per commerciare, in quanto la località era allora il principale sbocco all’Adriatico di tutta l’Italia settentrionale. Entrambi risultano come ferventi cristiani: da alcune fonti sembra siano stati trovati in preghiera e per questo fatti subito arrestare dal prefetto Eufemio, senza mai rinnegare la loro fede, anzi rimarcandola con tenacia e grande coraggio, come emerge anche dalla passio ambrosiana. Pur di costringerli a rinnegare il proprio credo, i loro persecutori li sottoposero ad atroci torture, dopo averli arrestati a causa della loro fede. Ma Felice e Fortunato rimasero saldi nella loro convinzione, combattendo in nome di Cristo e mantenendo sempre integra la propria fede. Si ricorse a vari espedienti per indurli ad abbandonare la loro fede: non solo lusinghe alle minacce, ma in seguito strazianti sofferenze. Loro, tuttavia, scelsero la morte piuttosto che rinnegare la fede. Alcuni cristiani di Aquileia e altri che provenivano da Vicenza, città natale di Felice e Fortunato, accorsero subito nel luogo del martirio: furono i primi a dare loro una dignitosa sepoltura.
La storia di Felice e Fortunato è avvolta nel mistero e nella leggenda, ma la loro fede e il loro sacrificio restano un esempio di impavido coraggio e grande devozione. La comunità cristiana considera i due santi come due grandi dimostrazioni di tenacia e dedizione verso la propria fede, simbolizzando in queste due figure anche la lotta contro l’oppressione. Il culto legato a Felice e Fortunato è stato da sempre manifestato soprattutto attraverso una forte devozione popolare, particolarmente intensa specialmente in alcune regioni d’Italia. Le loro reliquie sono conservate in alcune chiese storiche, dove i fedeli si recano ancora oggi per pregare e chiedere intercessione per le loro sofferenze, oltre che per chiedere grazie e fermarsi in raccoglimento. Attraverso gli anni, la vita di Felice e Fortunato ha ispirato artisti e scrittori che hanno trovato nella loro storia un forte messaggio di speranza e resistenza spirituale. Ma l’esempio dei fratelli Felice e Fortunato continua a vivere soprattutto nei cuori dei devoti, che negli anni li ha elevati a baluardi di perseveranza nella fede. Ciò si evince in maniera particolare nelle città dove i due santi sono venerati come patroni: i fedeli di Vicenza e Chioggia, che conservano le reliquie dei santi martiri, li venerano con grandi festeggiamenti e slanci di devozione comunitaria: manifestazioni di fede e amore patrio costanti nei secoli. I popoli accolsero infatti i resti di Felice e Fortunato con fervore così ardente che ben presto furono proclamati patroni principali della città e diocesi di Chioggia, ancora oggi amati e venerati in maniera invariata nel tempo.
Fratelli di sangue e fratelli nel Signore: in base al vostro legame, sapreste dirci in che modo la grazia può toccare i vincoli naturali e trasformarli?
Eravamo fratelli, cresciuti insieme e insieme abbiamo iniziato il servizio militare e siamo diventati soldati. L’incontro con Gesù ci ha uniti ancora di più: all’unione del sangue si è aggiunta la complicità dell’anima, gli stessi ideali, la stessa voglia di diventare santi. Ci aiutavamo, a volte uno correggeva l’altro, quando uno era triste l’altro gli ricordava una pagina del Vangelo e bastava uno sguardo per ripartire. Un po’ alla volta ci siamo resi conto che il nostro legame grazie al Vangelo era molto più forte di quando non conoscevamo Gesù.
Siete stati martirizzati insieme dopo aver subito molte torture. Cosa ha significato per voi il martirio: dare la vita o perderla?
Non è stato facile accettare le torture e sapere che la morte si avvicinava. Nel cuore eravamo lacerati come Gesù nel Getsemani e pensavamo al coraggio di Giovanni e alla paura di Pietro. Come potevamo dire di non essere cristiani, come potevamo rinnegare l’amore della nostra vita? Non so se abbiamo scelto il martirio o l’abbiamo subito, ma una cosa avevamo chiara nel cuore: non potevamo rinnegare Gesù.
Le lusinghe e le minacce non vi hanno corrotti: cosa consigliereste oggi alla Chiesa per liberarsi dall’insidia della mondanità e dell’autoreferenzialità?
Lusinghe e mondanità erano molto più forti ai nostri tempi; la paura di morire in battaglia portava a cercare tutti i piaceri e le opportunità perché non sapevi se il giorno dopo potevi ancora godere della vita. Poi il mondo militare era pieno di corruzione e ciascun soldato cercava di salvare sé stesso mandando avanti gli altri soprattutto quando c’erano dei rischi. Noi eravamo insieme, forti del nostro legame e di quello con Gesù. Vedevamo nei nostri compagni la fame di piaceri ma poi tanta tristezza; noi avevamo nel cuore la gioia e la pace vera.
Prima di morire vi siete abbracciati affettuosamente: cosa può mantenerci teneri e umani pur in mezzo alle dure prove della vita?
Eravamo dei soldati, non era molto naturale abbracciarci, ma in quel momento l’abbiamo fatto senza pensare a chi ci guardava né a cosa potevano pensare. Guardando oggi a quel momento ci viene da dire che l’incontro con Gesù ci ha donato anche un’umanità ricca, calda, rispettosa, paziente. Tutto quello che l’apostolo Paolo scrive nel suo meraviglioso inno alla carità. Ricordateci non solo per la nostra fede, ma anche per un’umanità bella e realizzata; noi ci siamo sempre sentiti così.
Sono ritratti vestiti da soldati romani (armatura, corazza, spada e scudo) con in mano la palma, simbolo del martirio.
Le “sardèe in saór” sono uno dei piatti più famosi della tradizione chioggiotta, un antipasto che spopola soprattutto durante la festa dei santi patroni. Un piatto che nasce dai pescatori per la necessità di conservare il cibo. Si cucinano le cipolle con aceto e olio, si mettono in contenitori di terracotta alternando uno strato di queste con uno strato di sarde fritte. Negli anni la ricetta ha avuto delle piccole variazioni, quali l’uso dell’uva sultanina (per addolcire il palato) e più recentemente l’uso dei pinoli.
In una composizione di Venanzio Fortunato (VI secolo) Felice è detto vicentino e Fortunato aquileiese. È un dato che risale alla passio dei due fratelli, documento che narra il martirio subìto in seguito all’interrogatorio e alle angherie inflitte dal preside aquileiese Eufemio. I due fratelli, sottoposti a terribili torture, rifiutarono di rinnegare la fede cristiana in favore di Giove. Per questo furono decapitati sulle sponde del fiume Natissa, a sud della città romana.
O Santi Felice e Fortunato,
voi siete testimoni di una fede incrollabile
e di un amore profondo per il nostro Signore.
Vi invochiamo oggi con umiltà,
affinché intercediate per noi presso Dio.
Nel momento delle difficoltà,
guidateci con la vostra saggezza.
Accogliete le nostre suppliche e desideri,
e concedeteci la forza di perseverare.
Proteggete le nostre famiglie,
illuminate i nostri cammini,
e aiutateci a vivere nella gioia e nella speranza.
Santi Felice e Fortunato,
fate che possiamo sempre seguire l’esempio della vostra vita,
cercando la volontà di Dio in ogni azione.
Amen.
O Santi Felice e Fortunato,
voi, che avete vissuto con fede e coraggio,
intercedete per noi presso il Signore.
Sosteneteci nelle difficoltà della vita,
donateci la forza di affrontare le sfide quotidiane
e illuminate il nostro cammino con la vostra luce.
Fate che possiamo imitare il vostro esempio
di dedizione e amore verso Dio.
Con la vostra intercessione,
aiutateci a riconoscere le benedizioni quotidiane
e a vivere con gratitudine nel cuore.
Vi chiediamo di proteggere le nostre famiglie,
i nostri amici e tutti coloro che ci sono cari.
Che la vostra presenza ci accompagni sempre,
guidandoci sulla via della fede.
Amen.
Fonti
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