Vita dei Santi
Gli apostoli Filippo e Giacomo sono accomunati da tanti tratti che li uniscono sia in vita che oltre la morte. Entrambi sono discepoli di Gesù, tra i dodici che gli erano vicini. Allo stesso modo, Filippo e Giacomo proseguiranno insieme la loro opera di evangelizzazione, per poi morire entrambi da martiri ed essere seppelliti insieme a Roma. Filippo fu discepolo di Giovanni Battista e uno dei primi a seguire Gesù. Pare che ardesse da lungo tempo in lui il desiderio di incontrarlo: per questo, appena iniziata la predicazione, Gesù lo premiò chiamandolo tra i suoi primissimi discepoli. Filippo era un pescatore originario di Betsaida e già discepolo di Giovanni il Battista. Nel Vangelo di Giovanni, è descritta la scena in cui dice a Gesù: «Mostraci il Padre e ci basta». Il Messia gli risponde: «Chi vede me vede il Padre. Io sono nel Padre, il Padre è in me». Filippo è insieme a Gesù nel deserto poco prima del miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci, così come è seduto con Lui durante l’Ultima Cena. Giovanni Evangelista lo presenta come un uomo generoso e molto impegnato a far conoscere Gesù agli altri. La tradizione vuole che muoia da martire durante la persecuzione di Domiziano, crocifisso con la testa all’ingiù, in Frigia, a Ierapoli. Accanto a lui furono sepolte le due sante figlie che lo hanno aiutato nella diffusione del Vangelo. A Filippo è stato anche attribuito un vangelo apocrifo, ma molte delle notizie che si hanno sulla sua vita sono legate alla leggenda. Secondo alcune fonti, Giacomo viene indicato nella tradizione cristiana come “Il Minore”, per distinguerlo da Giacomo “il Maggiore”. Era figlio di Alfeo e uno dei parenti più prossimi alla famiglia di Gesù, probabilmente il cugino di cui parla l’evangelista Matteo: tuttavia le documentazioni su questo e altri dettagli dell’apostolo sono dibattute e talvolta controverse. Nell’anno 50, Giacomo fu il primo a presiedere a Gerusalemme il primo Concilio della Chiesa, dimostrando grande equilibrio e comprensione verso i cristiani che provenivano dal paganesimo. Divenne capo della Chiesa di Gerusalemme e riuscì a convertire al cristianesimo molti ebrei ortodossi grazie alla santità della sua vita. Uomo probo, portatore di una condotta esemplare fatta di preghiera, digiuno e lontananza dai vizi, Giacomo ricevette l’epiteto de “Il Giusto”. Autore delle prime Lettere “cattoliche” del Nuovo Testamento, si ricorda in particolare quella in cui osserva che «la fede è morta senza le opere». Durante la controversia sulla circoncisione, aderì alla proposta di Pietro di non imporre quell’antico giogo ai discepoli convertiti dal paganesimo, coronando, infine, il suo apostolato con il martirio. Secondo la tradizione venne gettato dal pinnacolo del tempio e mentre giaceva a terra venne ucciso tramite lapidazione con colpi di bastone. Le sue ultime parole prima della lapidazione furono le stesse di Gesù sulla croce: «Signore perdona loro perché non sanno quello che fanno».
Agiografia
Fin dal VI secolo nei libri liturgici latini viene associato il culto dei due apostoli Filippo e Giacomo il Minore. Filippo, di Betsaida come Pietro e Andrea, probabilmente discepolo di Giovanni Battista, fu tra i primi ad essere chiamato da Gesù, al quale egli portò poi Natanaele (Bartolomeo) dicendo a quest’ultimo: «Abbiamo trovato Colui del quale scrissero Mosè e i profeti». Gesù si rivolge a lui nella prima moltiplicazione dei pani, e nel discorso dell’ultima Cena è Filippo che chiede al Maestro: «Signore, mostraci il Padre»; e dopo l’Ascensione, nella Pentecoste riceve con gli altri apostoli lo Spirito Santo. Filippo avrebbe evangelizzato la Frigia e sarebbe morto martire sotto Domiziano a Gerapoli, crocifisso a testa in giù. Giacomo, detto il Minore per distinguerlo dall’omonimo apostolo, nei Vangeli di Matteo e Marco è chiamato “cugino del Signore” (sua madre era cognata della Madonna). Nel libro degli Atti degli Apostoli occupa una posizione di rilievo: viene informato dalla miracolosa liberazione di Pietro ad opera dell’Angelo; partecipa al concilio di Gerusalemme proponendo alcune norme per una pacifica convivenza fra i cristiani di origine giudaica e quelli di origine pagana; infine, dà suggerimenti pratici all’apostolo Paolo rientrato a Gerusalemme dopo il suo terzo viaggio missionario. Sua è la prima delle 7 lettere che nel catalogo del Nuovo Testamento sono dette “cattoliche”. L’apostolo tratta della necessità e dell’efficacia della preghiera con assoluta fiducia a Dio, dell’origine e della natura delle tentazioni, dell’esercizio continuo della carità affermando che «la fede senza le opere è morta». Giacomo morì per ordine del sommo sacerdote Hannan II, che approfittò dell’assenza del procuratore Festo, ma per questo fu poi esautorato dal re Agrippa. Dopo essere stato precipitato dal pinnacolo del Tempio, essendo ancora in vita, il martire perdonò ai suoi carnefici, suscitando l’ammirazione tra i Giudei più assennati.
Intervista impossibile di Monsignor Angelo Raffaele Panzetta ai Santi
In base all’esperienza del vostro legame, quanto credete che la lealtà nell’amicizia possa aiutare a crescere nel rapporto con Dio?
La lealtà, ancor prima di essere importante nel rapporto con Dio, è una forma di amore e di benevolenza. Senza lealtà non può esserci nessuna amicizia. Condividendo la ricerca di Dio siamo stati aiutati a trovarlo e ad amarlo: quindi la nostra storia, ma anche la storia della santità cristiana testimonia che l’amicizia vera vissuta nella lealtà è un’ottima possibilità per conoscere Dio e per vivere seriamente la propria appartenenza a Lui.
In un’epoca di individualismo, ricerca del benessere, rimozione della morte, che senso può avere dare la vita per un altro, come avete fatto voi?
In questo tempo che potremmo definire di «individualismo pandemico», potremmo dire che la possibilità di fare della propria vita un dono all’altro «con la A maiuscola», costituisce una vera e propria profezia. Quando è buio anche un fiammifero si vede chiaramente, quindi in questo tempo il dono della vita per i fratelli e per Dio acquisisce una peculiare visibilità. Il dono della vita è una profezia in questo tempo molto forte che aiuta a riscoprire il senso vero della vita: perché noi siamo dono e ci realizziamo nel dono.
Come ai vostri tempi, così anche oggi i cristiani stanno tornando a essere una minoranza nella società: l’irrilevanza sociale per la Chiesa, a vostro avviso, è un limite o un’opportunità?
Certamente il fatto che i cristiani – almeno in Occidente – stiano diventando minoranza è un fatto preoccupante, perché ci accorgiamo che la secolarizzazione è sempre meno importante nella vita delle persone. Tuttavia, basta guardare dentro la vita reale delle persone per capire che non sta scomparendo il desiderio di Dio o le grandi domande della vita. Certe volte la conformazione storica del cristianesimo sembra non offrire risposte chiare e forti nella vita delle persone, per cui questa situazione per un verso ci preoccupa, ma dall’altro ci spinge a cambiare, a rinnovarci, a costruire non «un’altra Chiesa», ma una Chiesa diversa, nella quale si ritrova lo slancio missionario e la testimonianza: questo tempo costituisce una splendida occasione per ritornare alle cose semplici del Vangelo, dall’annuncio missionario alla testimonianza efficace.
Di che cosa ha bisogno la testimonianza cristiana attuale per diventare incisiva, significativa e feconda come quella apostolica?
Noi pensiamo che la testimonianza cristiana per essere incisiva dovrà tornare a essere feriale. Il cristianesimo si è diffuso per una testimonianza vantaggiosa nelle case, nei quartieri, nei posti di lavoro: per questo pensiamo che la testimonianza cristiana non dovrà essere nel futuro episodica e nemmeno spendersi troppo in episodi isolati, ma dovrà diventare feriale e quotidiana. Se i cristiani nel quotidiano sapranno rendere testimonianza all’amore di Cristo e all’amore per la gente che nasce dal Vangelo, tutto questo potrà renderla incisiva. D’altro canto, tutti noi credenti se siamo tali è perché abbiamo incontrato persone che quotidianamente hanno cercato di amare Gesù e la gente. Questo dovrebbe essere fatto anche in questo tempo pieno di tanti e diversi problemi.
Segni Iconografici distintivi
Sono ritratti solitamente insieme, con tunica, pallio e un libro in mano, simbolo del loro impegno apostolico. Giacomo è raffigurato con un lungo bastone usato per cardare la lana con un’estremità triangolare uncinata (strumento del suo martirio). Filippo è rappresentato con una grande croce in legno, a simboleggiare il suo martirio (a volte rovesciata poiché, secondo alcune fonti, sarebbe stato crocifisso a testa in giù come l’apostolo Pietro). Talvolta viene raffigurato con pani e pesci, in ricordo del miracolo della moltiplicazione, o con il drago, figura tratta da una leggenda.
Tradizione gastronomica legata al culto
La zuppa di pesce è un gustoso piatto che si realizza con il pesce fresco, immancabile nella tradizione culinaria per festeggiare i due apostoli, noti pescatori. Ogni paese che affaccia sul mare, infatti, custodisce la sua ricetta; basti pensare al celebre brodetto fanese o alla tipica zuppa di vongole ma anche ai semplici pesci in guazzetto. A rendere speciale questa zuppa è il fumetto di pesce: un brodo dal gusto intenso realizzato con gli scarti della pulizia di tutti i pesci presenti nella preparazione, che in cottura rilasceranno tutti i loro aromi. La zuppa va accompagnata con delle fette di pane casareccio, un tocco rustico e genuino a questo delizioso primo piatto. Anche se un po’ laboriosa, la zuppa di pesce merita di essere preparata: i suoi sapori e i suoi profumi trasporteranno per un giorno in riva al mare.
Curiosità
I due apostoli Filippo e Giacomo il Minore sono ricordati con un’unica festa liturgica perché le loro reliquie, traslate rispettivamente da Ierapoli e Gerusalemme, furono deposte insieme nella Basilica dei Santi XII Apostoli a Roma. Il loro culto congiunto è stato stabilito con la riforma del calendario del 1969.
Preghiere a Santi Filippo e Giacomo
O glorioso San Filippo,
abbandonate le cose della terra, hai seguito Cristo,
e segnato con l’ispirazione del Santo Spirito,
da lui sei stato inviato tra le genti perdute per convertire gli uomini
alla luce della conoscenza di Dio;
compiuta la lotta del tuo divino desiderio,
tra molteplici supplizi hai consegnato la tua anima a Dio.
Supplicalo, o beatissimo, di donarci la grande misericordia.
O glorioso San Filippo,
intercedi presso il Dio misericordioso perché conceda alle anime nostre
la remissione delle colpe.
Amen.
(di Autore Anonimo)
O glorioso San Giacomo,
ci hai mostrato un cristianesimo molto concreto e pratico,
indicandoci che la fede deve realizzarsi nella vita soprattutto
nell’amore del prossimo e particolarmente nell’impegno per i poveri.
Come il corpo senza lo spirito è morto,
così anche la fede senza le opere è morta.
Ci hai esortato ad abbandonarci nelle mani di Dio in tutto ciò che facciamo,
pronunciando sempre le parole: «Se il Signore vorrà» insegnandoci così
a non presumere di pianificare la nostra vita in maniera autonoma e interessata,
ma a fare spazio all’imperscrutabile volontà di Dio,
che conosce il vero bene per noi.
O glorioso San Giacomo,
la tua vita e le tue parole siano sempre per ciascuno di noi
un forte esempio a cui conformare la nostra vita per divenire veri discepoli di Cristo Gesù.
Amen.
(di Autore Anonimo)
Fonti
- Martiri e santi del calendario romano, Enrico Pepe, Edizioni Città Nuova.
- I Santi nella Storia. Tremila testimoni del Vangelo, San Paolo Editore.
- Il grande libro dei santi, dizionario enciclopedico diretto da C. Leonardi, A. Riccardi, G. Zarri, San Paolo Editore.
- I santi secondo il calendario, prefazione di Gianfranco Ravasi, edizioni Corriere della Sera.