Vita dei Santi
Poche e frammentarie sono le notizie giunte fino a noi sulla vita dell’Apostolo Simone, tanto da renderlo una delle figure meno conosciute del gruppo dei Dodici. Tuttavia, la tradizione cristiana lo venera come uno dei primi grandi missionari del Vangelo e testimone coraggioso dell’amore di Dio. Nei Vangeli è indicato con nomi diversi: Luca lo chiama “zelota” (Lc 6,15; At 1,13), probabilmente per una sua passata adesione al movimento ebraico degli Zeloti, noto per la sua opposizione radicale al dominio romano. Ma non mancano interpretazioni alternative, che leggono in quel termine un riferimento al suo zelo religioso, profondo e ardente. Marco e Matteo, invece, lo menzionano come “cananeo” (Mc 3,18; Mt 10,4), un epiteto che deriva probabilmente dall’ebraico qana (zelante), e non tanto da un’origine geografica. Per distinguerlo da Simon Pietro, è talvolta chiamato anche “Simone il Minore”. Dopo l’Ascensione di Gesù, secondo la tradizione, Simone avrebbe intrapreso un lungo ministero missionario. Diverse fonti lo collocano nell’Egitto, nella Mesopotamia e fino alla Persia e all’Armenia, diffondendo il Vangelo in territori allora ostili alla nuova fede. Le sue attività evangelizzatrici sono descritte soprattutto in testi apocrifi e in testimonianze della tradizione orale. La morte di Simone è avvolta da incertezze. Alcuni racconti sostengono che subì il martirio per squartamento con una sega, strumento che appare frequentemente come suo attributo iconografico e che lo ha fatto diventare patrono dei boscaioli. Altre tradizioni, più convergenti, indicano che fu martirizzato insieme a Giuda Taddeo, colpiti entrambi da una clava, durante una predicazione in terra persiana. La memoria della loro morte congiunta è celebrata nella Chiesa il 28 ottobre. Nonostante la scarsità di notizie, Simone Cananeo è considerato un esempio di dedizione fervente alla causa evangelica, anche in situazioni di ostilità e pericolo. La sua figura è spesso raffigurata nell’arte cristiana con la sega del martirio, oppure in compagnia degli altri apostoli, a testimonianza della sua piena appartenenza al primo nucleo della Chiesa nascente. Tra le figure apostoliche meno note al grande pubblico vi è anche Giuda Taddeo, che i Vangeli distinguono con cura da Giuda Iscariota, il traditore. Il suo nome compare nelle liste apostoliche (Lc 6,16; At 1,13), ma è nel Vangelo di Giovanni che troviamo un suo intervento significativo. Durante l’Ultima Cena, infatti, Giuda gli domanda: «Signore, come mai ti manifesti a noi e non al mondo?» (Gv 14,22). Gesù risponde con parole che racchiudono il cuore del discepolato cristiano: «Se uno mi ama, osserverà la mia parola; il Padre mio lo amerà, e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui» (Gv 14,23). Il nome Taddeo, attribuito a Giuda, significa “magnanimo” o “dal cuore generoso”. È descritto come fratello di Giacomo il Minore e, secondo la tradizione, sarebbe quindi parente stretto di Gesù (Mt 13,55). Non mancano leggende agiografiche che lo identificano addirittura con lo sposo delle nozze di Cana, colui che avrebbe assistito al primo segno compiuto da Gesù (Gv 2,1-11), ma tale identificazione rimane incerta. Dopo la Pentecoste, Giuda Taddeo avrebbe predicato il Vangelo in Giudea, poi in Mesopotamia, Siria e Persia, dove – secondo fonti concordi – incontrò il martirio insieme a Simone. Alcuni racconti parlano di una setta di maghi che, infastiditi dal loro annuncio evangelico, li avrebbero messi a morte brutalmente, con l’uso di clave o bastoni. In effetti, la clava è spesso rappresentata nelle sue immagini devozionali. Secondo una tradizione conservata da Santa Brigida di Svezia, nelle sue Rivelazioni, Giuda Taddeo è invocato come protettore nelle cause più difficili e disperate. Il suo culto, una volta oscurato dalla confusione con l’Iscariota, è andato crescendo nei secoli, e oggi è vivo in tutto il mondo, specialmente in America Latina e negli Stati Uniti. Anche San Bernardo di Chiaravalle lo venerava intensamente e desiderava che una sua reliquia fosse posta accanto a lui nella tomba. A lui è attribuita anche la Lettera di Giuda, presente nel Nuovo Testamento, indirizzata a cristiani provenienti dal giudaismo, nella quale esorta alla perseveranza nella fede autentica e mette in guardia contro le false dottrine: «Carissimi, mentre mi davo premura di scrivervi riguardo alla nostra comune salvezza, sono stato costretto a scrivervi per esortarvi a combattere strenuamente per la fede, che è stata trasmessa ai santi una volta per tutte» (Giuda 3). Due Apostoli spesso dimenticati, ma uniti nella memoria liturgica e nel martirio. Simone il Cananeo o lo Zelota e Giuda Taddeo ci insegnano che la sequela di Cristo richiede coraggio, zelo e fede, anche quando il cammino si svolge nel silenzio e nell’ombra. La loro vita, pur scarsamente documentata, continua a risuonare nel cuore della Chiesa, che riconosce in essi due testimoni autentici dell’amore che cambia il mondo.
Agiografia
Saper amare è la sfida più grande, perché implica innanzitutto il coraggio di lasciarsi amare. Questa verità si applica in modo speciale all’ “amore più grande”, quello che proviene da Dio e ha il potere di trasformare radicalmente la vita dell’uomo. Simone e Giuda ci offrono un esempio esemplare di questa esperienza d’amore divina. Simone, detto “lo Zelota”, proveniva da Cana, una località della Galilea. Il suo soprannome probabilmente deriva dall’appartenenza agli Zeloti, un movimento politico-religioso che si opponeva con fermezza all’occupazione romana, auspicando una liberazione nazionale tramite la rivolta. In un contesto di tensione e di attesa messianica, Gesù scelse proprio quest’uomo appassionato e determinato per farne uno dei suoi apostoli, rivelando così come l’amore di Dio possa raggiungere e trasformare anche le aspirazioni più umane e politiche, indirizzandole verso un progetto di pace e di riconciliazione più grande. Giuda, chiamato anche Taddeo – il cui nome significa “magnanimo” o “coraggioso” – è colui che, durante l’Ultima Cena, pose a Gesù una domanda dal grande valore teologico: «Signore, come mai ti manifesti a noi e non al mondo?» (Giovanni 14,22). Questa domanda esprime il desiderio umano di una rivelazione chiara e universale di Dio, e al tempo stesso mette in luce il mistero della fede: la conoscenza di Dio passa attraverso l’amore personale e l’apertura al Suo amore. Gesù risponde: «Se uno mi ama, osserverà la mia parola; e il Padre mio lo amerà, e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui» (Giovanni 14,23). Secondo la tradizione, entrambi gli apostoli morirono martiri, testimoniando con la vita e con la morte la forza invincibile dell’amore di Dio. La loro testimonianza ci ricorda che amare significa prima di tutto lasciarsi amare da Dio, aprirsi alla sua grazia, e così diventare strumenti vivi del suo amore nel mondo. Come dice l’apostolo Giovanni: «Carissimi, amiamoci gli uni gli altri, perché l’amore è da Dio; chiunque ama è stato generato da Dio e conosce Dio» (1 Giovanni 4,7). Simone e Giuda incarnano la speranza cristiana che, anche nelle situazioni più difficili e nei cuori più ardenti, l’amore divino può trasformare ogni realtà, offrendo a ciascuno la possibilità di una vita nuova e piena.
Intervista impossibile di Monsignor Bruno Forte ai Santi
Come vivere la fedeltà al Vangelo di fronte al rifiuto del messaggio cristiano, tra conflitti e persecuzioni?
Simone: Il mio cuore arde di zelo per il Signore! Il conflitto mi esalta perché mi dà occasione di lottare per amore Suo e la persecuzione è per me la sfida ad amarLo al di sopra di tutto, anteponendo Lui in tutto a me stesso, sentendomi privilegiato di potergli dimostrare nella prova la mia fedeltà.
Giuda: Sentendomi amato profondamente dal Signore, vorrei mostrare a tutti la tenerezza e la bellezza del Suo amore. Al conflitto preferisco sempre il dialogo, la possibilità di vincere il male col bene, l’avversione col perdono e la misericordia. Come Lui è stato magnanimo con me, vorrei esserlo io con tutti, col Suo aiuto e la forza che la Sua grazia sempre ci dà.
In che modo l’apostolato silenzioso e nascosto può essere fecondo?
Simone: Chi si mette in gioco per il Signore mette in conto di essere sempre sotto il Suo sguardo e di dover corrispondergli con l’eloquenza dei gesti prima che con le parole. Lo zelo per la causa del Signore è fiamma accesa da Lui nel nostro cuore e questo ci dà la certezza che tutto in noi può parlare di Lui, anche nel silenzio delle parole.
Giuda: Da che l’ho incontrato ho capito che Lui è in persona la Parola di Dio fatta carne e che seguirlo e amarlo è prima di tutto questione del cuore. Se si è innamorati le parole hanno un peso relativo: è tutta la vita che deve diventare parola d’amore, contagio di pace e irradiazione della Sua luce.
Cosa significa per noi, uomini del giorno di oggi, essere “inviati” da Cristo come apostoli nel mondo?
Simone: Quando si è afferrati dal Signore sì è come prigionieri d’amore. Parole, opere, gesti e silenzi, tutto è risposta a un invio. La bocca parla per la sovrabbondanza del cuore e la fiamma che ti arde dentro vorresti che raggiungesse tutti e tutto perché l’amore più grande invada e trasformi ogni cosa. E senti che tutto questo ti viene donato, come se il Signore in ogni istante ti inviasse a portare a tutti il Suo Vangelo!
Giuda: Quando ho incontrato Gesù il Suo bene ha invaso il mio cuore: mi sono sentito amato come mai prima e inviato a portare questo amore a quanti più potessi raggiungere, per la via della misericordia, dell’accoglienza e della condivisione. La bontà del Signore mi ha rapito a me stesso ed ho capito che lo si può far conoscere proprio per la via della bontà, della prossimità e della condivisione umile, attenta e gioiosa. Sì: mi sento inviato da Lui a vivere di bene, di perdono e di pace.
Avete condiviso insieme la missione fino all’Oriente e poi il martirio. Come possiamo, oggi, riscoprire il valore della collaborazione nella missione e nella testimonianza cristiana, anche nella diversità dei carismi?
Simone: Da giovane ho conosciuto la setta degli Zeloti e rimasi impressionato dal loro impegno appassionato e corale per fare proseliti al loro zelo per il Signore. Quando ho avuto la grazia di conoscere Colui che è in persona la “Via, la Verità e la Vita”, ho capito che dovevo unirmi ai Suoi discepoli e collaborare con loro per farlo conoscere al mondo. Questa famiglia di discepoli appassionati e uniti nell’annunciare il Suo Vangelo, è la Sua Chiesa, ed è giusto e bello vivere in essa e con tutti coloro che ne fanno parte impegnarsi a servire, amare e far amare il Signore, anche a prezzo della propria vita.
Giuda: Con Simone ho condiviso la passione dell’annuncio del Vangelo. Lui era sempre ardente di fede e di amore, contagioso nel suo zelo. Io sapevo agire più umilmente, quasi in sordina, ma fra di noi c’era un legame che ci univa e non è mai venuto meno. Questo legame è lo Spirito che il Risorto ha effuso su di noi. A Lui mi affido, di Lui mi fido e a Lui mi affido. So che non resterò mai deluso e nella mia povertà potrò essere strumento di luce e di pace per tanti.
Segni Iconografici distintivi
Sono ritratti solitamente insieme, a sottolineare il loro comune ministero e il martirio condiviso nella tradizione cristiana. Vengono rappresentati in vesti apostoliche – tuniche lunghe e mantelli – e aureole dorate, segno della loro santità e della testimonianza resa al Vangelo fino al dono della vita. Simone il Cananeo, detto anche lo Zelota, è riconoscibile per la sega, lo strumento con cui, secondo la tradizione, subì il martirio. In alcune raffigurazioni appare anche con una barca, simbolo del viaggio missionario, o con un libro, che rappresenta la Parola di Dio da lui annunciata con zelo. Giuda Taddeo, invece, è iconograficamente associato a oggetti che richiamano il suo martirio, come un’ascia, una mazza o – in alcuni contesti – un cannone, simbolo posteriore legato alla sua invocazione nelle cause difficili. Un elemento distintivo delle immagini del santo è il medaglione con il volto di Cristo, che tiene sul petto o tra le mani: secondo un’antica tradizione, portava con sé l’effigie del Signore per guarire i malati e annunciare la sua presenza salvifica. Questi simboli iconografici non solo aiutano a distinguere i due Apostoli nella tradizione artistica, ma esprimono anche la loro missione evangelizzatrice e la loro fedeltà fino al martirio.
Tradizione gastronomica legata al culto
Il “biscotto dei Santi Simone e Giuda” è un dolce della tradizione siciliana, preparato in occasione del 28 ottobre, giorno in cui la Chiesa celebra i due apostoli. Noti anche con nomi popolari come “ossa dei morti” o “mustazzoli”, questi biscotti si distinguono per la loro consistenza croccante all’esterno e più morbida all’interno, oltre che per il sapore speziato e aromatico, grazie alla presenza di chiodi di garofano, cannella, scorze di agrumi, mandorle o altra frutta secca e candita. Oltre al legame con i Santi Simone e Giuda, questi biscotti sono spesso associati anche alle celebrazioni più ampie del ciclo autunnale della memoria, come la festa di Ognissanti (1° novembre) e la commemorazione dei defunti (2 novembre), momenti in cui in molte zone della Sicilia si preparano dolci tradizionali per onorare i santi e ricordare i propri cari scomparsi. Questa tradizione gastronomica unisce la devozione popolare al gusto della memoria familiare e collettiva, rendendo questi biscotti un simbolo del profondo legame tra fede, cultura e cucina.
Curiosità
Nella splendida Cattedrale di Treviri (Trier), in Germania, si conserva una delle reliquie più venerate della cristianità: la Sacra Tunica di Cristo, l’indumento che, secondo la tradizione, Gesù avrebbe indossato durante la sua Passione. La tunica è custodita all’interno del duomo sin dal IV secolo e, nei secoli, è diventata oggetto di pellegrinaggio e devozione da parte di fedeli provenienti da tutta Europa. Una leggenda popolare – non confermata da fonti storiche – narra che siano stati proprio i santi apostoli Simone e Giuda a portare la tunica fino a Treviri, dove sarebbe stata poi conservata come reliquia preziosissima. Tuttavia, questa tradizione non trova conferma nei documenti storici: non esistono testimonianze attendibili che colleghino direttamente i due apostoli al trasporto o alla custodia della vestizione di Cristo. La versione storica più accreditata attribuisce invece l’arrivo della Sacra Tunica a Sant’Elena, madre dell’imperatore Costantino, che nel IV secolo si recò in Terra Santa e riportò diverse reliquie della Passione in Occidente. Secondo questa tradizione, Sant’Elena avrebbe donato la tunica proprio alla città di Treviri, uno dei principali centri dell’Impero romano in Germania e luogo in cui si fermò a lungo durante i suoi viaggi. La prima attestazione scritta certa della reliquia risale al 1196, quando l’arcivescovo Giovanni I di Treviri ordinò di esporla pubblicamente ai fedeli. Da allora, la tunica è stata mostrata in diverse occasioni solenni e ancora oggi richiama folle di pellegrini durante le rare esposizioni pubbliche. Nonostante le incertezze sulla sua origine e i numerosi restauri subiti nel corso dei secoli, la Sacra Tunica di Treviri rimane una testimonianza affascinante di fede, devozione e identità cristiana europea, e rappresenta un forte legame spirituale con i racconti evangelici della Passione di Cristo.
Preghiere a Santi Simone e Giuda
O Santi Simone e Giuda,
voi che avete detto “sì” a Gesù senza paura,
aiutateci a seguirlo anche quando il cammino è difficile.
Voi che avete creduto con coraggio,
insegnateci a non vergognarci del Vangelo,
a portare la luce di Dio tra i banchi di scuola,
nei campi da gioco, nelle chat, nelle nostre amicizie.
Intercedete per noi,
quando ci sentiamo soli, confusi o scoraggiati.
Ricordateci che la fede non è debolezza,
ma una forza che cambia il mondo.
Apostoli della speranza,
aiutateci a scegliere ogni giorno il bene,
a non avere paura di essere diversi,
a restare veri davanti a Dio e agli altri.
E se ci perdiamo,
guidateci con la vostra preghiera
fino al cuore di Gesù.
Amen.
(di Autore Anonimo)
O Dio fedele e misericordioso,
che hai scelto i Santi Simone e Giuda
come testimoni del Vangelo e costruttori della Tua Chiesa,
guarda con bontà a noi, tuoi figli,
che oggi invochiamo la loro intercessione.
Tu che hai infuso in loro lo spirito di fortezza e di fedeltà,
donaci, per la loro preghiera,
la grazia di restare saldi nella fede,
coraggiosi nell’annuncio del Vangelo
e perseveranti nell’amore verso di Te e verso i fratelli.
Per le mani dei Santi Simone e Giuda,
ti affidiamo le nostre famiglie, i nostri amici,
i giovani in ricerca, i sofferenti e coloro che sono nella prova.
Sostienici nel cammino della vita,
e fa’ che, come loro, possiamo essere luce nel mondo
e strumenti della tua pace.
Per Cristo nostro Signore.
Amen.
(di Autore Anonimo)
Fonti
- Martiri e santi del calendario romano, Enrico Pepe, Edizioni Città Nuova.
- I Santi nella Storia. Tremila testimoni del Vangelo, San Paolo Editore.
- Il grande libro dei santi, dizionario enciclopedico diretto da C. Leonardi, A. Riccardi, G. Zarri, San Paolo Editore.
- I santi secondo il calendario, prefazione di Gianfranco Ravasi, edizioni Corriere della Sera.