Di fronte all’emergenza di Acerra la Chiesa spalanca le porte
Ad Acerra (NA), in un contesto caratterizzato da crescenti disuguaglianze sociali, la diocesi è presente, offrendo uno spazio di ascolto, accoglienza e promozione umana. Le porte dell'episcopio di mons. Di Donna si sono spalancate, perché di fronte ad una terra ferita la comunità cristiana non può rimanere alla finestra.
Una terra ferita
Mentre i motorini sfrecciano nei vicoli, un gruppetto di ragazzi entra nel grande palazzo vescovile; sanno che saranno accolti e troveranno gli amici di sempre per divertirsi con la musica e lo spettacolo teatrale da allestire. Siamo ad Acerra, una cittadina di circa 60mila abitanti, a mezz’ora da Napoli. Scippi, casi di piccola e grande delinquenza ed evasione scolastica sono ferite non lievi per la popolazione. In uno scenario “tosto”, difficile anche per gli adolescenti, tra palazzi sbrecciati e il traffico cittadino, la Chiesa non rimane alla finestra. Un centro diurno per minori a rischio nel palazzo vescovile è la dimostrazione che l’impegno della Caritas e della diocesi si coniuga in azioni concrete. Il laboratorio di teatro e il doposcuola si tengono negli spazi del seminario e in episcopio, come anche un corso di avviamento al lavoro, iniziative per chi, perennemente in strada, rischia di finire in giri pericolosi.
“Viviamo tempi complessi – spiega mons. Antonio Di Donna, vescovo di Acerra e presidente della Conferenza Episcopale Campana – in cui le ferite della povertà diventano sempre più visibili anche nella nostra città. I giovani senza prospettive, i migranti abbandonati a sé stessi, gli anziani soli, le famiglie in difficoltà: tutti cercano non solo aiuto materiale, ma anche luoghi di ascolto, accoglienza e dignità. Purtroppo, la carenza di spazi adeguati, soprattutto nel centro storico, rende ancora più difficile offrire risposte concrete e tempestive. Il centro storico, un tempo cuore pulsante della vita cittadina, oggi è spesso segnato da degrado, solitudine e abbandono. Non possiamo ignorare che in alcune sue strade si spaccia droga alla luce del sole, e tanti giovani finiscono per perdersi in circuiti di violenza, dipendenza e disperazione. Questa realtà ci interpella come Chiesa, come comunità, come cittadini. Per questo, come Vescovo, ho deciso di mettere a disposizione per attività caritative gli spazi del seminario e dell’episcopio. Questi luoghi, carichi di storia, memoria e spiritualità, si aprono a nuove forme di servizio e di accoglienza”.
In questo modo il Vescovo racconta perché, nel 2021, decise di aprire le porte del suo palazzo alle necessità della cittadina, immaginando uno spazio inclusivo in un territorio dove i ragazzi hanno sempre meno punti di riferimento.
Il volto della carità
“Povertà educativa, marginalità sociale e dispersione scolastica, sono tante le esigenze di Aversa, ed è per questo che non possiamo girarci dall’altra parte”. Vincenzo Castaldo, 43 anni, direttore della Caritas diocesana, spiega così l’impegno che volontari ed educatori da anni svolgono tra le mura dell’episcopio, a due passi dal duomo. “Quando tre anni fa mi è stata proposta questa responsabilità ho accettato con timore ma anche con entusiasmo; si trattava di un’occasione per servire la Chiesa e il territorio in maniera concreta. La scelta nasce da una chiamata interiore, da una missione e una convinzione profonda: il Vangelo ci invita a prenderci cura degli ultimi, non come un gesto occasionale, ma come stile di vita. Credo che ogni persona, indipendentemente dal proprio vissuto o dalle fragilità, abbia dentro di sé un valore unico e irripetibile”. Volontari, ragazzi del servizio civile e professori in pensione sono oramai parte integrante di questo percorso che ha nell’educazione il suo obiettivo principale “con il compito non di giudicare o etichettare, ma di accompagnare, ascoltare e dare strumenti per rinascere”, spiegano i volontari. Il coordinamento dei progetti presenti in diocesi, in sinergia con le parrocchie, i centri d’ascolto, le case d’accoglienza e i gruppi delle diverse realtà pastorali, è seguito in episcopio dai volontari della Caritas. La dimensione educativa e formativa è fondamentale, aiuta le comunità, soprattutto i giovani, a comprendere che la carità non è un’attività “accessoria” della Chiesa, ma ne è il cuore pulsante. “Promuoviamo percorsi di sensibilizzazione nelle scuole, nelle parrocchie, nei gruppi giovanili, affinché la solidarietà diventi stile di vita. Una parte significativa del lavoro è legata all’ascolto delle persone”, sottolinea il direttore. Si scoprono storie di sofferenza, di esclusione, ma anche di rinascita e riscatto. È in queste relazioni personali che emerge il volto concreto della carità cristiana.
“I ragazzi che accogliamo provengono da realtà molto diverse, tutti hanno alle spalle percorsi segnati da fatiche”, afferma Vincenzo. Molti vivono in famiglie monogenitoriali o in contesti sociali a rischio, dove la povertà non è solo materiale, ma anche educativa e relazionale. Alcuni sono migranti, giunti in Italia con le loro famiglie, spesso con storie durissime di viaggio e perdita di familiari. “Ci sono anche adolescenti italiani che si sono allontanati dalla scuola o che fanno fatica a trovare il loro posto nel mondo. Alcuni provengono da comunità per minori, altri arrivano dai servizi sociali o accompagnati dai loro insegnanti. È un’umanità fragile, ma anche straordinariamente viva e desiderosa di essere riconosciuta”, rimarca il direttore.
Tante sono le reazioni alle “batoste” della vita. Spesso arrivano ragazzini diffidenti, chiusi in sé stessi, vittime di delusioni, maltrattamenti e solitudini. “Bastano poche settimane di accoglienza autentica, di ascolto sincero, per vedere fiorire in loro una nuova luce. Hanno bisogno prima di tutto di essere guardati con amore e senza pregiudizi”, ribadisce Castaldo. I ragazzi che frequentano il centro diurno sono circa 200, tra i 6 e i 13 anni. A questi si aggiungono un centinaio di giovani tra i 14 e 23 anni. “Ognuno di loro porta con sé sogni, paure e desideri molto concreti: qualcuno vuole diventare meccanico, altri sognano di fare musica. Desiderano un luogo sicuro dove potersi esprimere”, chiarisce il responsabile Caritas.
La “casetta”
Il centro diurno, o come la definiscono loro “la casetta”, tra i “bassi” e case fatiscenti del centro cittadino, nasce tre anni fa, grazie a un’intuizione del vescovo e alla partecipazione dei fondi dell’8xmille. “In un tempo in cui tante strutture ecclesiali rischiano di rimanere inutilizzate o poco usate – riprende Castaldo – abbiamo deciso di trasformare una parte della diocesi in un centro di accoglienza e aggregazione. Un gesto profetico, che ha dato un messaggio forte: la Chiesa è davvero casa per tutti“.
Oggi quel luogo è un punto di riferimento per molti ragazzi. Non solo doposcuola, laboratori creativi, sport, ma anche momenti di riflessione e di silenzio. Alcuni semplicemente vengono a passare il tempo in un luogo sereno, lontano dalla strada. “Iniziano percorsi di reinserimento sociale o lavorativo. L’obiettivo non è solo ‘occuparli’, ma farli sentire amati e accompagnati”. Il progetto si rivolge anche a chi ha commesso dei reati. Un aspetto significativo riguarda l’accoglienza di giovani che stanno scontando pene alternative alla detenzione. Sono minorenni autori di piccoli reati e che, invece del carcere, sperimentano un percorso di giustizia riparativa. “Li accogliamo con rispetto, lavorando in rete con i servizi sociali e il tribunale dei minori. Proponiamo attività educative, laboratori pratici, momenti di riflessione personale, occasioni per restituire qualcosa alla comunità” – conclude il direttore.
In molti casi questi percorsi diventano una vera e propria occasione di rinascita, un’opportunità per imparare a guardarsi con occhi nuovi e rientrare nel mondo con dignità.
(di Nicola Nicoletti – foto gentilmente concesse dalla Caritas di Acerra)