1 Agosto 2025

Val Bormida, don Meo sorride in dieci parrocchie

Dalle parrocchie di Cengio (SV), un paesino di 3500 anime a mezz’ora dal mare, fino alle sei in provincia di Cuneo ovvero Saliceto, Monesiglio, Camerana, Prunetto. Nella diocesi di Mondovì, la vita di don Bartolomeo Prato - per tutti don Meo - si spende al fianco dei più piccoli e dei più anziani con la stessa disinvoltura e lo stesso sorriso. E il tessuto sociale di questa zona tra la Liguria e il Piemonte ne trae un grande beneficio.

Antichi borghi, castelli e campanili adagiati sulle colline della Val Bormida, al confine fra Piemonte e Liguria. È in questo spicchio di terra delle Alpi liguri, a cavallo fra Cuneo e Savona, che don Bartolomeo (Meo) Prato si muove ogni giorno tra le sue dieci parrocchie della diocesi di Mondovì, alcune formate da poche centinaia di persone: dalle parrocchie di Cengio, un paesino di 3500 anime a mezz’ora dal mare, alle sei in provincia di Cuneo ovvero Saliceto, Monesiglio, Camerana, Prunetto. «Essere sempre in giro non mi pesa, anzi mi rende felice perché penso a chi incontrerò quel giorno e mi affretto nell’andargli incontro» dice don Meo con un sorriso aperto. «È un’esperienza positiva e anche bella perché, mentre se hai una parrocchia grande ti trovi davanti sempre le stesse persone e la stessa realtà, con diverse comunità si fa un’esperienza sempre diversa».

Classe 1973, ordinato nel 2009, don Meo è arrivato a Saliceto nel 2018 e dal 2021 risiede nel borgo limitrofo di Cengio. Un tempo sede della fabbrica di coloranti ACNA, chiusa nel 1999 dopo esser stata per decenni una delle più importanti aziende chimiche italiane, Cengio è oggi un centro dell’entroterra di Savona in cerca di riqualificazione industriale: per la tranquillità e il basso prezzo delle case, come molti piccoli centri attrae soprattutto cittadini stranieri, che oggi costituiscono circa il 20% dei nuclei familiari e il 40% degli alunni delle scuole. «Le sfide maggiori – spiega il sindaco Francesco Dotta – sono quelle del sociale e del lavoro: c’è un aumento di casi di bisogno, soprattutto di persone straniere, e proprio in questo ambito c’è una stretta sinergia fra Comune e parrocchia per cercare di risolvere i casi più problematici». Nel corso degli anni si sono formati due centri Caritas a servizio dei bisognosi: uno in Piemonte, a Camerana, e uno in Liguria, a Cengio.

Solare ed energico, con la sua carica di umanità don Meo ha conquistato la simpatia e la collaborazione di tante persone anche non praticanti che si sono rese disponibili nel volontariato. «È sempre in mezzo alla gente, ci sa molto fare con i bambini e con gli anziani: da quando è arrivato lui, l’oratorio ha ripreso vita, ed è frequentato da molti ragazzini anche non cristiani» racconta Giovanna Calleri, volontaria della Caritas. Dopo la fine della scuola, Don Meo ha organizzato i centri estivi itineranti (ogni giorno in un oratorio diverso di ciascuna delle principali parrocchie), ha portato i ragazzi nella Casa Alpina di proprietà della diocesi. E dal 21 al 26 luglio, come fa da trent’anni, ha guidato un pellegrinaggio a Lourdes con 110 parrocchiani, fra i quali 40 ammalati.

Don Meo è infatti dal 2008 anche responsabile della diocesi per la pastorale della salute e passa molto del suo tempo nelle due case di riposo per anziani Alta Langa a Monesiglio e in quella di Cengio. «Ogni settimana – racconta don Meo – un gruppo di volontari si reca in queste due strutture per un pomeriggio di ascolto, di fraternità e di preghiera: celebro la Santa Messa animata dai volontari. In queste occasioni si cerca di intessere con gli ospiti una relazione che faccia sentire loro accolti e parte della famiglia parrocchiale. Li aggiorniamo sulle iniziative delle parrocchie, ma anche di quello che succede nei paesi, le novità, le notizie belle o quelle più spiacevoli, per farli sentire coinvolti e partecipi».

«Quando viene a trovare i malati qui è una festa: tutti lo cercano, ha una battuta e un motto scherzoso per tutti» racconta una delle infermiere della residenza di Cengio. È stato proprio nella “Casa degli scapoli” di Cengio che alcuni anni fa don Meo aveva conosciuto Nicola, un uomo solo che dopo la morte della mamma aveva perso la bussola, aveva lavorato come gelataio ma a causa dell’indigenza e di vari problemi di salute era entrato in struttura ancora giovane. «Una volta lo trovammo che vagava per strada, parlammo e si lasciò convincere a rientrare in residenza» racconta l’assessora Lorenza Rinaldi, tra le persone che gli è stata più vicina.  «Da allora sono andata a trovarlo tutte le volte che ho potuto, si è creato un rapporto di vicinanza e di affetto. Era una persona fragile e schiva, che aveva sofferto molto».

Quando, lo scorso maggio, Nicola è mancato, il primo pensiero di don Meo è stato che il funerale sarebbe stato deserto. «Era una persona che non aveva più parenti – dice – e che è stata accompagnata, per quanto possibile, dalla comunità religiosa e civile. Infatti anche il Comune e gli amministratori sono sempre attenti e collaborativi nel portare vicinanza e attenzione alle situazioni di bisogno nel paese. Nicola partecipava sempre con devozione ai momenti di preghiera e alla Santa Messa che si proponeva in struttura e mi dispiaceva pensare che sarebbe stata portata in cimitero senza nessun saluto in quanto non aveva più nessun familiare. La domenica a Messa e tramite i canali WhatsApp dei collaboratori ho rivolto un appello se qualcuno avesse potuto partecipare al funerale previsto per lunedì e animare la celebrazione, anche con i canti, e accompagnarlo nell’ultimo viaggio».

Quel che ha sorpreso tutti è che non solo da Cengio hanno risposto all’appello, ma hanno partecipato alla sepoltura fedeli provenienti da tutte le parrocchie di don Meo. «Quella mattina mentre andavo al funerale – chiosa l’assessora Lorenza Rinaldi – mi rammaricavo che non ci sarebbe stato nessuno in chiesa… E invece aver riunito tutte quelle persone mi ha fatto capire che la bontà esiste. Provo tanta gratitudine non solo per don Meo che è amato da tutti ma anche per tutti gli altri che si sono prodigati per venire a salutare una persona che ha vissuto in solitudine. A Nicola avrebbe fatto tanto piacere perché almeno nell’ultimo viaggio era accompagnato da tante persone che non lo conoscevano ma allo stesso tempo c’erano». Un funerale che tutti in paese ricordano quasi come una festa, per uno “degli ultimi” che è tornato alla casa del Padre.

(Testo e produzione del video di Manuela Borraccino – Riprese, montaggio e fotografie di Sara Ballocco)

Traccia musicale: Serenity di Pufino (freethouse.com)

1 Agosto 2025
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