19 Novembre 2025

Dieci anni da sacerdote, coi giovani nel cuore (e non solo)

Dal sito fondazionesantamariaquas.it vi proponiamo un'intervista a un giovane sacerdote della diocesi di Ales-Terralba, don Emmanuele Deidda, 34 anni, ordinato nel 2016. "Camminando con questa comunità sono diventato uomo. La mia giovinezza l’ho consegnata alla Chiesa, a questi luoghi, a queste belle persone. Ci sono state anche fatiche ma ho capito che la grazia del Signore si manifesta proprio nella fragilità".

Don Emmanuele Deidda, 34 an1ni, originario di Villacidro, parroco della Cattedrale di Ales, Curcuris e Zeppara è segretario del vescovo, responsabile dell’Ufficio informatico diocesano e della pastorale giovanile e vocazionale di Ales – Terralba. Ordinato sacerdote il 2 aprile 2016, ci racconta la vita di un giovane prete, che si spende con entusiasmo per la comunità cristiana, nei servizi diocesani e nella collaborazione con il quindicinale “Il Nuovo Cammino”, di cui cura pagine speciali e la parte grafica. Non nasconde le fatiche del quotidiano, ma ci racconta l’amore forte per Dio, che gli dà il coraggio di affrontare le sfide e le difficoltà.


A ottobre 2015 sei stato accolto dalla Comunità di Ales, come giovane diacono. Che ricordi hai di questi anni?
Sono arrivato pieno di speranza, entusiasmo e gioia. Oggi mi guardo indietro e riconosco che camminando con questa comunità sono diventato uomo. La giovinezza l’ho consegnata alla Chiesa, a questi luoghi, a queste belle persone. E dieci anni non sono pochi: hanno il peso e la bellezza di una storia. In questi anni l’amore per il Signore non si è affievolito ma è maturato: oggi è più saldo, più vero. L’amore per la Chiesa non è svanito ma si è fatto più profondo, anche nelle prove più dure. In questi anni, infatti, non ci sono stati solo slanci di gioia, affetto e sorrisi. Ci sono state anche fatiche e talvolta incomprensioni che però hanno contribuito a segnare il cammino, a purificare lo sguardo, a insegnarmi che la grazia del Signore si manifesta proprio nella fragilità. La parola che riassume questi anni è “gratitudine”: per i volti incontrati, per i momenti condivisi, per le esperienze che hanno costruito la mia storia, per tutto ciò che mi ha fatto crescere, per ogni passo che mi ha condotto qui oggi.

Com’è la tua vita oggi?
Riconosco con sincerità i miei limiti, le mie fragilità. Non sono il parroco perfetto. Ci sono giorni in cui vorrei fare di più, raggiungere tutti, rispondere meglio alle attese – spesso giuste – di ciascuno. A volte non ci riesco e per questo devo chiedere scusa. Ma proprio lì, “nella mia povertà”, si manifesta la potenza di Cristo. È per lui che ho detto si, è per lui che servo la Chiesa, e proprio per questo per la mia fragilità, per la Sua fedeltà, continuo a essere innamorato di Cristo, mio Signore, della Chiesa, mia casa, di questa comunità, mio dono prezioso.

Per te è molto importante ascoltare i giovani.
Impegnarsi con i giovani, da parroco, è sempre una grande sfida, tenendo presente anche il contesto in cui viviamo. La parrocchia di Ales è inserita in una realtà in cui le nascite sono sempre meno frequenti e i bambini e i ragazzi che vivono la comunità sono relativamente pochi rispetto ad altri centri della diocesi. Nonostante ciò, non manca mai un’attenzione particolare nei loro confronti, sia nel tempo della catechesi sia nelle varie proposte legate all’esperienza dell’oratorio durante l’inverno. Inoltre, le attività diocesane e in modo particolare le esperienze estive dei campi scuola diventano momenti davvero fruttuosi per portare avanti l’annuncio del Vangelo in un linguaggio vicino ai giovani, capace di entrare in sintonia con la loro vita e di condurli all’incontro con Cristo.

Da un anno guidi la pastorale giovanile. È tempo di bilanci?
Per quanto riguarda la pastorale giovanile, si tratta di un impegno che richiede molto tempo e che avrebbe bisogno anche di una certa libertà rispetto alla vita ordinaria della parrocchia. Essa è infatti strettamente collegata al tema vocazionale e comporta l’avvio di tanti processi e cammini che richiedono dedizione e continuità. Il tempo, purtroppo, è sempre poco, ma grazie al lavoro di un’équipe e alla collaborazione con altri sacerdoti, questo primo anno è stato davvero un’esperienza di grazia e di gioia. È nato con il desiderio di annunciare Cristo e di offrire un servizio collegato alle parrocchie del territorio. Abbiamo vissuto l’esperienza del Giubileo, che è stata un momento intenso e ricco, capace di farci scoprire la bellezza della Chiesa universale. Ora ripartono i cammini per adolescenti e giovani, insieme a proposte di formazione e di animazione – sia liturgica sia oratoriana – e a tante altre sfide che ci attendono negli eventi ormai parte integrante del cammino diocesano.

E poi c’è l’impegno quotidiano per la comunità cristiana
Per quanto riguarda ciò che faccio per la parrocchia, cerco di vivere il mio ministero come un pastore, con le mie fatiche e i miei limiti. Desidero raggiungere tutti, anche se mi rendo conto che oggi questo è sempre più difficile. Il problema fondamentale, infatti, è accettare che non viviamo più in una società cristiana, ma che proprio in questo tempo c’è un’opportunità per un cristianesimo autentico, vissuto nella quotidianità. È una sfida affascinante, anche se a volte scoraggiante, perché la partecipazione e le risposte non sono sempre quelle che vorremmo. Tuttavia, credo che il nostro compito sia proporre un cammino serio di fede e di conoscenza del Signore, affinché la nostra vita possa davvero cambiare e trasformarsi. L’importante non è tanto “fare” delle cose, ma essere: essere un punto di riferimento, essere annunciatori del Vangelo, portare la Chiesa e non se stessi. La cosa più bella? Servire Dio e gli altri, con tutto il cuore.

Ci sono famiglie con fragilità che hanno bisogno di aiuto. Come cerchi di star loro vicino?
Rispetto alle situazioni di fragilità, attraverso la Caritas parrocchiale accompagniamo più di cento persone che vivono difficoltà economiche o situazioni di disagio in tutto il territorio. La parrocchia è sempre vicina anche alle altre forme di fatica, come quelle degli anziani e dei malati, attraverso la comunione, l’ascolto, il sostegno e la visita nelle case. Questo è, in sintesi, ciò che cerchiamo di vivere: una comunità che accoglie, accompagna e testimonia la carità del Vangelo nella concretezza della vita quotidiana.

(di Stefania Pusceddu – da fondazionesantamariaquas.it)

19 Novembre 2025
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