23 Dicembre 2025

Stare accanto e ricostruire insieme: la rinascita di Filottrano

Nel cuore delle Marche, ferite dal sisma del 2016, la comunità parrocchiale di Filottrano (AN) - insieme a quelle vicine - è un esempio di come corresponsabilità e attenzione alle persone siano le scelte decisive per ricostruire tanto gli edifici di mattoni che quello, invisibile ma reale, delle relazioni quotidiane. Il racconto di don Francesco Scalmati, parroco qui da 3 anni e impegnato anche con l'Azione Cattolica.

A Filottrano (AN), nelle Marche, la chiesa di Santa Maria Assunta ha riaperto le sue porte dopo un lungo periodo di chiusura. I lavori di ristrutturazione, resi necessari anche dalle conseguenze del terremoto che ha colpito il territorio, hanno restituito alla comunità non solo un edificio, ma un luogo profondamente legato alla vita quotidiana delle persone. «La gente lo aspettava», racconta don Francesco Scalmati, parroco da tre anni. «Non era solo una questione di muri: quella chiesa rappresentava un punto di riferimento, un pezzo di casa».
In questi anni, il sisma ha lasciato segni evidenti anche nel patrimonio ecclesiastico locale. Diverse chiese del territorio sono state chiuse, messe in sicurezza, poi progressivamente ristrutturate e riaperte. Un percorso lungo e complesso, fatto di pratiche burocratiche, verifiche tecniche e cantieri, ma sostenuto anche da pazienza e collaborazione. La riapertura di Santa Maria Assunta è stata vissuta come un momento simbolico forte: una festa partecipata, la presenza dell’arcivescovo, la sensazione diffusa che qualcosa, finalmente, tornasse al suo posto.
«Il parroco oggi deve anche confrontarsi con la burocrazia», osserva don Francesco, «ma è fondamentale che questo non faccia perdere di vista l’essenziale. Per questo è importante formare i laici e condividere le responsabilità: la comunità si prende cura dei suoi spazi, e il prete può continuare a stare accanto alle persone». In questo senso, la ristrutturazione delle chiese non è stata solo un intervento edilizio, ma un’esperienza di corresponsabilità che ha rafforzato i legami e il senso di appartenenza.
Questo cammino condiviso si inserisce in un percorso più ampio che coinvolge le tre parrocchie del territorio. Da alcuni anni, attraverso il Consiglio pastorale interparrocchiale, si è scelto di lavorare insieme, superando la logica delle iniziative isolate. Anche tradizioni consolidate, come l’allestimento delle chiese nel Giovedì Santo, sono diventate occasioni per proporre temi comuni, coinvolgere più persone e rendere le chiese luoghi aperti, attraversabili, accoglienti.
Accanto alla dimensione spirituale, non manca l’attenzione alle fragilità sociali. Grazie alla collaborazione con la Caritas, la comunità ha aderito a progetti di volontariato che permettono a persone in difficoltà di rimettersi in gioco, anche attraverso percorsi alternativi alla detenzione. «Abbiamo già accolto cinque persone», spiegano i volontari. «È un’esperienza che arricchisce tutti: chi riceve aiuto e chi lo offre».
A fare da ponte tra le diverse anime della comunità c’è anche Candido Coppari, impegnato nella Caritas e nel Consiglio pastorale interparrocchiale. «Il lavoro più importante — spiega — è quello che si fa insieme, mettendo in rete le parrocchie e le persone». Un impegno che non si vede sempre dall’esterno, ma che tiene insieme ascolto, organizzazione e attenzione alle fragilità. «Quando la comunità cammina unita — aggiunge — anche i progetti più complessi diventano possibili».
Tra queste voci c’è anche quella di Clara Magnaterra, volontaria da oltre quindici anni. «Quando ho smesso di lavorare, il parroco di allora mi ha chiesto di dare una mano in segreteria. Da lì non ho più smesso», racconta. «La parrocchia è diventata la mia vita sociale. Qui incontro le persone, mi sento utile. È una ricompensa che vale più di qualsiasi altra cosa». Gesti semplici, spesso invisibili — come prendersi cura delle chiese, dei fiori, degli spazi comuni — tengono insieme la quotidianità della comunità, anche se non fanno rumore.
Un ruolo centrale in questo tessuto vivo è svolto dall’Azione Cattolica, esperienza che ha segnato profondamente anche il cammino personale di don Francesco. «Sono nato lì come giovane», racconta. «È un metodo che parte dall’esperienza concreta della vita e la mette in dialogo con il Vangelo». A Filottrano, l’Azione Cattolica, insieme allo scoutismo, anima una realtà educativa molto viva: circa 360 tra bambini, ragazzi e giovani, dalla scuola primaria fino all’università. Un numero significativo, che racconta una comunità capace di parlare alle nuove generazioni e di ascoltarle davvero.
Nei percorsi con i più piccoli, le domande emergono spontanee: la paura, il buio, la malattia, persino la morte. «Partire da lì — spiega don Francesco — permette di aprire un dialogo più profondo. L’ascolto non è tempo perso, è tempo guadagnato». È questo “stare accanto” che caratterizza il suo modo di essere parroco: nelle case, in ospedale, nelle situazioni di gioia come in quelle di sofferenza, senza distinzioni tra credenti e non credenti.
La storia di Filottrano racconta così una Chiesa che si ricostruisce, dentro e fuori. Nelle pietre delle chiese restaurate dopo il terremoto, ma soprattutto nelle relazioni quotidiane, nella fiducia condivisa, nella disponibilità all’ascolto. Un cammino reso possibile anche da forme di sostegno che permettono alle comunità di continuare a essere presenti sul territorio, come luoghi aperti dove sentirsi accolti e accompagnati.

(testo e video di Daniel Tarozzi – foto gentilmente concesse da don Francesco Scalmati)

23 Dicembre 2025
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