29 Settembre 2023

Alle porte di Napoli, dove la Chiesa è tra la gente

Giovanni Panozzo è andato a passare un po’ di tempo con don Ciro Tufo, parroco di san Giacomo a Calvizzano (NA) e fratello gemello del parroco del comune adiacente, Villaricca. Ha scoperto una comunità dove le relazioni tra le persone sono al primo posto e dove il rapporto tra questo sacerdote e la gente affidata alle sue cure è difficile da descrivere solo a parole.

Calvizzano. 13mila anime nell’hinterland napoletano, e una sola parrocchia: San Giacomo. Se ci arrivi provenendo dal comune adiacente (Villaricca), il parroco di Calvizzano, don Ciro Tufo, avrai la netta sensazione di averlo già visto… ma poco dopo ti renderai conto di aver preso un abbaglio. Quello che hai visto a Villaricca, infatti, è suo fratello gemello, don Giuseppe, anch’egli sacerdote e parroco. Don Ciro, però, è diventato prete quasi 10 anni dopo il fratello: una vocazione adulta, si diceva un tempo.

“Sono stato farmacista – racconta di sé – e ho insegnato chimica a scuola, facendo una vita bella, che mi piaceva. Per ben undici anni sono stato anche fidanzato e stavo per sposarmi, ma in fondo al cuore sentivo una chiamata diversa: solo quando ho trovato il coraggio di seguirla sono stato pienamente felice. Sì, posso dire di essere un prete felice, ma soprattutto gioioso. La mia gioia è essere quel che vivo e faccio tutti i giorni”. E cosa fa, tutti i giorni, il parroco di Calvizzano? Basta seguirlo per qualche ora per rendersene conto.

Al mattino presto, uscendo dalla canonica, don Ciro trova già le auto in fila per il traffico e con ciascuno dei conducenti non manca un saluto, uno scambio di battute, una parola su quel parente malato o sulla partita del Napoli, la sera prima. La chiacchierata continua al bar di fronte, dove si prende un “caffè veloce”, ma mai di fretta. Anche nella frenesia, infatti, da queste parti il tempo per guardarsi negli occhi, per stringersi la mano, per abbracciarsi, non deve mancare mai. Ci si abbraccia anche se ci si è visti il giorno prima, non importa. Don Ciro lo sa bene e non delude mai le attese di nessuno.

“L’abbracciarsi, il sentirsi anche fisicamente vicini – ci spiega il sacerdote 50enne – fa parte della cultura partenopea e proprio per questo il covid qui ha fatto particolarmente male. Quando non sto con la gente ho paura di non aver vissuto il tempo opportuno, di non aver colto quello che San Paolo chiamerebbe kairòs“.

Detto… fatto. Dal caffè in poi il parroco non lo vedi mai camminare da solo: c’è sempre qualcuno che lo rincorre, qualcuno che lo blocca, qualcuno che si confida con lui. Non mancano nemmeno persone un po’ più sole, che magari richiedono qualche attenzione in più e una velocità ancora più rallentata. Arrivano la mattina all’apertura della chiesa e le ritrovi tutto il giorno lì vicino, fino a dopo la messa delle 19.

Gli spazi adiacenti la chiesa non sono molto ampi ma sono curatissimi e molto ospitali. Un tempo qui accanto c’era solo un grande parcheggio. Oggi quel parcheggio non c’è più; al suo posto c’è un giardino con le panchine, gli alberi e una vasca con dentro le tartarughe acquatiche. Un posto ideale per incontrarsi e chiacchierare, a qualsiasi ora del giorno.
Anche l’ufficio del parroco è molto accogliente. Fa bella mostra di sé una collezione di incensi di ogni tipo, frutto di diversi viaggi in Terra Santa: fatti, ovviamente, sempre in compagnia dei parrocchiani. Nessuno di questi spazi è un fortino inaccessibile e sono molti i collaboratori che si muovono liberamente tra la canonica, gli uffici e le sale, perché in molti hanno le famose “chiavi della parrocchia”.
“La Chiesa vera – riflette don Ciro – è quella che s’incarna e vive il Vangelo tra la gente. Questa è la vocazione di ciascuno di noi: dovremmo chiederci sempre quanto bene avremmo potuto fare e quanto in realtà ne abbiamo fatto.

Le povertà non si alleviano tanto col denaro o coi regali… ma con la vicinanza”.

Qualcuno confessa, non senza un pizzico di commozione, che il parroco nella sua vita rappresenta tanto. “Tutto”, azzarda addirittura qualche altro. E in effetti all’ex farmacista chiedono iniezioni a domicilio, consigli sulla salute e consulenze di ogni genere. Ci sono anziani che gli chiedono persino di andare a ritirare la pensione a loro nome, perché solo di lui riescono a fidarsi. “Ma anche loro – ammette don Ciro con altrettanta commozione – sono la vita per me.”

(testo, foto e video di Giovanni Panozzo)

 

29 Settembre 2023
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