30 Giugno 2022

Aosta, generazioni insieme per accogliere e custodire

A 15 minuti da Aosta due edifici in disuso della Regione sono stati affidati alla diocesi per accogliere famiglie in difficoltà, giovani a rischio esclusione e pellegrini della Via Francigena. Don Nicola: «Sogniamo che la bellezza di questo luogo possa esser fermento per la cura delle relazioni e del Creato»

Casa Zaccheo, un luogo di accoglienza e di ristoro incastonato in uno degli angoli più belli delle Alpi. È questo il sogno che da tredici anni anima il lavoro volontario dell’associazione diocesana L’Albero di Zaccheo, nata ad Aosta nel 2009 da una quarantina di famiglie che su impulso di don Nicola Corigliano, attuale parroco di Saint Martins de Corléans, si sono associate per aiutare altri nuclei in difficoltà segnalati dai servizi sociali, attraverso l’affiancamento e la pastorale familiare, i bandi regionali e del Terzo settore. Il complesso di due edifici dismessi tra i boschi sulle montagne intorno ad Aosta, un tempo colonia del Comune di Collegno, è stato trasferito nel 2011 in comodato d’uso gratuito per 90 anni dalla Regione autonoma alla diocesi d’Aosta. Così è nato questo progetto di recupero e ospitalità, concepito dagli adulti come eredità sociale da lasciare ai propri figli, segno «della fatica del lavoro e della gioia dello stare insieme» dice la presidente dell’associazione, Michela Colombarini. Dopo anni di tenacia è stato finalmente approvato il progetto di ristrutturazione, ideato da ingegneri e architetti soci dell’associazione, un progetto tutto all’insegna della transizione “verde”, con l’utilizzo di energia solare e biomasse. Si attendono ormai solo gli ultimi adempimenti amministrativi per dare il via alla raccolta fondi. Preventivo richiesto: tre milioni di euro.

«Tutto è nato quindici anni fa dall’intuizione di un ragazzo del quartiere – racconta don Nicola Corigliano – che mi disse che, in un’escursione con altri giovani, avevano trovato un edificio sulle colline molto mal frequentato. Quel ragazzo mi consegnò questa frase: “come sarebbe bello se questo edificio diventasse un luogo in cui i giovani vengono accolti…”. Quel pensiero cominciò a scavare in me: quando un ragazzo ti dice “come sarebbe bello se…”, non te ne puoi sbarazzare facilmente». Essenziale e carismatico, 49 anni, originario di Arese (VA) e con una lunga frequentazione della Valle d’Aosta, laureato in Scienze ambientali, all’epoca don Nicola era viceparroco di Saint-Martin-de-Corléans dopo l’esperienza di alcuni anni come missionario in Perù con l’organizzazione salesiana Mato Grosso prima di rientrare in Italia nel 2004 per concludere il seminario ad Aosta ed essere ordinato nel 2006. Lo scorso settembre è tornato qui come parroco dopo cinque anni nella parrocchia di Gignod, Excenex, Arpuilles e Signayes.

«Andai a vedere questo stabile estremamente degradato – prosegue don Nicola –, ne parlai con alcune persone vicine alla parrocchia, e quel “come sarebbe bello se” si diffuse come i soffioni nei giorni di primavera: non solo fra gli amici della parrocchia ma anche tra persone di altre comunità. Da lì è nato il tutto. Un nucleo di 5-6 persone che avvertivano le potenzialità di questo lavoro soprattutto per i propri figli è diventato un gruppo stabile di 10-20 persone, in cui non era importante solo il risultato finale, ma anche come ci si arrivava: vale a dire con un lavoro volontario fatto dalle stesse persone, famiglie e giovani, che erano già impegnate nel compito di rendere questa struttura accessibile, o almeno meno arcigna. Via via sono stati coinvolti anche dei professionisti che si sono fatti affascinare da questo progetto. Oggi, dopo 13 anni, abbiamo un’associazione stabile, un Comitato tecnico, un progetto approvato che si è scontrato con i tempi biblici delle nostre amministrazioni. Ma d’altra parte certi progetti devono per forza confrontarsi con le difficoltà anche per saggiare la forza, la stabilità, la volontà collegata a certi ideali. Ora speriamo che questo progetto sulla carta possa diventare progetto sulla pietra, dopo esser stato un progetto sulla carne: la carne di quelli che gratuitamente hanno lavorato in tante giornate all’aria aperta per far tornare alla vita questo luogo». 

Non è un caso che l’associazione, dalla benedizione iniziale del vescovo emerito mons. Giuseppe Anfossi, di strada ne abbia fatta parecchia anche perché risponde ai bisogni generati dalla frammentazione sociale del territorio. Con i suoi 125mila abitanti sparsi su una conformazione geografica esclusivamente montana, in Valle d’Aosta i piccoli comuni (quelli con meno di 5mila abitanti) ricoprono il 99,3 per cento della superficie e presentano la densità media più bassa d’Italia (28 abitanti per chilometro quadrato). Qui si sono registrati negli anni scorsi tra i tassi più alti d’Italia per i suicidi (mancano dati Istat dopo il 2018 ma la media in Italia è di 6,3 ogni 100mila abitanti mentre qui è stata del doppio nel 2016), di dispersione scolastica (quinta regione con tassi superiori al 15 per cento dopo Sicilia, Campania, Sardegna e Abruzzo) e per i divorzi (2,4 per mille abitanti nel 2018, media italiana 1,6). «Casa Zaccheo – chiosa la presidente dell’associazione, Michela Colombarini – è lo strumento e non il fine per realizzare gli scopi dell’associazione: curare il rinforzo delle relazioni familiari e delle competenze genitoriali, tutelare l’ambiente e i più fragili, mettere in condizioni di ripartire chi fatica a trovare la propria strada, incoraggiare la giustizia riparativa. Per questo la Casa sarà il luogo simbolico del passaggio del testimone tra generazioni come anche il punto di incontro in cui condividere esperienze e trasmettere significati: tutti possiamo trasformare la realtà e portare bellezza dove non c’è».

(di Manuela Borraccino)

Foto di Daniele Chatrian

Video:

regia, produzione e testi di Manuela Borraccino
riprese e montaggio di Daniele Chatrian

30 Giugno 2022
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