Oratorio: palestra di fede e sostegno alle famiglie
Uno studio condotto da ricercatori dell’università Cattolica, della Bicocca e del Politecnico ha definito Milano «la città dell’oratorio ogni 10 minuti». Il capoluogo lombardo registra, infatti, una presenza complessiva di 146 oratori, con una distanza media tra di essi di circa 800 metri. Al responsabile degli oratori milanesi, don Stefano Guidi, abbiamo chiesto di riflettere sul valore di questa preziosa presenza.Prossimità, accoglienza, socialità, educazione ma anche responsabilità. Tutto questo sono gli oratori, una realtà composita che ha contribuito e contribuisce a rendere migliaia di ragazzi e adolescenti uomini e donne. Don Stefano Guidi, direttore della Fondazione diocesana per gli oratori milanesi (Fom), ci porta alla scoperta di questo luogo fisico ed esistenziale, mostrandoci da vicino il contributo concreto che centinaia di parroci offrono quotidianamente.
Quando si parla di Nord Italia, è davvero difficile fare a meno di parlare di Milano e, più in generale, della Lombardia. Da sempre considerata un simbolo di produttività, essa rappresenta un faro per l’intera imprenditoria italiana. Eppure, c’è un altro tipo di “produttività” che la contraddistingue da secoli e che probabilmente non si conosce. Più che con i beni terreni, quest’ultima ha a che fare con l’uomo, con i suoi bisogni e con i suoi valori, e svolge un servizio educativo davvero fuori dall’ordinario. Quella degli oratori e dei sacerdoti che se ne prendono cura è infatti una realtà che produce “utili” che incidono direttamente sui cuori e nelle coscienze.
«L’oratorio lombardo ha le sue caratteristiche storiche, educative e strutturali – osserva don Guidi – e quando parliamo di oratorio in Lombardia ci riferiamo a una forma di oratorio che è abbastanza unica nel panorama italiano».
Particolarità che si osserva non solo dalla capillarità con cui essi sono distribuiti sul territorio lombardo: 2300, di cui 1000 nella sola diocesi di Milano. Ma, soprattutto, dal fatto che in Lombardia «l’oratorio è un’espressione della parrocchia: è la modalità con cui ogni parrocchia istituisce una relazione di cura educativa nei confronti di ragazzi, adolescenti e, in generale, di tutti i giovani del territorio», ricorda don Stefano, rimarcando particolarmente quest’ultimo aspetto.
«L’oratorio – aggiunge – non viene percepito come un semplice “servizio sociale”, ma viene vissuto come qualcosa che esprime la storia, le vicende e le dinamiche relazionali di una parrocchia». Il vivere quotidiano ha infatti necessità di esprimersi pienamente in un contesto di radicamento alla storia del luogo. Ed è proprio questo servizio di prossimità che l’oratorio svolge nello specifico contesto lombardo.
Da queste parole si comprende facilmente la responsabilità che ha ciascun parroco nel fare in modo che questa realtà organizzativa resti in vita, in modo da poter garantire spazi di ascolto e condivisione. Se infatti volessimo provare a toccare con mano l’anima dell’oratorio, probabilmente dovremmo ricorrere a due verbi: curare ed educare. Ed è entrando in relazione con l’altro che si riesce ad affrontare pienamente la realtà e le dinamiche che l’attraversano. Aspetto che contribuisce oltretutto a spiegare il motivo per il quale quando si parla di oratorio, oltre che alla parrocchia, si fa soprattutto riferimento a «strutture sportive, ricreative e formative: luoghi di socializzazione, saloni, aule, cinema, teatro» – precisa don Stefano.
Da questa poderosa rete organizzativa, che i parroci gestiscono e coordinano quotidianamente, ne deriva «un impatto sociale ed educativo straordinario», soprattutto se si considera ciò che sono in grado di offrire gli oratori durante il periodo estivo, in cui la chiusura delle scuole genera complicazioni a molte famiglie. «Se calcoliamo le età dei partecipanti, che vanno dai 6 ai 18 anni, superiamo tranquillamente le 300.000 presenze sul piano regionale, senza contare i volontari e i giovani che a vario titolo collaborano all’organizzazione delle attività», afferma don Stefano.
Numeri che meglio di ogni altro raccontano lo sforzo organizzativo dei parroci responsabili di questi luoghi e spiegano la ragione per la quale Milano, sulla base di uno studio condotto da ricercatori dell’università Cattolica, della Bicocca e del Politecnico, è stata definita «la città dell’oratorio ogni 10 minuti». Il solo capoluogo lombardo registra infatti una presenza complessiva di 146 oratori, con una distanza media tra di essi di circa 800 metri.
Ma qualcuno potrebbe chiedersi: qual è il segreto vero dell’oratorio? In cosa consiste il particolare approccio educativo che contraddistingue questa realtà umana e sociale che, dopo la stagione del Covid, sta vivendo una nuova primavera? La risposta, secondo don Guidi, non può che provenire da un’esigenza di socialità e responsabilità allo stesso tempo. «Si fa più forte – spiega – un bisogno di relazione, di socialità, ma anche di assunzioni di responsabilità costruttive e di cui si possa sperimentare nell’immediato l’utilità vera. L’oratorio permette a un adolescente di impegnarsi concretamente per qualcosa di visibile, per qualcosa di concreto e praticabile in un contesto di prossimità, di gruppo, godendo di una soddisfazione immediata».
È questa la ricetta vincente che genera quegli “utili” relazionali che permettono a centinaia di migliaia di giovani di affrontare la vita con una rinnovata consapevolezza di sé, con pregi e difetti. È la strada della realtà, puntellata da concretezza, ma sorretta e animata dalla speranza.
(Diego Benedetto Panetta)