22 Novembre 2022

Asti: la buona integrazione che migliora la vita (a tutti)

Porte aperte ad Asti, nella parrocchia San Domenico Savio, per migranti bisognosi di alloggio, mentre il quartiere tende le mani a chi ha perso il lavoro. «Questi ragazzi hanno allargato i nostri orizzonti: camminando insieme abbiamo condiviso la scoperta di una nuova stagione di vita» dice don Mario Banaudi.

«La mia traiettoria è stata questa: dall’esser sopravvissuto al deserto del Sahara, alla Libia e a un viaggio di fortuna su un barcone, al lavorare oggi nella divisione risorse umane di una multinazionale con 36mila impiegati nel mondo» racconta tracciando un arco nell’aria Osman F., 29 anni. Il giovane rifugiato del Gambia, salvato in mare dalla Guardia di finanza nell’aprile 2014, è uno dei 144.862 migranti ai quali lo Stato italiano ha concesso l’asilo politico (sono 1,3 milioni i rifugiati in Germania), una minoranza degli oltre 5 milioni di cittadini stranieri residenti nel nostro Paese. Ma negli anni scorsi è stato soprattutto uno delle migliaia di richiedenti asilo accolti dai parroci italiani che hanno aderito all’appello rivolto dalle Prefetture alle Caritas diocesane ben prima dell’appello di papa Francesco in seguito all’esodo dalla Siria del 2015: solo nel 2021 secondo i dati di Caritas italiana sono stati circa 25 mila i migranti accolti dalle diocesi. «Accogliere Osman – sorride don Mario Banaudi, 61 anni, per 14 anni co-parroco a San Domenico Savio e dallo scorso settembre parroco di San Pietro – è stato un po’ come uscire dalla nostra comfort-zone. Abbiamo accettato di cambiare le nostre abitudini e

ha prevalso la volontà di essere fratello di questi ragazzi e di ascoltare com’era stata la loro vita,

così difficile rispetto alla nostra, e che cosa speravano di costruire nell’approdare a casa nostra».
Nella città adagiata tra le colline, terra del Barbera dove affondano le radici della famiglia di papa Bergoglio, la parrocchia di San Domenico Savio è il maggior centro di aggregazione del borgo San Lazzaro. Si tratta del quartiere più multietnico del capoluogo con i suoi quasi 10mila abitanti su 75mila complessivi: gli stranieri residenti sono circa il 10% della popolazione, in linea con il dato regionale che vede il Piemonte sesta regione in Italia per numero di stranieri.
«Fin dagli anni ’90, con l’arrivo degli albanesi, i parrocchiani si sono abituati alla presenza di così tanti stranieri e c’è una buona collaborazione tra i nostri volontari e con il Comune perché nessuno resti indietro» racconta don Dino Barberis, 57 anni, dal 2008 co-parroco di San Domenico Savio e da alcuni anni direttore del settimanale diocesano. Così ha preso forma l’integrazione di Osman nel nostro paese: dopo aver ottenuto il diploma di terza media, si è laureato nel 2020 in Lingue e mediazione culturale a Torino, lavora in una multinazionale, ha sposato una ragazza italiana e da un anno è padre di un bimbo.
Oggi l’appartamento della casa parrocchiale dove Osman e Bilali hanno vissuto per un anno e mezzo ospita una famiglia di origine marocchina con tre bambine. «Da quando ho conosciuto la parrocchia, otto anni fa, ho incontrato una nuova famiglia» rimarca Badia, 37 anni. «Qui

ho trovato amicizia, solidarietà, aiuto morale e materiale.

Quando, tre mesi fa, avevamo subito lo sfratto perché la proprietaria voleva vendere l’appartamento, con i nostri lavori precari non riuscivamo a trovare un alloggio ed io rischiavo di finire in una casa-famiglia gestita da una cooperativa, con le bambine. Ringrazio il Signore e don Dino che per ora mi ha messo a disposizione questa casa e siamo potuti restare uniti, insieme al papà».
Forse anche grazie alla coerenza con cui la parrocchia cerca di vivere la vicinanza a chi si trova in difficoltà, Badia è tra coloro che hanno accettato di svolgere un servizio di volontariato nel quartiere o nella parrocchia, si tratti di pulizie o manutenzione del verde, in cambio della busta della spesa che viene distribuita ogni settimana a una quarantina di famiglie tra centro di ascolto parrocchiale ed emporio della solidarietà della Caritas diocesana. E la lotta all’assistenzialismo non finisce qui. «Quest’anno – spiega don Dino – ci stiamo muovendo su tre binari: lo sportello lavoro in collaborazione con il Comune per le periferie, l’assistenza alle ragazze madri in difficoltà economica insieme al Centro aiuto alla vita, visto che la nostra parrocchia è dedicata al protettore delle mamme in attesa, e una convenzione con la società calcistica del quartiere, con la quale possono giocare a calcio anche i ragazzi che non possono pagare il corso».
Aiuti resi possibili dai fondi dell’8xmille alla Chiesa cattolica, ma anche dalla generosità di molti parrocchiani: l’utilizzo delle loro offerte viene puntualmente rendicontato. La parrocchia infatti, fondata e guidata ininterrottamente per 50 anni dal compianto don Giacomo Accossato, dispone da 14 anni di un fondo per opere caritative dedicato alla memoria di don Giacomo alimentato con circa 10mila euro all’anno. «Un po’ come la farina nella giara della vedova di Zarepta» (1 Re 17, 7-24) sorride don Mario.

Testo, produzione e regia del video di Manuela Borraccino
Foto, riprese e montaggio di Francesca Nota


22 Novembre 2022
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