27 Ottobre 2025

Chiavenna, crocevia di carismi e di fraternità

Don Andrea, legato al Movimento dei Focolari, e don Federico, della Comunità Papa Giovanni XXIII, sono tessitori instancabili di una rete di fraternità che, chinandosi sugli ultimi, rende le parrocchie di Chiavenna e della valle dei veri avamposti dell’annuncio del Vangelo.

“Quando sono arrivato in questa parrocchia di montagna, qui in Val Chiavenna, mi sono subito reso conto che da solo non sarei riuscito a fare nulla, schiacciato dall’aspetto amministrativo e burocratico del mio ruolo di parroco”. A don Andrea Caelli fanno riferimento le parrocchie di San Lorenzo e San Fedele a Chiavenna (SO) e quella di Sant’Eusebio a Prata – Camportaccio. Ricco della sua esperienza col Movimento dei Focolari, appena arrivato qui, nel 2016, non ci mise molto a capire che “serviva una ventata di Spirito Santo e di fantasia, da condividere con uomini e donne di buona volontà”.

Ecco dove affonda le radici la sua amicizia con don Federico, Chicca e Carinda, coi quali in questi ultimi anni ha imparato a condividere, in stile davvero sinodale, le decisioni pastorali più importanti e i progetti di evangelizzazione più arditi. “Ho cercato e voluto questa amicizia, che mi ha fatto uscire dagli schemi di uno stile un po’ troppo clericale. Avevo ascoltato la realtà che avevo trovato qui a Chiavenna e volevo vivere la sinodalità. Con loro tre è nata una collaborazione più stretta. Insieme, cerchiamo di coinvolgere anche le realtà civili: i comuni, ad esempio, i servizi, le cooperative, i sindacati, le associazioni laiche, la Croce Rossa, gli alpini, le realtà culturali, i movimenti per la pace”.

“Ho sempre pensato – riprende don Andrea – che arte, letteratura, poesia e musica possano predisporre il cuore delle persone all’ascolto della Parola e sono molte le attività di questo genere che possiamo condividere anche con tutti gli altri. E poi c’è un rapporto di amicizia e collaborazione anche con la vicina comunità evangelica riformata di Bregaglia (in Svizzera, ma a meno di 20 km da qui): a volte invitiamo a parlare da noi la loro pastora, Simona, e loro invitano me”.

Tra le attività avviate a Chiavenna, gli incontri con un gruppo di giovani universitari e lavoratori, non in parrocchia ma in una pasticceria, per intercettare un maggior numero di persone potenzialmente interessate. E se qualcuno pensasse che don Andrea, in questo modo, “annacqua” la propria identità, si sbaglia di grosso. “Al centro c’è solo Gesù: siete qui per Lui, non per me. Stiamo in silenzio perché al centro possa esserci solo Gesù e il nostro stare vicini sia per generare Lui”. Queste furono le sue prime parole, appena arrivato in parrocchia nove anni fa, e Chicca capì subito di aver trovato quello che cercava.

Chicca (in realtà Federica, all’anagrafe) dai 23 ai 40 anni era stata in missione con l’Operazione Mato Grosso (prima in Perù, col fondatore padre Ugo De Censi e poi in Bolivia, mandata dallo stesso padre Ugo). “Tornata in Italia – racconta – in parrocchia ho incontrato don Andrea e ho deciso di fermarmi qui, dedicandomi al catechismo e al lavoro con i ragazzi e mantenendo nel cuore le missioni e le attività per sostenerle. Con una ventina di ragazzi ci troviamo, ogni settimana, a lavorare gratuitamente facendo traslochi, pulizia di sentieri, taglio della legna. Durante le vacanze facciamo settimane di convivenza e lavoro aperte ai giovani di tutta Italia: raccogliamo mele, facciamo il fieno, costruiamo rifugi in montagna e tutto il ricavato viene devoluto ai poveri. Lavorare gratuitamente fa nascere nei nostri ragazzi interrogativi sani sul senso della vita. Ci siamo resi conto, però, che è importante cominciare prima questa delicata operazione educativa: per questo abbiamo iniziato a fare proposte anche ai più piccoli, fin dalle scuole medie, incontrandone moltissimi”.

“Li sensibilizziamo – aggiunge Carinda – soprattutto sul tema dell’accoglienza e dell’attenzione agli ultimi, organizzando anche raccolte di scarpe, coperte, zaini e altro materiale che poi facciamo arrivare ai migranti della rotta balcanica”. Carinda ha 54 anni ed è sposata con Fabio. È mamma di tre figli e anche lei ha trascorso sei anni in missione in Perù e in Bolivia, con l’Operazione Mato Grosso. “Anni intensi e bellissimi – ricorda – durante i quali ho incontrato una povertà impossibile da dimenticare. Tornata in Italia volevo mantenere vivo quello spirito ma mi sono scontrata con una grande nostalgia e con un mondo in cui non mi ritrovavo più. È stato allora che ho conosciuto don Andrea, che mi ha aiutato a essere più aperta, a scegliere di fare le cose insieme agli altri, a preoccuparmi di non dividere ma di unire. Quando poi, tre anni fa, stavo lasciando l’impegno come catechista, in parrocchia è arrivato don Federico e così ho trovato un alleato con cui condividere sogni e camminare insieme.

Don Federico mi ha chiesto di accompagnarlo, di notte, a incontrare i giovani di Chiavenna, come lui aveva iniziato a fare da qualche tempo. Nel vuoto e nel degrado di tante storie che troviamo, ci sono tanti ragazzi che ci aprono il cuore. Mi sento inadeguata, ma sto imparando a cogliere il grido di chi ci chiede solo di essere ascoltato e volergli bene.

Don Federico Pedrana, sacerdote da 25 anni, dopo essere stato per dieci anni viceparroco a Como, è stato destinato come fidei donum alle attività della Comunità Giovanni XXIII di don Benzi, prima a Crema, per tre anni in una casa-famiglia, poi per cinque anni a Bucarest, a lavorare con i senza fissa dimora. “Quattro anni fa – racconta – sono tornato in Italia per curare un tumore, da cui grazie a Dio sono guarito. A quel punto però, a giugno del 2023, il mio vescovo ha voluto che rimanessi qui. Non a fare il parroco, ma per aprire una nuova casa della Comunità Giovanni XXIII: la Capanna di Betlemme. È una struttura che accoglie uomini, tutti maggiorenni che arrivano dal mondo della strada. Vuol essere un luogo di passaggio, per persone che si vogliono riprendere e poi ripartire, ma anche un luogo di stabilità per chi difficilmente potrà riprendere la propria autonomia. Si vive tutti insieme sotto lo stesso tetto, condividendo una normale vita di famiglia. Il mio ruolo, oltre che quello di essere referente per questa casa, è quello di collaboratore delle parrocchie di Chiavenna e Prata Camportaccio, in comunione con don Andrea, don Mauro e don Aldo”.

“Entrare in una comunità di montagna – riprende a raccontare don Federico – all’inizio non è stato facile, perché la gente pensava che avrei portato con me, nel loro paese, solo gentaglia … E invece oggi sono grati di questa presenza (me lo hanno detto più persone) e questo è bellissimo”.

“Quando usciamo, la notte, insieme a Chicca o a qualche altro volontario, portiamo sempre con noi una teca con il Santissimo, con Gesù. Quando uno di noi inizia a parlare con qualche ragazzo, l’altro prega. Siamo fragili, peccatori, io per primo. Ma sono certo che questo per la Chiesa sia un tempo propizio: siamo chiamati, anche in piccole comunità, a incontrare le persone, come facevano i primi cristiani, a portare Cristo lungo le strade della vita”.

(di Stefano Proietti – foto gentilmente concesse dalla diocesi di Como)

27 Ottobre 2025
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