Ferrara: vincere l’emarginazione facendo squadra
A Ferrara la povertà è in aumento ma il cuore grande dei volontari non si spaventa. Il Giubileo interpella la Chiesa perché la Porta Santa, che conduce i pellegrini all'incontro con Cristo, conduca pure le comunità cristiane in uscita a ritrovare il Signore presente negli ultimi. La testimonianza di don Andrea Zerbini e di una volontaria di lungo corso.
Incontrare le persone in difficoltà per accoglierne bisogni e necessità. Ne sa qualcosa don Andrea Zerbini, 72 anni, moderatore dell’unità pastorale di Borgovado nell’arcidiocesi di Ferrara – Comacchio e responsabile del centro di ascolto della Caritas.
Carità e Giubileo
“La nostra unità pastorale comprende quattro parrocchie – ci spiega -: S. Francesca Romana, S. Maria al Vado, S. Gregorio e La Madonnina. Assistiamo circa 50 famiglie. Ogni martedì a Santa Maria al Vado il centro di ascolto si avvale di una quindicina di volontari e varie professionalità mediche e a una quarantina di nuclei familiari vengono forniti ogni mese un pacco alimentare e sussidi per fare documenti e ottenere assistenza sanitaria. Ogni terzo sabato del mese distribuiamo, nella parrocchia di Santa Francesca Romana, il pacco alimenti che arriva dal Banco Alimentare, integrato con prodotti acquistati grazie ai fondi della parrocchia e alle donazioni. Il nostro centro di ascolto di Borgovado coordina tutte le realtà caritative delle parrocchie di Ferrara. Le parrocchie cercano di supportare chi non trova nessun tipo di assistenza: lo facciamo per l’umanità delle persone che si incontrano, che spesso non hanno neanche più voglia di vivere – prosegue don Andrea -. Noi cerchiamo il modo di instaurare con loro una relazione e farli sentire parte di una comunità più ampia e solidale. Per il Giubileo in corso stiamo affrontando il tema della povertà a vari livelli, volendo attivare un tavolo cittadino con le associazioni che lavorano nel volontariato, ma anche in dialogo con le istituzioni pubbliche, per verificare le risorse disponibili e le criticità presenti nel capoluogo Estense. Come la Porta Santa conduce dalla città alla basilica, il percorso deve essere biunivoco e deve condurre anche dalle comunità parrocchiali verso la città: da un lato si entra per incontrare Cristo nella preghiera e nella comunità; dall’altro si esce per ritrovarlo nei bisogni e nelle necessità della gente”.
Rispondere alla povertà
La povertà in questa città che è sede universitaria, luogo di cultura e bellezza rinascimentale, è aumentata vistosamente. Il Comune cerca di venire incontro ai senza tetto con rifugi invernali e mettendo a disposizione alcuni alloggi, che però non sono sufficienti. Tra gli stranieri più presenti in città ci sono marocchini, tunisini, pakistani e rumeni. La Caritas diocesana di Ferrara gestisce anche un servizio mensa e un servizio docce e indumenti, erogando 10mila pasti in un anno, con 250 volontari in servizio, e assistendo 1350 persone.
Tra i volontari c’è anche Silvana, 74 anni ma instancabile. È lei l’anima degli operatori. Originaria di Lecce, da quattro anni e mezzo si è trasferita a Ferrara per fare la nonna: qui ha un figlio e una nuora entrambi medici. “Prepariamo pasti per tanti musulmani – racconta la donna – rispettando le loro tradizioni, ma non mancano di certo anche italiani in difficoltà . Li accogliamo tutti, cercando di ricordare tutti i loro nomi. Il cuoco Giorgio gestisce tutte le donazioni che arrivano da pasticcerie, panifici, ortofrutta e dalla grande distribuzione del ferrarese. Spesso capita che in coda, tra gli utenti, scoppi qualche litigio e allora cerchiamo di sanare i loro disaccordi: hanno fame e temono di restare digiuni. La mia vita – continua Silvana – è stata sempre arricchita dal volontariato in Caritas, anche quando ero nella mia Puglia. Tanti gli episodi che ti lasciano il segno ma anche quelli che ti rincuorano. Quando vado in piazza con i miei nipotini i beneficiari che mi riconoscono mi abbracciano e mi baciano, e mi caricano di energia: i miei stessi nipoti ne rimangono sbalorditi e a volte s’ingelosiscono. Il loro odore non è gradevole, specie se non riescono a lavarsi, ma scalda il cuore. Questo mio attaccamento agli ultimi mi fa stare bene e spero di contagiare altri. La povertà è molto più diffusa e latente di quanto possa sembrare e noi cristiani dovremmo cambiare il mondo non con le parole, ma con le azioni. Il volontariato ci mette in moto dalle 7.30 alle 14.30 ininterrottamente e questo impegno ci fa stare bene e ci ridimensiona l’ego”.
Le frontiere dell’amore
La Caritas di Ferrara gestisce anche un ambulatorio con 6 medici, un’unità di strada e Casa Betania, un progetto di accoglienza femminile per un totale di 12 posti letto, per donne e minori richiedenti asilo. E poi ci sono i “gruppi appartamento”: oltre all’abitazione il progetto prevede assistenza materiale con beni di prima necessità (card alimentari, card vestiario, card per igiene personale), assistenza sanitaria, legale e psicologica. Le donne si occupano dell’orto creato nel chiostro per svolgere attività all’aperto. La Caritas diocesana ha anche inaugurato un centro diurno, che funziona nei giorni dispari, per detenuti in permesso, nella Parrocchia S. Giacomo fuori del centro abitato, che sarà intitolato, per volere del Vescovo diocesano Giancarlo Perego nella sua recente visita, a Papa Francesco, proprio perché il Pontefice ha dedicato la sua ultima visita ai detenuti.
“Questa è la Chiesa in uscita che vogliamo sulla città- conclude don Andrea Zerbini – con l’auspicio di avvicinare sempre più gli invisibili accogliendoli non nella stazione ferroviaria, ma nelle nostre chiese”.
(testo e immagini di Sabina Leonetti)