20 Settembre 2023

Il futuro delle Guinea Bissau riparte dai banchi di scuola

Don Lucio Brentegani, 52 anni, da 16 fidei donum di Verona in Guinea Bissau, ci parla della sua missione nella diocesi di Bafatà, di cui dal 31 marzo 2021, dopo la morte del vescovo dom Pedro Zilli, è divenuto amministratore diocesano.

«Se non fossi un missionario non sarei qui. Non è facile essere ogni giorno motivo di speranza in mezzo a tante povertà. Essere qui vuol dire stare dalla parte di queste persone. Se anche Gesù ha fatto una scelta di parte, questa è la parte che io scelgo ogni giorno». Don Lucio Brentegani, 52 anni, fidei donum di Verona in Guinea Bissau da 16 anni, parla della sua missione nella diocesi, Bafatà, di cui è amministratore diocesano dal 31 marzo 2021 dopo la morte del vescovo dom Pedro Zilli. Don Lucio è impegnato nella pastorale della parrocchia di San Daniele Comboni e dedica la maggior parte del suo tempo a cercare risposte alle molte forme di povertà del Paese, al 175esimo posto su 188 nazioni nell’Indice di Sviluppo Umano.

La sua esperienza di incaricato del Consiglio Caritas della diocesi gli ha permesso di portare avanti progetti di promozione sociale in vari ambiti, a partire dalla scuola. «La scuola è un grande problema, in un Paese in cui metà della popolazione ha meno di 25 anni – spiega il missionario veronese – e il 54% dei guineesi è analfabeta. Circa la metà dei bambini non frequenta, molti lasciano appena sono in grado di svolgere un lavoro per aiutare la famiglia: i maschi ad occuparsi degli animali, le femmine a lavorare nei campi o in casa. Questo deficit formativo è una bomba a orologeria, è come una cambiale per il sottosviluppo futuro. Un popolo che non sa, che non si ribella, finisce per ascoltare e obbedire».

Molti ragazzi fin da bambini sognano di partire, di andare fuori per poter sostenere la famiglia. Cercare lavoro altrove diventa uno scopo di vita. Per questo ci sono famiglie che vendono terreni, orti, anche grandi piantagioni di anacardi (la coltivazione principale) per poter pagare i viaggi dei figli: dai cinque ai 10mila euro almeno per cominciare il processo del viaggio che comunque comporta rischi enormi. «Qualche anno fa in uno dei tanti naufragi nel Mediterraneo, c’erano anche cinque giovani di un villaggio vicino a Bafatà dove andiamo a celebrare la messa – racconta don Lucio –. Loro non venivano in chiesa perché erano musulmani ma erano partiti insieme e avevano fatto il viaggio dalla Guinea Bissau al Senegal, poi fino alla Mauritania, di lì ancora in Libia, dove si erano imbarcati per l’Europa. Immaginiamo lo strazio delle famiglie e di tutto il villaggio quando è arrivata la notizia che erano morti insieme: fratelli, cugini, tutti giovanissimi e della stessa famiglia. Dopo qualche giorno però, uno di loro è riuscito a telefonare raccontando che si era salvato a stento grazie ai soccorsi ma che gli altri erano morti in mare».

Eppure la terra è molto fertile, c’è acqua dolce e clima favorevole. Vicino a Bafatà passano due fiumi ma non c’è nessuna infrastruttura. Spiega don Lucio: «Abbiamo una specie di motopompa che tira su l’acqua e innaffia i campi e soprattutto le risaie. Per formare i giovani abbiamo realizzato un progetto dell’Unione europea per diffondere una nuova attenzione alla coltivazione della terra, oltre le diffusissime piantagioni di anacardo. Abbiamo fatto un progetto con l’8xmille nel periodo in cui la Cei aveva lanciato la campagna “Liberi di partire, liberi di restare”. Tutto per fare formazione ed evitare che i giovani prendano la via dell’emigrazione».

Nell’ex colonia portoghese, divenuta indipendente nel 1973, per la mancanza di stabilità politica e di una classe dirigente formata, la gestione dello Stato è nelle mani di militari senza nessuna competenza amministrativa, manca un ricambio generazionale. Tante le povertà da combattere, come spiega don Brentegani: «In campo sanitario mancano i mezzi economici per avere un sistema efficiente: un ospedale, medici, elettricità per fare operazioni anche di notte, macchinari per la diagnostica, ecc. Basti pensare che il mese scorso sono arrivati i primi cinque ventilatori per i malati di Covid (due anni dopo la necessità), ora che non servono più e che comunque non si sa nemmeno chi potrebbe farli funzionare».

E poi c’è l’alcolismo, un problema diffuso anche tra i musulmani che sono la maggioranza della popolazione (circa il 90%), ma si sta diffondendo l’uso di sostanze stupefacenti, tra cui la cocaina che nella rotta che va dall’America Latina verso l’Europa, fa scalo anche in Guinea Bissau.

«Da quando sono arrivato ho sempre lavorato molto in ambito sociale, questo mi riempie la giornata ma anche spiritualmente come prete. Quando annuncio il Vangelo dico che Gesù ci salva. Anche quando dico che bisogna andare a scuola indico il cammino della salvezza: quella di diventare uomini nella pienezza di vita. Toccherà ai bambini di oggi cambiare il volto di un Paese che deve imparare a guardare avanti».

di Miela Fagiolo D’Attilia (foto gentilmente concesse da don Lucio Brentegani)

20 Settembre 2023
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