Reggio Calabria: sentirsi a casa per ritrovare davvero se stessi
Nel cuore di Reggio Calabria c’è una chiesa dalla storia antica ma, ancora oggi, punto di riferimento per le persone di ogni età. Un giovane sacerdote, cui è stata affidata l’Azione cattolica ragazzi di tutta la diocesi, si spende con generosità per la sua comunità, accompagnando anche il cammino degli scout e continuando a fare da segretario all’arcivescovo Morrone. “Un archeologo dell’umano”, si definisce don Nino Ventura.Il calore del sole, le campane a distesa, il cuore della gente. La parola che senti pronunciare più spesso, incontrando chi frequenta S. Maria della Cattolica dei Greci, nel centro storico di Reggio Calabria, è casa. “Molti vanno via da Reggio – esordisce Ilenia, educatrice e membro dell’equipe diocesana di Azione cattolica – ma io ho scelto di restare. Il calore delle persone qui mi fa sentire a casa”. Le fa eco la voce infantile di Alberta Maria, giovanissima scout Agesci ma con le idee già chiarissime: “Per me questo luogo è come casa mia, soprattutto la domenica. Qui ho tanti amici e il parroco che ci fa compagnia”. Il bisogno di relazione e di accoglienza qui trova piena soddisfazione e il punto di riferimento per tutti, dai bambini più piccoli ai più anziani, è don Nino Ventura. “Per noi dell’Agesci – aggiunge Elisabetta, capo scout – è una guida spirituale, qualcuno che ti chiede di fermarti a riflettere per riscoprire i tuoi valori autentici”.
Da tre anni e mezzo, don Nino è assistente diocesano dei ragazzi dell’Azione cattolica di Reggio Calabria – Bova. Continua pure ad essere segretario dell’arcivescovo, mons. Fortunato Morrone, e naturalmente parroco (protopapa, per l’esattezza) di S. Maria della Cattolica dei Greci. Questa chiesa rappresenta l’istituzione cristiana più antica di Reggio Calabria. In epoca bizantina fu il principale luogo di culto della città, anche se nel medioevo, con la latinizzazione del rito, perse di importanza, pur rimanendo concattedrale di rito greco. Dopo il sisma devastante del 1783 fu ricostruita in stile neoclassico, anche perché dal 1818 il protopapa non era più indipendente dal vescovado e ormai di bizantino la chiesa ha mantenuto solo il nome e il titolo. Sacerdote da quasi dodici anni, questo trentasettenne descrive il proprio ministero con una immagine molto suggestiva.
Archeologo dell’umano
“È una sorta di “archeologia umana” – spiega -. Per me essere prete spesso significa cercare di capire da dove deriva il bisogno di quanti mi cercano, perché sono venuti. Con delicatezza si prova a scendere in profondità, di strato in strato, nel cuore di uomini e donne che incontriamo, cercando di arrivare alla verità di quella persona. Ma c’è anche un lavoro inverso che va fatto su se stessi, per capire come si possa essere utili alla dignità e alla verità di quella persona, che è emersa dagli strati che sono stati superati”.
“Oltre l’emergenza che può aver spinto da te una persona – prosegue don Nino – spesso ci sono bisogni sopiti e più profondi: ad esempio tante volte dietro una richiesta materiale o economica, c’è una fame di compagnia, di prossimità, di accoglienza fraterna e capace di ascoltare per vincere la solitudine. Si può individuare questo livello solo facendo un po’ gli “archeologi” nella storia e nella vita delle persone che si incontrano, naturalmente sempre con rispetto e delicatezza e nella misura in cui questo viene consentito dal diretto interessato”.
Non solo Azione cattolica
“Da prete – riprende don Ventura – l’associazionismo di ogni colore, i movimenti ecclesiali di qualsiasi ispirazione sono un grande dono, sia nella mia vita ministeriale che per tutta la Chiesa. Vivere la Chiesa e costruirla insieme a laici che si spendono in modo gratuito, appassionato e generoso è per me un grandissimo arricchimento. Lo fanno per lo stesso obiettivo a cui io ho consacrato tutta la mia vita, e cioè l’evangelizzazione ed è bello mettermi a loro servizio, aiutarli, sostenerli, assisterli. Non è un caso che spesso nelle associazioni il sacerdote sia identificato proprio come assistente. L’Azione cattolica, in particolare, si cimenta in questa impresa, umana e spirituale, di prossimità e di servizio. È l’associazione in cui sono cresciuto e ho scoperto la mia vocazione e che adesso ritrovo con un impegno nuovo. Ho la grande gioia di vedere piccoli germogli di novità e di speranza che crescono, un poco, anche grazie al mio aiuto”.
Storia, maestra di vita
L’ultima considerazione è dedicata alla materia che più lo ha appassionato. “Studiare storia della Chiesa – conclude – mi è servito per leggere il presente con delle categorie, con degli strumenti, utili per cogliere la presenza del Signore in ogni epoca, leggendo i segni dei tempi. In questo modo si può annunciare speranza, perché si impara a relativizzare contesti e periodi che la Chiesa ha attraversato nel corso della storia. Per me oggi essere Chiesa vuol dire essere popolo che cammina, che sente la fatica, che ama andare avanti e cerca di stare dietro al Signore lungo i sentieri, più o meno agevoli, che Lui ci chiede di percorrere. La speranza non è una scommessa ma, come scrisse qualcuno, è “un prestito fatto alla felicità”: la certezza che un giorno quel che desideriamo, al termine di questo cammino, il Signore ce lo concederà”.
(testo, immagini, regia e musica del video di Giovanni Panozzo)