Sacerdoti vicini ai più dimenticati, una sfida a tutto campo
Per chi vive in strada le diocesi hanno tenuto aperti rifugi e mense, adeguandoli alle nuove misure sanitarie. Da Napoli a Pescara, da Venezia a Locri, da Castel Volturno a Ragusa: carcerati, sfruttati, dimenticati hanno trovato sempre un posto nel cuore dei nostri sacerdoti.![](https://www.unitineldono.it/wp-content/uploads/2021/07/MG_8676-CASTELVOLTURNO-Centro-Fernandes-don-antonio-guarino-battezza-alcuni-giovanissimi-FOTO-DI-Francesco-Natale-scaled-2-1366x597.jpg)
Dai senza dimora alle carceri, sulla povertà estrema la pandemia ha pesato di più. Per chi vive in strada le diocesi hanno tenuto aperti rifugi e mense, adeguandoli alle nuove misure sanitarie. Citiamo – tra i tanti – il piano La Chiesa che accoglie, che a Napoli ha alloggiato oltre 40 persone e il ‘Villaggio’ realizzato a Pescara dalla diocesi con i Vincenziani e il Comune. Fondi per i detenuti (come in diocesi di Venezia), visite di sacerdoti e vescovi (come in diocesi di Locri-Gerace mons. Francesco Oliva) sono arrivati oltre le sbarre. “Cristo risorto, che abbiamo celebrato mentre eravamo smarriti nella tempesta coronavirus, non cerchiamolo lontano da noi – ha detto don Raffaele Grimaldi, ispettore generale dei cappellani delle carceri italiane – Lui è più che mai presente. Continua la sua passione nei malati, negli emarginati. E li incontra attraverso le donne e gli uomini di buona volontà. Remiamo insieme, senza egoismi. Il Signore porta il sereno nelle nostre tempeste, perché con Dio la vita non muore mai”.
I nostri sacerdoti sono stati presenti dove lavarsi le mani non sempre è possibile.
Come a Castel Volturno (Caserta), 25 mila abitanti, tra cui 19 mila immigrati, dei quali solo 4 mila regolari. L’arma più importante per difendersi dal virus, l’acqua, non c’è nei tuguri abusivi, e neppure il distanziamento sociale. Per tanti, specie africani, che non vanno più al lavoro nei campi per via della pandemia, assediati tra camorra e mafia nigeriana, la stella polare sono i volontari del Centro Fernandes della diocesi di Capua, con la comunità ‘Bakhita’ di padre Daniele Moschetti e dei comboniani. La loro rete Castel Volturno Solidale riceve oltre 200 telefonate al giorno: ha distribuito cibo, medicine, bombole a gas, contributi per gli affitti, aiuto ai ‘nuovi poveri’ della pandemia, tra cui numerose prostitute.
“Da Papa Francesco ci è arrivato il dono inaspettato di 20 mila euro – spiega padre Daniele – Non è facile. In questo territorio serve una visione”. Settecento chilometri più a Sud, a Ragusa, 3.500 braccianti agricoli pagati in nero, per lo più maghrebini e rumeni, tra cui 250 bambini, vivono confinati nelle campagne:
isolati, senza cibo, né acqua potabile, né luce, né mezzi di trasporto.
A raggiungerli fin dal 2014 e durante la pandemia gli operatori Caritas del Progetto Presidio, con acqua, cibo, medicine e un po’ di umanità.
(Mary Villalobos)