Sullo stesso sentiero, per cambiare il mondo
Don Francesco Lonardi, 48 anni, è il parroco di S. Giovanni Battista in Tomba extra (fuori le mura) e docente in un liceo di Verona, ma svolge anche un prezioso servizio a beneficio dell'Agesci. Insieme ai suoi collaboratori, ci accompagna alla scoperta del patrimonio pedagogico e spirituale degli scout, che creano ponti tra le generazioni e tra culture diverse.
Educare i ragazzi accompagnandoli in un percorso di crescita differenziato, più o meno dagli 8 ai 21 anni. Sono gli scout dell’Agesci, un’associazione che solo in Veneto conta circa 24.000 soci e 214 gruppi. Assistente ecclesiastico regionale è don Francesco Lonardi, 48 anni, sacerdote veronese che è anche parroco di S. Giovanni Battista in Tomba extra (fuori le mura), docente in un liceo cittadino e da sempre a contatto con giovani e studenti.
“Quelli scout sono gruppi nati nel dopoguerra all’ombra dei campanili – racconta don Francesco – per formare buoni cittadini e ottimi cristiani. In Veneto il volontariato cattolico è molto diffuso e utilizziamo i locali parrocchiali per riunirci. È una formula che piace ai ragazzi perché completa l’esperienza di fede con il gioco, il servizio e l’esplorazione, instaura relazioni e consente agli adulti di essere attivi in parrocchia e creare un dialogo intergenerazionale. Dalle nostre parti, rispetto a 40 anni fa, oggi è una scelta più marcata perché i ragazzi non ricevono educazione cattolica in famiglia e lo scoutismo può diventare una strada privilegiata per conoscere Gesù e per far giungere anche anche alle loro famiglie un primo annuncio. In sintesi, quindi, lo scoutismo è svago per i bambini, ma anche condivisione comunitaria di valori e proposta di fede”.
Insieme, al di là dei confini…
“Come diocesi – prosegue il parroco – stiamo proponendo esperienze di fraternità internazionale, una sorta di gemellaggio fra chiese cattoliche. La chiesa georgiana nel Caucaso, ad esempio, sta vivendo una situazione di sofferenza e siamo stati contattati per proporre ai giovani georgiani l’esperienza dello scoutismo. Per questo l’estate scorsa, ad agosto, abbiamo attivato un progetto in cui i ragazzi georgiani hanno partecipato ad un campo-scout qui nel veronese, per tre settimane, con l’intento, rientrati in patria, di proporlo con maggiore consapevolezza anche nel loro paese, per trasmettere valori attraverso il gioco ed esperienze che fanno maturare. Anche noi partiremo alla volta della Georgia, creando un ponte fra le due comunità”. Padre Beka Chilinarashvili racconta così la sua esperienza nel Veneto: “Sono felice di aver vissuto una esperienza di fraternità internazionale in Italia con i giovani della mia parrocchia. In Georgia noi cattolici, pur essendo una piccola minoranza, siamo animati dal sincero desiderio di poter vivere la fede, offrendo in particolare ai più giovani la possibilità di crescere come uomini liberi e autentici. Ci piacerebbe poter vivere lo scoutismo anche in Georgia, per arricchire la pastorale giovanile”.
“Un’altra bella esperienza internazionale – aggiunge Elisabetta Dal Prete, veronese e responsabile regionale Agesci – è il gemellaggio di 4 gruppi del Veneto (dai 12 ai 16 anni) con gruppi ucraini (dagli 8 agli 11 anni). Sono stati instaurati contatti duraturi attraverso videochiamate, lettere, email e da due anni gli ucraini vivono campi estivi in Italia, ricavandone benefici per la salute e tanto sollievo: assenza di scorie, di paura e di ansia per le bombe. Un ambiente di pace che respirano con l’avventura ludica, senso di responsabilità, l’essere protagonisti, vivere all’aria aperta, costruire qualcosa con le proprie mani e con quello che la natura mette a disposizione. La pace si costruisce insieme, camminando sugli stessi sentieri, e realizzando insieme quello che ci fa stare bene”.
…e delle generazioni
“Nella mia parrocchia – riprende don Francesco – ho una trentina di volontari impegnati, i cosiddetti capi, dai 22 ai 54 anni che dunque coordinano un sogno e un progetto intergenerazionale”. “Ma ognuno è valorizzato per il suo ruolo – aggiunge Elisabetta – perché al centro non c’è l’educatore o il capo ma il ragazzo destinatario del percorso, che non è solo fruitore di un servizio ma è protagonista di un’esperienza. I ragazzi dai 12 ai 16 anni s’impegnano durante la settimana a riflettere sul Vangelo della domenica e a proporre agli altri la loro riflessione. In Avvento e nei tempi forti queste riflessioni e preghiere diventano una catechesi vera e propria. Il metodo scout prevede scelta di temi, assegnazione di compiti, strutturazione del percorso, esperienza comunitaria. Essere scout vuol dire assaporare la bellezza di Dio nell’aria, negli sguardi, nell’incontro con l’altro, nel fare le cose insieme”.
Giorgia è una delle volontarie più assidue: “Quest’anno compirò 16 anni e ho la responsabilità di guidare cinque ragazze più piccole come capo della squadriglia delle “Linci”. In passato non sempre mi sono sentita all’altezza delle sfide che avevo davanti ma gli scout, che per me sono come una seconda famiglia, mi hanno dato la forza di provare a tirar fuori il meglio di me stessa. È bello poter vivere in parrocchia assieme ad altri coetanei, sentendo che anche noi possiamo darci da fare per gli altri”
Gli fa eco Alessandro: “Provo ogni giorno a fare mie le parole di Baden Powell, e cioè che il vero modo di essere felici è procurare la felicità agli altri. Fin da ragazzo ho cercato di vivere l’amicizia e la fraternità con gioia, prendendomi cura degli altri o proponendomi per qualche servizio. Sono tante le realtà che nel nostro quartiere si fanno in vista del bene comune e sono stati proprio gli scout a trasmettermi la passione di essere un buon cittadino, donando il mio tempo con gratuità per educare i ragazzi. La nostra fede in Gesù regala a chiunque la felicità di potersi prendere cura degli altri”.
“Insomma – conclude don Francesco – evangelizzando, i ragazzi si evangelizzano. Anche gli anziani, anche se non sono stati scout, vengono coinvolti per insegnare loro qualcosa. Mi viene in mente, ad esempio, la lavorazione del cuoio. È un modo semplice per rendere possibile un passaggio di competenze, saperi e tradizioni. Nell’essere scout c’è il desiderio di cambiare il mondo. Anche a chi si sentisse troppo piccolo o inadeguato, lo scoutismo propone di fare la propria parte per rendere il mondo migliore di come lo abbiamo trovato”.
(di Sabina Leonetti – foto gentilmente concesse da don Francesco Lonardi)