La riconciliazione (3). Una puntura benefica: il dolore dei peccati
Il cardinale Angelo De Donatis, Penitenziere maggiore, ci sta regalando ancora un itinerario spirituale dedicato ai lettori della rivista Sovvenire e di questo sito. Nell’anno giubilare, nel corso del quale siamo tutti invitati a riscoprire il sacramento della Riconciliazione, ecco la terza puntata di un percorso in sei tappe per riscoprire questo fondamentale sacramento della vita cristiana: il dolore dei peccati.
Si racconta negli Atti degli apostoli che alcuni abitanti di Gerusalemme, al sentire che Gesù era stato crocifisso, “si sentirono trafiggere il cuore” (At 2,37). Questa trafittura del cuore è ciò che i Padri della chiesa chiamavano penthos e la tradizione cristiana ha sempre tradotto col termine compunzione. Questa parola, forse oggi un po’ fuori moda, indica però un atteggiamento fondamentale per la vita spirituale di ciascuno di noi ed è un momento imprescindibile di ogni vera Confessione. Ma di che si tratta? Papa Francesco definisce la compunzione del cuore come “una puntura benefica che brucia dentro e guarisce”. Davanti all’amore di Dio che mi raggiunge nell’intimo, mi avverto per ciò che sono veramente. La Sua Luce mi fa vedere il mio buio, la Sua santità mi fa sentire la mia piccolezza, la Sua gratuità la mia ingratitudine, la Sua tenerezza la durezza del mio cuore.
Si può capirlo bene pensando a Pietro e alle lacrime che sono sgorgate dai suoi occhi dopo l’arresto di Gesù. Pietro ha avuto paura e ha rinnegato per tre volte di conoscerlo. Luca ci dice che Gesù “si voltò e fissò lo sguardo su Pietro” e Pietro, uscito fuori, “pianse amaramente” (Lc 22,62). Quello sguardo ha penetrato profondamente la sua intimità e ha fatto luce: non per condannare o rinfacciare, ma per continuare a dare amore. Questo amore gratuito fa comprendere a Pietro la sua incoerenza e meschinità: si sente colpito, avverte amarezza per quello che ha fatto e per quanto non ha saputo fare e il dolore gli scoppia nel petto e si trasforma in un pianto sincero. Questo pianto lo purifica e lo guarisce, è per lui come un nuovo Battesimo in cui il peccato è perdonato. Sentire il dolore per il proprio peccato è il primo segno dell’irrompere della grazia dello Spirito Santo in noi. L’amore mi giunge e le lacrime sono il segno che questa misericordia è stata accolta. Evagrio Pontico dice che la compunzione ammorbidisce la durezza che c’è nell’anima e ci apre a ricevere il perdono di Dio. Infatti, solo se offro a Dio la mia miseria gli do l’occasione di mostrarmi la Sua Misericordia.
Questa puntura benefica del cuore è come un’incisione che purifica: il Medico, che è lo Spirito Santo, mi tocca nel profondo, per potermi guarire. Spesso ciò avviene attraverso l’ascolto della Parola: come dice la lettera agli Ebrei “la parola di Dio è viva, efficace e più tagliente di ogni spada a doppio taglio; essa penetra fino al punto di divisione dell’anima e dello spirito, fino alle giunture e alle midolla, e discerne i sentimenti e i pensieri del cuore.” (Eb 4, 12). Un sincero ascolto della Parola di Dio mi porta al riconoscimento della mia nudità e mi mette in condizione di essere rivestito. Avviene come per Davide quando, di fronte al profeta Nathan che gli dice “tu sei quell’uomo”, finalmente sente che il cuore si spezza, diventa “contrito e umiliato”, piccolo e a pezzi, ed è pronto per quell’opera di ricostruzione che è la Misericordia di Dio per noi.
Non si tratta perciò né di piangersi addosso in cerca di commiserazione (qui c’è puzza di amor proprio), né di colpevolizzarsi per aumentare la depressione o di farsi mille scrupoli che non servono ad altro che a condurre alla paralisi. La compunzione è invece quella “tristezza secondo Dio” che “produce una conversione senza più preoccupazioni che porta alla salvezza” (1 Cor 7, 10). Dice splendidamente sant’Agostino: “Ti dispiaccia d’essere quello che sei, per poter essere quello che non sei”. Bisogna riconoscere il proprio sudiciume per giungere alla bellezza.
+ Angelo Card. De Donatis
Leggi la prima puntata: Perché confessarsi ancora oggi?
Leggi la seconda puntata: Lasciarsi guardare da Dio: l’esame di coscienza