31 Luglio 2019

Don Massimo: al centro della città, il “dopo di noi”

La Fondazione diocesana Santa Caterina di Imola (Bologna), nata come Istituto degli Artigianelli nel 1915, oggi cerca di rispondere ai nuovi bisogni, anche di chi rischia di restare solo, come i disabili adulti. Don Massimo Martelli ne è assistente spirituale.
DON MASSIMO MARTELLI

Come tanti petali di uno stesso fiore che diffonde il delicato profumo dell’accoglienza. È l’immagine che racconta meglio la Fondazione diocesana Santa Caterina di Imola (Bologna), nata come Istituto degli Artigianelli nel 1915, fondato da don Angelo Bughetti, parroco imolese dichiarato Servo di Dio, che insegnò un mestiere nelle officine agli orfani della Grande Guerra. 

La Fondazione oggi cerca di rispondere ai nuovi bisogni, anche di chi rischia di restare solo, come i disabili adulti. Una grande corte, su cui si affacciano realtà differenti tra loro ma tutte nel segno della solidarietà e della dignità restituita: ci sono scuole, l’oratorio, lo studentato universitario, la mensa, la comunità residenziale per adolescenti in difficoltà e, appunto, gli spazi del Dopo di noi  dedicati a chi ha come unico, grande pensiero il futuro di un figlio disabile. 

Il condominio è composto da 7 appartamenti, inaugurati nel 2014. Accolgono circa 20 persone con disabilità. E nello stesso condominio, luminoso e accessibile, c’è anche il ‘Gruppo Appartamento’: ci vivono altri 6 ragazzi ed un educatore, e all’interno almeno un posto è riservato al “sollievo” per qualche giorno dei caregivers, i familiari che si prendono cura dei loro cari. 

“Il nostro Dopo di noi  è parte viva del grande villaggio che è la Fondazione, composta da una cinquantina di dipendenti motivati e vicini ai fratelli – spiega don Massimo Martelli, che ne è assistente spirituale, oltre che parroco delle comunità piccole e millenarie di Casola Canina e Ortodonico, nelle campagne del Bolognese, a cavallo dell’autostrada – Una nostra educatrice è entrata nell’ordine delle Benedettine, all’Isola di San Giulio, sul lago d’Orta, nel Novarese. Questa è una sfida nella sfida: vedere se in questo contesto speciale nascono anche vocazioni”.

E poi c’è la Serra San Giuseppe, dove oggi alcuni disabili lavorano, tra giovani piante e la coltivazione degli ortaggi. 

Il progetto, avviato dalla Caritas imolese nell’aprile 2015, è stato finanziato per 3 anni al 90% dalla Cei con le firme 8xmille. “Ci piace alimentare progetti che diano respiro alle persone– spiega il direttore Luca Gabbi – e possibilità di riscatto con le proprie forze, secondo quel che ciascuno riesce a dare. Reciprocità: questa è dottrina sociale della Chiesa ed è sinonimo di dignità. Una visione che deve entrare sempre più nel futuro della Chiesa, oggi ancora troppo assistenzialistica”.

La Serra ha provato a misurarsi con il mercato. Un’esperienza difficile, ricorda il coordinatore del progetto Simone Righini: “Bisogna essere particolarmente competitivi, mentre per noi più importante è la parte educativa. 

Quindi l’anno scorso siamo rientrati nel ramo onlus. Ma restiamo sempre pronti a inserirci in progetti di collaborazione. I nostri punti di forza? La Fondazione è in centro storico, facilmente raggiungibile. E siamo sempre disponibili a quel gesto in più verso le famiglie così prezioso”.  

(Testo di Daniela Scherrer – Foto Agenzia Romano Siciliani)

31 Luglio 2019
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