Dossier. I santi: modelli e compagni di cammino
Don Giuseppe Mariano Roggia, docente emerito di pedagogia vocazionale presso l'Università Pontificia Salesiana, ci aiuta a comprendere la differenza tra tre atteggiamenti fondamentali per la vita spirituale: adorazione, devozione e venerazione. Quest'ultima è la chiave per avere il giusto rapporto con i santi, che intercedono per noi presso il Signore, perché ci conceda ciò di cui abbiamo bisogno.“A che serve la nostra lode ai Santi? Perché ad essi gli onori di questa terra, quando, secondo la promessa del Figlio, il Padre Celeste li onora? I Santi non hanno bisogno dei nostri onori e nulla viene loro dal nostro culto. È chiaro che, quando ne veneriamo la memoria, facciamo i nostri interessi, non i loro. Per parte mia devo confessare che, quando penso ai Santi, mi sento ardere di grandi desideri: quello di godere della loro tanto dolce compagnia e poi che Cristo si mostri a noi come a loro”. Sono alcune espressioni di un celebre discorso di S. Bernardo abate di Clairvaux (1090 – 1153) per la solennità di Tutti i Santi.
1. Una corrente di secoli, fra buone pratiche e numerosi fraintendimenti
La devozione ai Santi è nata nelle prime comunità cristiane in pieno tempo delle persecuzioni. Le figure dei numerosi martiri calamitarono l’attenzione e la venerazione dei primi gruppi di cristiani che, attorno o sulla loro tomba, celebravano l’Eucarestia, cercando anche di riuscire ad essere sepolti nei pressi, quasi per garantirsi un posto sicuro nel cielo. Per questo i primi cimiteri cristiani si realizzarono in gran parte attorno alla tomba di questi martiri (vedi il caso delle numerose catacombe dell’epoca). Di qui la crescita nella consapevolezza dell’importanza e della devozione fiduciosa che la figura degli Angeli e dei Santi presentava. Come per ogni manifestazione e pratica dell’agire umano, insieme con la ricchezza della devozione nacquero e si svilupparono però anche vari fraintendimenti con manifestazioni devozionali verso gli Angeli e i Santi, che arrivavano quasi a mettere in secondo ordine Dio. E così nell’ottavo secolo l’impero bizantino in Oriente, anche per motivi politici contro la vasta influenza del monachesimo, giunse a limitare le manifestazioni di devozione e a proibire la venerazione delle raffigurazioni dei vari santi, scatenando la crisi religiosa che passò sotto il nome di “iconoclastia” (letteralmente: “distruzione delle immagini sacre”). Un po’ sulla stessa linea è quanto accadde nell’Occidente europeo, con una specie di gara fra le città medievali a possedere il maggior numero possibile di reliquie di santi anche con avventurosi trafugamenti, come vanto ed ostentazione della forza e primazia sociale e politica di una determinata popolazione. Il tutto, purtroppo, a scapito dell’autenticità della vera fede e della centralità del Signore Gesù: fu questa una delle concause della crisi protestante del XVI secolo, con la sconfessione di ogni forma di devozione verso i Santi.
Anche ai nostri giorni vi sono credenti che trasbordano nella devozione ai Santi con tutta una rassegna enorme di santini, collezioni di reliquie, lunghe preghiere, coroncine e altro. Magari, quando arrivano in chiesa si preoccupano unicamente di accostarsi alle statue dei vari Santi, accendere un cero, fare una devota preghiera, dimenticando la fondamentale presenza eucaristica del Signore. A parte la scocciatura dei soliti Testimoni di Geova che insieme al resto contestano ogni forma di devozione ai Santi, ci sono anche diversi cattolici che, dopo la riforma della Liturgia e delle varie celebrazioni del Vaticano II, contestano ed emarginano la devozione ai Santi con la pretesa di porsi da soli in contatto con Dio, senza alcuna loro mediazione. Tutto questo dice immediatamente che all’interno del popolo cristiano circola una non chiarezza nelle manifestazioni di fede e della religiosità, con estremi riprovevoli da una parte e dall’altra.
2. Idee chiare: adorazione, devozione, venerazione
Se lungo la storia abbiamo avuto tante manifestazioni di autentica relazione con i Santi e se al contempo ci siamo imbattuti in modalità spurie e piuttosto discutibili di espressione religiosa, è perché, perlopiù, non ci sono idee chiare sul posto che i Santi occupano nella vita della Chiesa. È importante quindi aiutarci vicendevolmente a comprendere il tipo di relazione che è giusto impostare e vivere nei riguardi di Dio e degli spiriti beati, Angeli e Santi. Proviamo a chiarire ed evidenziare il significato di tre termini che implicano la maggior parte degli atteggiamenti religiosi di una persona:
– Adorazione: questo è l’atteggiamento fondamentale che ci relaziona esclusivamente con Dio, di fronte al quale riconosciamo tutta la nostra piccolezza e dipendenza, il nostro bisogno, avviluppati come siamo dalla sua vita e dal suo amore, perché Gesù Cristo, vero Dio e vero uomo, rimane l’unico mediatore tra il Padre del cielo e noi. Per questo pieghiamo la mente e le ginocchia di fronte al Padre del Signore nostro Gesù Cristo, di fronte allo stesso Gesù Figlio di Dio e di fronte allo Spirito Santo.
– Devozione: non è tanto l’insieme di tutte le preghiere e delle attenzioni che abbiamo verso i Santi (ad esempio: tu sei molta devota della Madonna, io recito ogni giorno la coroncina di preghiere al manto di S. Giuseppe, noi siamo legati alla catena di S. Antonio, voi portate la medaglia di S. Benedetto contro le insidie del maligno, tutti insieme abbiamo fatto la novena alla Madonna dell’equilibrio, ecc. ecc.…) ma indica l’insieme della vita spirituale stessa, vita animata dallo Spirito Santo e da cui deriva poi il nostro rapporto con Dio (e in second’ordine quello con gli Angeli e i Santi).
– Venerazione: è il nostro modo di onorare gli Angeli e i Santi anche attraverso immagini, icone, oggetti (corona del Rosario, statue, medaglie, reliquie…), riconoscendo la loro presenza accanto a noi e come aiuto e accompagnamento nell’avvicinarci in modo autentico a Dio. La venerazione non può mai confondersi con l’adorazione, che deve essere riservata solo a Dio ma, in fin dei conti, è solo un mezzo a nostra disposizione per dire che siamo in bella compagnia con la Chiesa celeste degli Angeli e dei Santi.
3. La compagnia della comunione dei Santi
Stando così le cose, ha proprio ragione S. Bernardo (tornando alla citazione con cui abbiamo iniziato). La nostra venerazione degli Angeli e dei Santi è importante perché ci infiamma la mente e il cuore di grandi desideri. Venerare gli Angeli e i Santi è come contemplare un magnifico dipinto con lo splendore delle figure rappresentate. Chi ammira quelle figure arriva sempre a dire: “Chi ha dipinto questo quadro deve essere un grande artista!”. Certo, l’artista è Dio che, attraverso il suo Spirito, ha realizzato lo splendore e la grandezza degli Angeli e dei Santi; per questo, venerando un Santo, necessariamente dobbiamo arrivare ad amare, onorare e adorare sempre più Dio e non a metterlo “in concorrenza”.
È Dio stesso che desidera che gli Angeli e i Santi stiano al nostro fianco a farci coraggio e a spronarci al bene.
Circondati da un così grande numero di testimoni della vera fede e del Vangelo, noi ci sentiamo spronati a percorrere la strada della devozione vera (= vita spirituale autentica), che sta davanti a noi, per diventare a nostra volta santi. Infatti, i Santi nel cielo non se ne stanno incoscienti e inattivi, addormentati nella pace di Dio, ma si danno molto da fare per accompagnarci e per intercedere per noi presso Dio, avvalorando di fede e di amore le nostre povere preghiere. Diventa normale allora, per la nostra fragilità di creature e di peccatori, che ci facciamo aiutare da loro quando promettiamo o chiediamo qualcosa a Dio, perché la loro fede e il loro amore sono molto più grandi del nostro, dal momento che noi e loro formiamo insieme l’unica famiglia di Dio e il solo corpo mistico del Signore Gesù Risorto. Notiamo bene però:
non chiediamo le grazie ai Santi ma chiediamo ai Santi di intercedere per noi presso il Signore, perché ci conceda ciò di cui abbiamo bisogno.
La cosa più importante, tuttavia, è che noi guardiamo sovente ai Santi e ci affidiamo a loro per essere stimolati a camminare con grande impegno nella nostra vita cristiana, per diventare a nostra volta santi, se non da nicchia almeno della porta accanto.
(di Giuseppe Mariano Roggia – foto archivio Romano Siciliani)