22 Ottobre 2021

La parrocchia, volto umano della periferia

Apertura alla vita del quartiere, recupero delle aree comuni, accoglienza dei ragazzi di strada e lotta alla solitudine degli anziani: ecco come si incarna la “Chiesa in uscita” in una parrocchia della periferia di Roma.

Essere “Chiesa in uscita” non significa necessariamente andare chissà dove. A volte, basta semplicemente fare qualche passo nelle strade più vicine. Proprio quello che è successo nella parrocchia di San Bonaventura da Bagnoregio, quartiere Torre Spaccata, periferia di Roma, grazie al parroco don Stefano Charles Cascio – nato a Nizza da padre italiano e madre francese – che guida la comunità dal 2016. Un’esperienza di apertura e integrazione nel territorio, che due testimoni laici hanno raccontato a Papa Francesco, durante l’udienza alla diocesi di Roma di sabato 18 settembre.

«Abbiamo preso il tema che ci ha proposto la diocesi in vista del Giubileo del 2025, “Abitare con il cuore la città”, e lo abbiamo declinato nel nostro quartiere, la parte di città dove siamo chiamati a vivere», spiega il sacerdote, 43 anni appena compiuti. «Con l’altra parrocchia della zona, Santa Maria Regina Mundi, e insieme ad associazioni, scuole, istituzioni, il mercato, è nata “La Rete”, con la quale portiamo avanti diverse iniziative – spiega don Stefano –. In questo contesto abbiamo pensato di farci sentire da quelli che saranno i futuri amministratori del nostro Municipio, del quale tra l’altro facciamo parte da poco». Prima delle elezioni amministrative, infatti, la parrocchia ha organizzato “Da che pulpito viene la predica”, una serie di incontri con i candidati alla presidenza del VII Municipio, nel quale Torre Spaccata rientra da pochi mesi. «Prima eravamo nel VI, ma abbiamo avviato una raccolta firme con “La Rete” per chiedere lo spostamento al VII, con il quale tra l’altro abbiamo una maggiore contiguità territoriale – racconta il parroco –. A quanto ne so, è la prima volta che succede una cosa del genere!». Sorride, soddisfatto, lo sguardo che abbraccia tutto il complesso parrocchiale. E ricorda i primi tempi a Torre Spaccata. «Abbiamo cominciato con il ripulire tutto, abbiamo buttato via 4 tonnellate di roba vecchia». Sia la chiesa che la casa canonica non erano in buone condizioni; sono stati necessari lavori di ristrutturazione, grazie ai quali è stato ricavato anche un appartamento che ha potuto ospitare una famiglia di profughi siriani. Ridipinte pure le aule del catechismo: sulle pareti si vedono pesci, alghe, una barca, un grande sottomarino giallo. «Le decorazioni sono state realizzate da due giovani artisti sul tema del “prendere il largo” – spiega don Stefano –.

La parrocchia deve essere un luogo accogliente, bello, dove stare bene.

Abbiamo tolto anche le luci al neon e sostituite con lampade a basso consumo». Risistemata pure la cappella dell’adorazione, perché le porte di San Bonaventura da Bagnoregio sono sempre aperte per l’adorazione eucaristica, dalle 9 alle 22. Fuori, nel giardino, dove c’era un campo da bocce inutilizzato, è stato creato un orto urbano, curato dai ragazzi disabili dell’associazione “Batti il cinque”. Poco più il là la cappella feriale all’aperto, inaugurata pochi mesi fa. «Con il Covid abbiamo capito che era giusto avere uno spazio dignitoso per celebrare all’aperto – sottolinea don Cascio –; la cappella è dedicata a Maria Madre della Speranza, uno degli appellativi che ha utilizzato il Santo Padre per la Madonna proprio in questo tempo di pandemia».

San Bonaventura è una casa accogliente, per tutte le fasce di età.

«Abbiamo in cantiere un progetto con “La Rete” e con Intersos su un patto educativo locale, ispirato a quello globale lanciato da Papa Francesco – annuncia don Stefano –, per aiutare i ragazzi di strada che vengono a giocare nei campetti parrocchiali. Vorremmo costruire una cucina, in modo che dopo la scuola possano venire qui a mangiare insieme, poi fermarsi per fare i compiti e un po’ di sport. E poi stiamo lavorando a un patto di vita comune, che ha l’obiettivo di rendere un po’ di più vivibile il nostro quartiere per le persone anziane». L’idea, spiega il sacerdote, è quella di «far “adottare” degli anziani soli da alcune famiglie. L’intento è quello di creare quei legami che in qualche misura nella grande città vengono meno». Su quindicimila abitanti, numerosi sono gli ultraottantenni. «Celebro tanti funerali – ammette il parroco – ma negli ultimi tempi stiamo assistendo anche a un ricambio generazionale, con nuovi nuclei familiari che vengono ad abitare qui». Segno dell’attenzione alla terza età è anche la battaglia portata avanti da “La Rete” per la ripresa delle attività del centro anziani di quartiere, chiuso durante il lockdown di marzo 2020 e mai riaperto.

 

In campo per sottrarre il parco al degrado

Su viale Palmiro Togliatti, a pochi metri dalla parrocchia di San Bonaventura, una serie di autodemolitori abusivi, proprio a ridosso del Parco archeologico di Centocelle. Il Comune avrebbe dovuto farli spostare entro il 2020, in applicazione di una normativa regionale, ma sono ancora là. “La Rete” si batte affinché la legge sia applicata. «Continuiamo a lottare per avere più verde intorno alla nostra parrocchia – dice don Stefano Cascio –; vogliamo liberare il parco di Centocelle dalla presenza degli autodemolitori e vorremmo far riconoscere il pratone di Torre Spaccata come un vero parco pubblico. Abbiamo raccolto firme, incontrato gli amministratori locali, ma la cosa è lunga…».

Testo di Giulia Rocchi – Foto e video di Cristian Gennari

 

22 Ottobre 2021
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