8 Maggio 2023

“Palermo mi ha accolto, Monreale mi ha donato il sacerdozio”

La storia di un ragazzo arrivato clandestinamente in Sicilia dalla Costa d'Avorio, che ha trovato prima accoglienza e poi una esperienza di fede profondissima, grazie a Fratel Biagio Conte, di venerata memoria. Oggi don Elisée è parroco alla periferia di Monreale (PA) e porta avanti una imponente rete di progetti di solidarietà.

All’interno della Conca d’Oro, ai piedi del Monte Caputo, con una Cattedrale dichiarata dall’UNESCO Patrimonio dell’Umanità, sorge Monreale, il comune della provincia di Palermo che possiede più frazioni e borghi in assoluto in tutta la Sicilia.
Qui, a Fiumelato, Ake Elisée Brou, parroco a Maria Santissima del Rosario, quasi cinquantenne, ci racconta la sua storia di sacerdote e il suo legame con Fratel Biagio Conte, fondatore della Missione Speranza e Carità, scomparso lo scorso 12 gennaio a Palermo senza aver ancora compiuto 60 anni.
“Il mio percorso – spiega don Elisée – è stato lo stesso di tanti migranti che intraprendono il viaggio della speranza in cerca di un futuro migliore. Sono fuggito dal mio paese, la Costa d’Avorio, nell’agosto del 2000 per gli scontri che si erano scatenati in seguito al colpo di stato avvenuto alla fine degli anni 90”.

“Mi sembra di essere nato due volte: la prima a Katadji Sikensi, un paese a 80 km da Abidjan, e la seconda in Sicilia, la mia terra adottiva.

Ho toccato le coste siciliane dopo aver attraversato, non senza difficoltà, il deserto del Sahara e raggiunto la Tunisia. Un giorno su un treno che mi portava a Palermo stavo pregando il Rosario, come era mia abitudine quotidiana, e suor Franca, dell’Istituto Bell’Amore, si avvicinò per pregare insieme con me e per scambiare qualche parola. Mi chiese con gentilezza, in un francese approssimativo, come mai mi trovassi su quel treno per Palermo. Saputo del mio arrivo da clandestino mi lasciò un biglietto dove era scritto il numero di telefono della casa dove risiedeva, dicendomi di poterla chiamare qualora avessi avuto bisogno”.
“Arrivato in città – continua il sacerdote – chiesi e ottenni ospitalità al centro Santa Chiara. Mi mantenevo facendo prima il posteggiatore abusivo e poi le pulizie nelle famiglie e il lavapiatti in un ristorante, condividendo con altri il ricavato. Poi, grazie a suor Franca che venne a trovarmi nella Casa, ebbi la gioia di incontrare Fratel Biagio Conte. Mi chiamò ad aiutarlo nel servizio di lavare e vestire centinaia di senzatetto che erano ammalati o non erano in condizioni di essere autonomi. Un servizio che giorno dopo giorno mi coinvolgeva nell’avvicinarmi ai fratelli bisognosi senza provare stanchezza e senza cadere nell’abitudine. Luoghi di dolore certamente, ma soprattutto scuole di umanità.

Non ci pesavano le differenze di pelle, di cultura o di religione, ma nel sorriso scoprivamo una grammatica semplice di fraternità.

Sentivo l’eco delle parole di Fratel Biagio: Io sono un semplice pellegrino, un discepolo di Gesù che, come Lui vuole servire; ognuno di noi può fare questo; ognuno di noi può dare più di quanto crede”.
“Queste parole, che gettavano luce sull’operato quotidiano accompagnato dalla lettura della Parola di Dio e dalla preghiera del rosario, sono state l’anticamera degli interrogativi sul mio futuro. Dopo alcuni mesi vissuti nella missione – racconta ancora don Elisée – sono stato accolto nel seminario arcivescovile di Monreale, rimanendo sempre in contatto con la missione che ormai era divenuta la mia famiglia, nel giugno 2001 dall’arcivescovo, mons. Pio Vigo, e dal rettore del seminario, don Enzo Bellante. Ho intrapreso gli studi filosofici e teologici e ho ricevuto l’ordinazione sacerdotale il 29 giugno 2009 nella cattedrale di Monreale con altri 4 seminaristi. Da febbraio 2016, sono parroco nella periferia di Monreale”.

Nella Parrocchia Maria Santissima del Rosario, 2500 abitanti, don Elisée ha a cuore la realtà delle singole famiglie. Le distanze e la logistica impediscono spesso ai ragazzi e agli anziani di frequentare: non esistono mezzi pubblici, mancano i locali, la stessa chiesetta può accogliere poche persone all’interno e così tante attività si svolgono all’aperto, soprattutto in primavera e in estate.
“La pandemia – ammette il parroco – ha trasformato i giovani, li ha resi più chiusi, isolandoli, per cui l’impegno degli operatori pastorali si è moltiplicato. I nostri catechisti con i ragazzi hanno realizzato una via Crucis vivente la scorsa Pasqua, ricca di partecipazione e spiritualità. L’estate scorsa a fine corso catechistico ci siamo cimentati in un piccolo GREST che speriamo di replicare: sono stati tre giorni in cui i ragazzi sono stati insieme, giocando, riflettendo, vivendo l’agape fraterna e la convivialità con i genitori. Con le famiglie abbiamo organizzato giornate di ritiro spirituale: in loro avverto il bisogno di conoscere più a fondo la Parola di Dio, e di conoscersi meglio tra loro. Il problema di fondo resta la costruzione di reti, che suppliscano alla fragilità di quella istituzionale e sociale, e che avvicinino i tanti abitanti di un territorio che rischia di rimanere come un vero dormitorio nella periferia di Palermo. La parrocchia è la nostra famiglia: con la Caritas parrocchiale cerchiamo di assicurare sostegno morale, spirituale ed economico alle famiglie indigenti. Ma soprattutto non facciamo mancare visite domiciliari, celebrazione di sacramenti, ascolto ad anziani e ammalati”.
Pierro Scrima, 72 anni, è il responsabile del servizio Caritas. Ha lavorato alla Fiat per 38 anni e ha vissuto in 8 diverse città italiane, sperimentando il dramma del lavoro precario e anche come la Chiesa supplisca, spesso, alle inefficienze dello Stato. “Assistiamo ogni giorno – afferma Pierro – circa sessanta famiglie. Sono contesti difficili: problemi di lavoro, salute psicofisica, disagio sociale (droghe, carcere, separazione). La Caritas funge anche da mediazione legale gratuita, oltre che punto di ascolto, sanando situazioni che richiederebbero prestazioni professionali retribuite. Due farmacie del territorio forniscono piena disponibilità a donare farmaci necessari prescritti dai medici e inviamo questi farmaci anche alla sede missionaria di Palermo, intitolata a Biagio Conte. Nella nostra parrocchia non tutti sono cristiani, ci sono tunisini di fede musulmana. Cerchiamo di invitarli anche con doni gastronomici nelle festività, ma vige una sorta di reticenza generale. Garantiamo anche il trasporto per chi non riesce a raggiungere il luogo. La dispersione scolastica è pure una piaga della zona, perché il lavoro minorile è diffuso. Gli scout cercano di attirare i più giovani e questo è un punto di forza. Con la presenza di don Elisèe il coinvolgimento delle famiglie è cresciuto sul piano della qualità – continua – sebbene la disponibilità degli operatori Caritas, soprattutto per esigenze lavorative o familiari, sia sempre meno di quella che servirebbe. Il pregiudizio sul sacerdote “di colore” può ancora essere un ostacolo, ma con spazi ridotti riusciamo a ottemperare molte esigenze e siamo fieri di operare nella carità concreta. Ad una famiglia – conclude il responsabile Caritas – abbiamo consentito di festeggiare nel piazzale antistante la chiesa, il Battesimo e la Prima Comunione delle loro due bambine, nello stesso giorno dell’anniversario di sacerdozio di don Elisèe. Ogni famiglia ha contribuito per questo rinfresco, con una gioia incontenibile”.
“Non posso dimenticare – chiosa don Elisèe – l’impegno di mediazione con le comunità di immigrati africani che vedono in me un fratello, un padre spirituale, un punto di riferimento. Mi considero un missionario a tutti effetti perché la chiesa è missionaria ed ogni prete è missionario. È questo il senso della nostra vocazione, il nostro essere Chiesa universale”.

(di Sabina Leonetti – foto gentilemnte concesse da don Elisée)

8 Maggio 2023
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