28 Giugno 2023

Rimettere insieme i cocci e ritrovare l’oro: a Milano si può

“Promozione Umana”, nata nel 1979 nell’hinterland milanese grazie all’opera di don Chino Pezzoli, oggi assiste più di 400 persone, dislocate su 12 comunità e 8 centri di ascolto in tutta Italia. Ce la racconta don Massimo Belotti, che da qualche mese segue la comunità per l'arcidiocesi di Milano.

Ritrovare se stessi, capire che ciascuno vale per ciò che è e che possiede già tutte le risorse per superare i momenti più bui, anche quando si parla di tossicodipendenza. È questo che contraddistingue un luogo di rinascita come “Promozione Umana”. Nata nel 1979 nell’hinterland milanese, grazie all’opera di don Gioacchino Pezzoli,  per tutti don Chino, questa non è solo una fondazione attiva da oltre 30 anni, ma un tempo e uno spazio che ci si regala per tornare a vivere. I centri di accoglienza, le comunità e le attività svolte sono una possibilità di riscatto per le persone con dipendenze, grazie alla quale poter riconoscere la propria fragilità e trovare le migliori risposte per la propria vita.

Comprensione, accoglienza e lavoro sono i pilastri di questa realtà

che ad oggi assiste più di 400 persone, dislocate su 12 comunità e 8 centri di ascolto in tutta Italia.

Ma la fondazione non è solo questo. Lo racconta don Massimo Belotti, da settembre incaricato dell’arcidiocesi di Milano presso Promozione Umana. “Questa realtà è un’opportunità – spiega il sacerdote – per far capire ai ragazzi che cadono nelle dipendenze, come far venir fuori la propria umanità e far riscoprire loro che le difficoltà della vita non devono essere subite, ma devono essere affrontate”. Un’esperienza che ricorda l’arte giapponese del Kintsugi, nella quale i vasi rotti vengono riparati e impreziositi con l’oro.

Quando uno riesce a mettere insieme i cocci della sua vita, trova quell’oro che gli permette di diventare prezioso. Se anche nel contesto sociale si capisse ciò – spiega don Massimo – non cercheremmo persone perfette, ma persone che risplendono d’oro, ma bisogna crederci”.

È ciò che succede nei centri di Promozione Umana. Spesso in comunità si arriva perché si inciampa nella propria fragilità. Di fronte ad una prima volta, che sia alcol, droghe leggere o pesanti, ci si dice “cosa vuoi che sia?” e ci si ritrova a naufragare nel proprio dramma. Ferite che toccano anche la vita di coloro a cui in apparenza non manca nulla. Antonello aveva tutto. Da ragazzo giocava a calcio, alle spalle un’impresa di famiglia ben avviata e poi è arrivato un momento in cui si è perso e pian piano è andato alla deriva. “Cosa ti manca? Mi chiedevano – racconta Antonello -. Nulla. Mi mancavo io. La comunità mi ha rafforzato, mi ha aiutato a mettere ordine, a conoscere me stesso, i pregi che non sapevo di avere e i difetti che non volevo vedere.

Ora sono una persona che si era persa e si è ritrovata”.

Oggi la sua vita di padre e compagno, la spende a cercare di dare speranza ai ragazzi accolti in comunità. Attraverso la sua testimonianza, li affianca nel percorso che, come dice loro, “è un vero e proprio viaggio introspettivo per star bene con se stessi, con gli altri e nel mondo e ovunque si può, perché la comunità è un momento dove tu ti fermi e investi sulla tua persona”. Ora Antonello coordina due strutture, una a Peschiera Borromeo (MI) e una a San Donato Milanese (MI), perché ha scelto di rimanere a lavorare nel luogo in cui è stato aiutato, preferendolo all’attività di famiglia. “Ho scelto di farlo perché ritengo di aver ricevuto moltissimo da questo posto per merito mio, di don Chino e di tutto l’ambiente, e mi sembrava giusto restituire ciò che ho avuto, non tenerlo tutto per me”. Si, perché accade spesso che i ragazzi che sono stati in comunità ora sono lì a restituire quello che hanno ricevuto.

Chi ha vissuto per primo il dramma della tossicodipendenza superandolo, adesso aiuta gli altri a fare lo stesso, un vero e proprio circolo d’amore.

Gli strumenti sono molti: dal lavoro fisico che tiene lontane le tentazioni, alla necessità di seguire delle regole, dall’aiuto di psicologi ed educatori alla vicinanza empatica.  Un cammino che ruota attorno a una consapevolezza: chi sbaglia deve ripartire dal proprio errore, senza essere indentificato con esso, perché ciascuno è più dei propri errori.

(di Giacomo Capodivento – foto gentilmente concesse da “Promozione umana”)

28 Giugno 2023
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