27 Novembre 2021

Una chiesa con la porta sempre aperta. Per tutti

A Santa Maria ai Monti, nel centro di Roma, può entrare chiunque. I visitatori più frequenti, spiega il parroco, sono giovani, lavoratori della zona, residenti. "Qui - ci racconta don Francesco Pesce - cerchiamo di andare incontro all’altro, come possiamo".

Ogni mattina, alle 7.30, viene aperto il portoncino su via della Madonna dei Monti. Viene richiuso soltanto alle 22, o addirittura più tardi, nel fine settimana, quando le strade della zona si riempiono di giovani. La chiesa di Santa Maria ai Monti, infatti, è «sempre aperta», come sottolinea il parroco monsignor Francesco Pesce, che guida la comunità del centro storico di Roma da undici anni.

«Chi entra? Chiunque»,

risponde con un sorriso il sacerdote romano di nascita, che è anche incaricato per la Pastorale sociale nella diocesi di Roma e cappellano della Camera dei deputati.

La chiesa è bellissima, con la volta affrescata, le cappelle laterali decorate, le colonne, l’organo a canne ottocentesco. «C’è chi entra semplicemente per scattare qualche foto con il cellulare – racconta monsignor Pesce –, ma poi quando esce si fa il segno della croce. E a me basta questo». I più, però, vengono per fermarsi a pregare, per partecipare alle celebrazioni eucaristiche o alla recita del Rosario, ogni giorno alle 18.30. La parrocchia è infatti anche un santuario mariano: sull’altare si può ammirare l’immagine della Vergine con Bambino, molto venerata, a cui si deve l’edificazione della chiesa.

«Frequentano Santa Maria ai Monti principalmente tre categorie di persone – spiega il parroco –: la prima è quella dei giovani della “movida”, che vengono soprattutto nelle ore serali, ma devo dire che sono sempre molto rispettosi e in tanti si fermano a dire una preghiera, non solo ad ammirare gli affreschi. Poi ci sono le persone che lavorano qui intorno; molti sono uomini di cultura, politici, giornalisti e dipendenti della Banca d’Italia, impiegati nella vicina sede di Palazzo Koch, su via Nazionale. Questi vengono invece durante il giorno, spesso attorno all’ora di pranzo. Una volta al mese facciamo anche un incontro di lectio divina per loro». Prima che scoppiasse la pandemia, a Santa Maria ai Monti c’era anche una Messa delle 13.15, pensata proprio per i tanti lavoratori del rione. «Abbiamo dovuto interrompere questa tradizione perché con lo smart working gli uffici circostanti si sono svuotati – ammette il sacerdote – ma stiamo pensando di riprendere perché gli impiegati stanno tornando». Non mancano, naturalmente, i parrocchiani, i fedeli, gli abitanti della zona – siamo alla terza categoria, la più importante. «I laici sono eccezionali, si impegnano molto. Qui è un po’ come un paese, con persone che si conoscono. Tanti anziani che sono morti hanno lasciato le case ai figli e ai nipoti. Quest’anno abbiamo 40 bambini al catechismo della prima comunione, che non è poco per il centro di Roma», prosegue don Francesco.

Accoglienza non vuol dire solo tenere aperte le porte della chiesa, ma davvero andare incontro all’altro, a chi è meno fortunato.

«Abbiamo un “presidio di carità”, come lo chiamo io – racconta il parroco – ospitato nella vicina struttura delle Suore di San Pietro Claver, che comprende un emporio aperto il sabato mattina, un avvocato, un medico e anche una scuola di italiano per stranieri. L’emporio viene rifornito grazie alla generosità dei residenti e dei negozianti della zona». Nel 2015, accogliendo l’appello di Papa Francesco, nella casa canonica sono stati fatti dei lavori di ristrutturazione in modo da ricavare un piccolo appartamento per poter dare ospitalità e migranti e rifugiati. «Da allora abbiamo dato alloggio a una quindicina di persone, che sono stati con noi chi qualche mese chi più a lungo – sottolinea – e ora sta per arrivare una nuova famigliola. Sono seguiti dai volontari, la gestione è tutta nelle loro mani».

Danno una mano anche i religiosi e le religiose presenti nel territorio parrocchiale: dalle pallottine ai comboniani, dalle vincenziane ai minimi…. «Anche loro danno un bel contributo, nel rione li conoscono e mi aiutano in parrocchia – conclude don Francesco –. Io sono un po’ ingrassato perché vado sempre a mangiare dalle suore!».

(testo di Giulia Rocchi – foto e video di Cristian Gennari /Agenzia Romano Siciliani)

27 Novembre 2021
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